Interpretare la tradizione per valorizzare la cucina italiana

23 aprile 2016 | 09:19
di Rocco Pozzulo
Veramente entusiasmanti le quattro giornate dei Campionati della Cucina Italiana che si sono svolte all’interno de “Il Salone di Origine” della 6ª fiera “Vita in Campagna” a Montichiari (Bs): tanti professionisti affermati, tanti concorrenti e tanti piatti che interpretavano il “tipico” attraverso prodotti agroalimentari di qualità italiani e ricette tradizionali. Ciò mi ha fatto scaturire una sana riflessione e mi sono chiesto: da dove nasce la cucina italiana?

Esiste ed è nata da ogni angolo del nostro Belpaese! Per coloro che non sono “addetti ai lavori” e per i suoi amanti (fuori dei nostri confini), la cucina italiana è vista erroneamente come entità d’insiemi dell’Italian sounding. Concetto che avvalora, per un turista straniero in visita in Italia, giapponese o russo che sia, di poter assaporare un’ottima pizza con altrettanta ottima mozzarella di bufala campana dal Nord al Sud dell’intero Paese, senza iniquità alcuna.



Se invece la esaminiamo pensando alla tradizione dei suoi luoghi, ci accorgiamo che il discorso diventa più complesso e articolato, e mi convinco sempre più che esiste la grande “cucina italiana” frutto dei piccoli territori, dei paesi, delle regioni d’Italia, una cucina completamente diversa da una realtà all’altra. Una cucina che nasce dal territorio, dalla cultura, dall’economia e dalle esigenze delle genti, dove tutto era differente da un luogo all’altro, e frutto di millenario ingegno e lavoro. Una cucina nata delle consuetudini e dalle necessità più stringenti, che è diventata poi tradizione e cultura gastronomica. E tutto questo ha dello straordinario per noi!

La diversità in tantissimi campi è vista come una negatività. Per la cucina (la nostra) è invece una ricchezza immensa da valorizzare, dove il sapere di ieri è diventato patrimonio di oggi, dal quale noi cuochi possiamo attingere a piene mani, ed Il Salone di Origine ne è stata la prova. Negli ultimi decenni abbiamo un po’ dimenticato il nostro passato, alla ricerca di piatti con “effetti speciali” o ammaliati da formule più facili e spettacolari; è dovere di ogni professionista innovare, sperimentare, aprirsi ad altre “cucine” e fare ricerca, seguendo il ritmo e gli stili di vita, ma altrettanto importante è conoscere a fondo la tradizione da cui si parte per adeguare, rinnovare e rivedere. Tutto questo l’ho visto in quei “ragazzi” che si sono presentati a Montichiari mettendosi in gioco, che sono onorato di rappresentare e che hanno saputo da grandi professionisti interpretare la (nostra) tradizione di alta cucina.

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Alberto Lupini


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