Mens sana in corpore sano

Ritmi lavorativi elevati e la continua programmazione e coordinazione di molteplici attività differenziate e complesse portano all’aumento del volume del cervelletto, come nel caso dei cuochi

04 maggio 2018 | 08:18
di Rocco Pozzulo
Una ricerca dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibfm-Cnr) di Catanzaro ha messo in luce il fatto che gli chef di cucina hanno un cervelletto più sviluppato rispetto a chi svolge altri lavori, ed è simile a quello di provetti scacchisti, abili musicisti o atleti dediti a intensa attività agonistica.



In base a questo studio 11 cuochi sono stati sottoposti a test neuropsicologici e a una risonanza magnetica ed è emerso che quella parte del loro encefalo che interviene nella coordinazione delle attività motorie e nella programmazione dei movimenti ha rilevato un volume di massa superiore, in base anche al numero di persone che compongono la brigata di cucina e alle abilità nello svolgere gesti complessi. Praticamente, più persone lo chef deve coordinare programmando le loro azioni nella propria mente, più il cervelletto aumenta di volume. Tutta questa complessa attività cerebrale, quindi, produce modifiche a lungo termine sia a livello di comportamento sia a livello organico, rendendo il cervello del cuoco (soprattutto se a capo di grosse brigate) veramente “speciale”.

Leggendo questa notizia, non nascondo che mi ha fatto un po’ sorridere ripensare ai giudizi negativi di alcuni decenni fa o poco più: molti ironizzavano sul livello del quoziente intellettivo della nostra categoria, immaginando un mestiere dai bassi contenuti intellettuali e con competenze irrilevanti, nonostante la cucina sia sempre stata considerata una forma d’arte. Ricordo quand’ero adolescente: molti genitori dei miei compagni di scuola si auguravano per i propri figli lavori come ragioniere o geometra e, per le famiglie che se lo potevano permettere economicamente, l’accesso agli studi universitari e carriere come ingegnere o medico.

L’obiettivo della Federazione italiana cuochi, che io rappresento, non è cercare il riconoscimento del quoziente e delle potenzialità intellettive della nostra categoria, ma siamo soddisfatti dell’attestazione ufficiale della natura gravosa di questa professione. Un mestiere mosso dalla passione, ma anche e soprattutto dal sacrificio e dalla fatica, dove è richiesta una forte resistenza allo stress sia dal punto di vista fisico che mentale. Con il mio mandato, dopo il riassetto dell’intera associazione, intendo intraprendere un percorso che porterà alla definizione di un documento sul tema, da presentare al ministero del Lavoro, per l’inserimento del nostro mestiere nella lista delle professioni usuranti, per accedere così a strumenti e tutele adeguati, titolati alla salvaguardia del benessere fisico e mentale dell’intera categoria nello svolgimento delle nostre mansioni. E allora sì che il detto di Giovenale “mens sana in corpore sano” sarà per noi veramente appropriato! Un augurio di buon lavoro a tutti.

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Alberto Lupini


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