Primo piatto, come servirlo? Al ristorante sempre meno formalità

Sembrerebbe una banalità: il primo si serve all’inizio del pranzo. L’argomento è concluso? Niente affatto, qui si apre il dibattito. Prima di tutto bisogna fare un’importante distinzione: a casa o al ristorante? Al ristorante il cliente regola, in accordo con il ristoratore, il suo pranzo secondo gusti e abitudini personali

21 gennaio 2018 | 09:15
di Toni Sarcina
A casa, soprattutto, nella routine di ogni giorno, il primo è davvero servito all’inizio perché generalmente seguito da un secondo e poi, a conclusione, frutta o dolce. In molti casi, il primo è anche “piatto unico”, vale a dire con carne o pesce incluso, al quale segue il piatto di frutta e, talvolta, un dolce al cucchiaio; fin qui, tutto fila liscio. Le cose cambiano quando si tratta di un menu, seppure piccolo ma articolato, e cioè quando compare il cosiddetto “antipasto” o, meglio “piatto d’apertura”. In questo caso il nostro “primo piatto” già diventa secondo o, addirittura, terzo quando, in occasioni speciali, si esagera un poco e si propongono ben due piatti di apertura, uno freddo e uno caldo, come si faceva un tempo nelle belle occasioni conviviali.



Ebbene, come si vede, la classificazione di “primo piatto” assume il ruolo di vero “logo” che contraddistingue un’esclusiva tutta italiana che, a differenza di quanto avviene sui nostri eccellenti prodotti italiani, nessuno, fuori dal nostro territorio, può “scippare”.

Al ristorante, le cose vanno in altro modo. Vi sono casi nei quali il cliente desidera solo il primo piatto e, magari, un frutto sbucciato e affettato (si tratta, di solito, di clienti abituali e solitari) oppure due portate: il primo e il secondo di carne o di pesce o addirittura, talvolta, prima un piatto di pesce e poi il primo piatto. In definitiva, un piacevole disordine, senza contrasti tra produttore e consumatore.

Ma, tornando al quesito iniziale, com’è servito a tavola il “primo piatto”? A casa tutto è più disinvolto; in molti casi, per non rovinare la temperatura della preparazione, spesso chi cucina si avvicina alla tavola con la pentola fumante o con la zuppiera e serve direttamente familiari e amici, con dosi più o meno abbondanti secondo le richieste dei commensali.

Al ristorante, i piatti arrivano già pronti dalla cucina con dosi equamente distribuite ma, rispetto a ciò che avviene a casa, molto spesso e in particolare quando sono serviti piatti di pasta lunga, lo chef, con l’obiettivo di stupire piacevolmente gli ospiti, avvolge la pasta formando una specie di gomitolo o come un fuso, creando qualche imbarazzo negli ospiti i quali, generalmente inesperti di lavori a maglia, non sanno come “sbrogliare le matasse” e, qualche volta, dopo aver tentato inutilmente di ritrovarne il “capo”, si rassegnano a tagliarle chiedendo al cameriere il cucchiaio. Tuttavia, a questo proposito, debbo dire che qualcosa sta cambiando in meglio: il servizio del ristorante si sta riavvicinando a quello di casa. Infatti, negli ultimi tempi, si vedono sempre più spesso camerieri o maître che servono i primi direttamente ai tavoli in un’atmosfera più calda e, diciamolo, con più “classe”.

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Alberto Lupini


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