Il problema del lavoro piaga sociale?

Sapete qual è l’argomento su cui si fa di gran lunga più retorica e demagogia fra i nostri politici? Il lavoro, a seguire, ma a distanza, la sicurezza, l’immigrazione e le pensioni

15 giugno 2018 | 08:17
di Rocco Pozzulo
Ormai il lavoro è diventato così pervasivo e invadente da occupare i pensieri e le conversazioni anche di noi “comuni mortali”, e a giusta ragione, in quanto fattore primario ed essenziale delle nostre esistenze. Forse perché ce n’è sempre meno ed è sempre a repentaglio, e la maggior parte delle persone economicamente disagiate si sentono in una situazione di precarietà, se non addirittura, come per molti giovani, di paura di non trovarlo mai. Come ha detto Papa Francesco il lavoro dona dignità e autostima all’essere umano: un’occupazione (stabile) ci definisce agli occhi del mondo, ci identifica come persone, coincide con il nostro stare in un tessuto sociale, ci valorizza e ci eleva, così come, in caso contrario, ci mortifica se non corrisponde alle nostre aspirazioni di vita.



Da quando nel 2008 siamo entrati in una spirale di crisi economica mondiale, sino ad oggi in Italia nel settore industriale hanno perso il proprio posto di lavoro circa 900mila operai e oltre 1 milione di persone nell’artigianato. C’è inoltre un’altra “dimensione” del lavoro che si è creata da questa crisi, che corrisponde a fare prevalere la pura rilevanza economica delle imprese su quella sociale ed umana, con rischi ai diritti più fondamentali e personali del lavoratore.

A mio avviso, in questo preciso momento storico, se ci fosse una “sacralità” oggettiva, quella del lavoro per una grandissima parte di italiani e nella scala dei valori sarebbe senz’altro in cima al podio. Ma quali sono gli strumenti per combattere questa “piaga” che è divenuta a mio avviso una componente sociale? Tutti i nostri “amministratori politici”, a detta loro, in questi ultimi tempi di convulsa campagna elettorale avrebbero le soluzioni per risolvere le varie questioni del lavoro, a suon di regolamenti o provvedimenti legislativi, ma ahimè ben conosciamo le tempistiche epocali per creare una legge in Italia.

La Federazione italiana cuochi, che rappresento, per quanto riguarda l’occupazione, a differenza dei nostri amministratori non ha mezzi né strumenti per affrontare le questioni a livello politico, ma ritengo che il lavoro che sta svolgendo vada per l’intera categoria nella direzione giusta e sia una risposta concreta e di valore all’attuale stato di cose in cui versano numerose categorie di lavoratori.

Ci siamo attivati con azioni per la valorizzazione e il riconoscimento della figura del cuoco e delle sue competenze professionali; iniziative rivolte alla sua tutela psicofisica, a partire dalle malattie legate alla professione, con l’avvio di un protocollo per il riconoscimento di mestiere usurante; l’accesso da parte dei nostri associati (e non) ad una serie di servizi per la ricerca diretta e mirata di un posto di lavoro. Il tutto a garantire quanto meno un minimo di assistenza e sicurezza lavorativa, per un futuro più fiducioso attraverso la nostra professione. A riprova di ciò, la crescente affluenza alle scuole alberghiere e di ristorazione con una richiesta di personale che non soddisfa di gran lunga il mercato. Cosa essenziale, inoltre, far sentire i vertici della Federazione in contatto diretto con le nostre basi per ogni loro esigenza o problema.

Fatti concreti e non opinabili dove il lavoro, a nostro modo di vedere, non è retorica né tantomeno pura e semplice demagogia. Un augurio di buon lavoro a tutti.

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Alberto Lupini


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