Sindrome da “social” nella ristorazione Il cliente va ascoltato di più

13 agosto 2017 | 09:11
di Vincenzo D’Antonio
L’avvento dei social media, diciamocelo, rende tutti un po’ più nervosi, soprattutto i ristoratori. Al cliente non pare vero di essere stato dotato di un’arma fino a pochi anni fa solo vagheggiata ed oniricamente invocata affinché, nel fatuo anelito di farsi giustizia per sopruso subito, potesse raccontare al mondo la nefanda esperienza vissuta, la serata rovinata. E adesso, invece, che l’arma c’è, la questione diviene: tu cliente adoperi il web 2.0 ed i social media come arma di offesa? Bene, ed allora io ristoratore mi cautelo dotandomi di mie armi di difesa. Ma il cliente è sparatore in proprio ed adopera in prima persona l’arma di offesa che detiene.



Il ristoratore se adopera in proprio l’arma di difesa c’è rischio che nei fatti cambi mestiere, nel senso che sarà sempre di più, sempre più impegnativo e stressante il tempo e le energie (negative la gran parte) che spenderà per difendersi, rispetto a tempo ed energie (positive) che dovrebbe spendere per il core business della sua attività: gestire, approvvigionare, governare la cucina, presidiare la sala, curare il personale. Se non è sparatore difensivo in proprio... peggio ancora! Eh, sì. Dalla padella alla brace. È segno che ha assoldato difensori d’ufficio che è un po’ come dire la toppa peggiore del buco! Costoro sovente o divengono aggressivi nelle risposte, e ciò è un errore, oppure commettono l’errore opposto, ovvero divengono remissivi.

Eppure uno scenario atto ad evitare il blaterare guerreggiato c’è, è anche bene evidente, è, come dire, nel “manuale del bravo ristoratore del secondo decennio del ventunesimo secolo”, ma non viene posto in essere, non viene vissuto. Peccato! Qual è questo scenario? Lo tratteggiammo nell’articolo “Dal conto al... racconto” del gennaio di quest’anno. Qui lo riproponiamo con approccio diverso ricorrendo al concetto di “stroke”. Per stroke vogliamo qui intendere “carezza”. E di carezze ne hanno bisogno, ne abbiamo bisogno, tutti, ma proprio tutti. Cani e gatti inclusi!

Posto che un cameriere riporti il messaggio, quanto appaga in quel momento il cuoco sapere che un cliente gli sta mandando tramite suddetto cameriere i complimenti per quel piatto in particolare? Ecco, lo stroke, e non è detto che sia raro, dal cliente sappiamo prendercelo, ma siamo sicuri che sappiamo darlo, lo stroke al cliente? E qual è lo stroke che potremmo, ma vorrei dire dovremmo, dare a tutti i clienti? Chiedere, ben prima del commiato, se tutto è andato bene, se tutto è stato di gradimento, se ci sono stati momenti di disservizio, se un piatto non è risultato impeccabile. Attenzione, porre la domanda, le domande, implica essere poi attenti e disponibili ad ascoltare le risposte, i commenti, le precisazioni, i dettagli addirittura. Porgere ascolto e non “fare finta di”! E poi, proprio l’esatto opposto sia dell’aggressività che della remissività, saper essere assertivi nel commentare garbatamente le risposte.

Le obiezioni ci sono e già... le sento: il cliente le cose non ce le dice in faccia (!); e quando c’è folla e si ha premura a liberare il tavolo per farlo girare, come si fa a mettersi a parlare con il cliente? E se poi la conversazione si allarga al tavolo vicino, che può succedere in sala? E via tante altre ancora. Ed anche qui c’è una semplice quanto efficace soluzione: il modulino dei commenti, che giunge al tavolo, a ciascun commensale, al momento del conto. Ma come si fa a farne a meno? Innanzitutto il cliente ci comunica chi è, ci fornisce la sua email, il numero del suo smartphone, poi ci aiuta a capire quali sono le nostre debolezze, ci segnala dettagli che ci sfuggono, e noi dilapidiamo - semplicemente perché non ne facciamo uso - un tesoro così prezioso?

Una meditata e non frettolosa (e neanche nevrotica) lettura di questi moduli a fine serata, un metodo per farne collazione (embrione di “big data”) inibisce a monte le probabilità (esse si minimizzano ma non si azzerano!) di essere “rimproverati” a mezzo social. Ed il cliente, il giorno successivo a quello in cui ci ha onorato della sua visita, una nostra email la riceve comunque. Lo si ringrazia per averci dato fiducia e per aver compilato il modulo (donandoci il suo tempo) e, caso per caso, si commentano alcune sue opinioni. Un cliente che ha ricevuto stroke è molto meno propenso a giudicare negativa la sua esperienza di quanto invece possa esserlo il cliente trattato sbrigativamente e al quale non abbiamo saputo / potuto dare almeno uno stroke.

Diffidiamo da chi individua la ricetta sul “come reagire alle critiche negative che appaiono in rete”. Più che terapie di scarsa efficacia, meglio adottare, a ciò umilmente attrezzandosi, un’adeguata prevenzione. D’altronde, si sa, prevenire è meglio che curare!

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Alberto Lupini


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