Senso del dovere e spirito di squadra
La scomparsa di Sergio Marchionne ha dato uno scossone emotivo un po’ a tutti. Un ceffone trasversale e interclassista che ha colto di sorpresa chi lo ha ammirato come chi non lo ha mai amato. Un fulmine a ciel sereno
30 luglio 2018 | 15:35
di Gabriele Ancona
Sergio Marchionne (foto: Ansa)
«Siate come i giardinieri: investite le vostre energie in modo che qualsiasi cosa facciate duri una vita intera e anche di più». «Se continuiamo a vivere di soli diritti, di diritti moriremo». Da queste due tra le sue dichiarazioni più riportate emerge potente il concetto di responsabilità. Responsabilità nel fare e nell’essere. Un’esortazione e un monito, binari dell’esistenza. Qui il confine tra privato e professionale si sfuma. Aspetti che però a ben vedere si compenetrano.
A livello nazionale la morte di Marchionne ha spostato il sentire comune su altre tematiche. Il manager abruzzese ha fatto parlare di sé su larga scala e non più solo riguardo l’abbigliamento casual. In primo piano sono emersi valori di fondo come il senso del dovere e lo spirito di squadra. Come dire, una volta coltivati i punti di forza individuali per metterli a reddito bisogna fare sistema. Una dinamica vincente, che premia chi la applica in ogni mercato.
Il personalismo esasperato, anche nell’universo Horeca, porta a percorrere poca strada. Nel nostro settore l’unione delle competenze non è più uno spauracchio e il fare rete è un modus operandi sempre più condiviso. Cuochi, pizzaioli, maître, sommelier, bartender, grazie soprattutto all’innesto delle nuove leve della professione, ormai si confrontano senza gelosie esasperate e comunicano in un interscambio di saperi che diventa ossigeno per ogni singola categoria.
“La potenza non è niente senza controllo”, recitava nel 1998 una pubblicità di una celebre azienda italiana produttrice di pneumatici. Uno slogan sempreverde, che si declina ancora con efficacia pur elaborato da angolature differenti.
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Alberto Lupini