Stella o non stella? L'importante è fare buona cucina
Da Bras in Francia a Chiang a Singapore, si parla di un trend di rinuncia ai riconoscimenti della Guida rossa. In realtà l'unica preoccupazione che i cuochi devono avere è soddisfare la propria clientela
17 novembre 2017 | 08:42
di Enrico Derflingher
Se devo parlare di trend, mi viene da pensare agli anni '80-'90, quando i cuochi cucinavano più per prendere la stella che per compiacere la clientela. Questo era sbagliato, perché come tutte le guide, anche la Michelin, per prima, è nata con uno scopo preciso: consigliare ai viaggiatori dove fermarsi a mangiare e dormire lungo la strada. Chiaramente con il passare degli anni i nostri modi di mangiare, di viaggiare e perché no, di vivere, sono molto mutati, e così anche le guide si sono adeguate, senza perdere però il loro ruolo di mediatrici dal ristorante al consumatore.
Ecco perché anche oggi la guida rappresenta ancora un punto di riferimento importante, i ristoratori che vogliono allontanarsi dal suo giudizio semplicemente possono essere sufficientemente conosciuti da poterselo permettere, per i restanti il dinamismo "entusiasmo nel conquistare una stella" e "timore di perderla" è una realtà che funge anche da stimolo. La differenza rispetto a ieri è che, con il passare del tempo e la maggiore attenzione all'alimentazione e alla ristorazione, ora i cuochi sono tornati a concentrarsi sull'aspetto più importante del loro mestiere: realizzare una cucina che soddisfi prima di tutto il cliente. Questo è lo scopo di un cuoco, il compiacimento di coloro che sono seduti in tavola deve restare la priorità, sopra qualsiasi stella, forchetta o cappello che sia.
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Alberto Lupini