Nel turismo c’è tanto da fare

Finalmente la tanto attesa delega al Turismo al ministro delle Politiche agricole Centinaio è stata conferita. Tanto attesa perché sin dalle premesse si preannunciava un impegno concreto da parte di un esperto

23 agosto 2018 | 08:50
di Alessandro D’Andrea
Senza nulla togliere ai predecessori e a quanto comunque sia stato fatto (o meglio si è cercato di fare) in passato per questo settore, è indubbio che si tratti di un comparto che richiede una comprovata esperienza e approfondita conoscenza dall’interno, affinché le iniziative che si intraprendono siano realmente efficaci. Già prima che gli venisse confermato questo ulteriore importante incarico in seno all’attuale Governo Conte, Centinaio aveva dichiarato di voler “ristrutturare” l’Enit e noi siamo pienamente d’accordo sul fatto che ci sia bisogno di una sana riforma, per esempio al fine di poter organizzare una promozione unitaria a livello Paese, limitando in tal senso l’autonomia delle singole Regioni, per esempio nella comunicazione, nelle manifestazioni fieristiche, negli eventi sparsi per il mondo dove a volte si spendono capitali per far parlare del singolo borgo che gli stranieri neanche sanno se sia in Piemonte o Basilicata o in Italia o in Europa.



Basti pensare, tra l’altro, all’ottimizzazione di costi che si otterrebbe presentando la nostra “destinazione” come meta unitaria, all’interno della quale ovviamente farebbero gioco tutte le peculiarità e le eccellenze che offre il nostro Paese. Proprio ora che il “Made in Italy” è così tanto acclamato... Esporsi, “vendersi” come singoli, Regioni, aree geografiche, destinazioni finali, ci rende più deboli e sarebbe ora di (ri)cominciare a pensare che uniti siamo molto più attraenti, per il bene di tutti. La destinazione Italia ha un potenziale enorme a livello di attrattore per tutti i mercati del mondo. Certo, dicevamo prima, bisogna utilizzare i singoli punti di forza.

Discorso analogo si potrebbe fare per la classificazione delle strutture alberghiere (mi riferisco a quella reale e non alle finte sette stelle di qualità...), altro argomento nominato da Centinaio. Sarebbe ora che un albergo a quattro stelle sia riconosciuto tale in modo univoco in tutta Italia, se non addirittura in Europa. Certo bisogna prevedere e concedere eventuali deroghe (queste sì a livello regionale) per gli alberghi che meritano tale classificazione per la tipologia di struttura, per la qualità del servizio offerto, per la pluralità dei servizi proposti, ma magari non possono rispettare alcune caratteristiche richieste per questioni territoriali o strutturali.

Si dovrebbe inoltre ristabilire una logica nelle denominazioni, affinché un albergo si possa chiamare Grand Hotel oppure Palace solo con determinate caratteristiche, evitando così di proporre il Grand Hotel di 40 camere a 3 stelle o ancora l’Hotel Palace all’interno di un edificio residenziale degli anni ‘80 senza neanche una pensilina davanti l’ingresso...

Ed infine, ma non per ultimo, una corretta e normata legislazione sulla “Direzione” delle aziende alberghiere da parte di professionisti che siano realmente in grado di governare la struttura, l’ospitalità, i clienti, l’immagine (propria e del comparto) oltre che l’azienda stessa in tutto il suo processo gestionale. Tutto ciò secondo competenze minime necessarie e certificate e il rispetto di un codice etico della professione del Direttore d’albergo, quello vero di un tempo. Questo aspetto è spesso sottovalutato dai proprietari/gestori perché immaginano un “estraneo” che (a volte a costi elevati) voglia comandare in casa loro e decidere per loro. Ma non è così; la realtà è che fare ospitalità e dirigere un albergo non è semplice e gli errori fatti oggi per la presunzione del “tanto lo so fare anche io” e “faccio come mi pare”, nel tempo si pagano a caro prezzo e soprattutto ne risente poi tutto il settore alberghiero e il comparto turistico.

Dunque, Ministro, diciamo che c’è tanto da fare ma chi ci crede è pronto ad accettare le sfide di rinnovamento, ristrutturazione e rilancio del comparto. Buon lavoro.

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Alberto Lupini


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