Bio per amore al Terroir Marche Festival Tra vini d'Oltralpe e tipicità a tavola

24 maggio 2017 | 14:34
di Marco Di Giovanni
Viticoltura bio: è questa la mission, ma ancora più la ragione della fondazione del Consorzio Terroir Marche, una "famiglia", in un certo senso, di vignaioli biologici marchigiani. Erano 16 le aziende presenti ai banchi di degustazione del Terroir Marche Festival, svoltosi nel weekend appena trascorso a Macerata. Ed è stato subito bilancio positivo: circa mille le persone che hanno affollato le sale del Festival, dagli Antichi Forni al Teatro della società Filarmonico Frammatica fino a Palazzo Buonaccorsi.



Da premettere, oltre alla mostra fotografica "Le Marche di Dondero", la presentazione del libro di Fabio Pracchia dedicato alla degustazione del vino, le visite alla città e il concerto di Francesco Più Quartet, è importante sottolineare come ora, dopo il Festival, a tutti gli effetti, esista e sia forte il gemellaggio tra il consorzio di produttori bio di Terroir Marche con i loro corrispondenti francesi dell’associazione “Artisans-Vignerons de Bourgogne du sud” e rinnovato quello con i tedeschi di Ecovin Mosel.

Abbiamo cercato di scambiare due parole un po' con tutti i produttori che vi hanno preso parte, cercando di carpire dalla loro storia, dalla loro personalità, la scelta di divenire 100% bio, produrre quindi vini a difesa del territorio e per un'economia sostenibile e solidale. Tutti, con una - chi più radicata nel passato, chi più recente - tradizione alle spalle, hanno rimarcato il loro desiderio di diffondere quella cultura che gli è stata insegnata, quella viticoltura che gli è stata trasmessa e merita di essere raccontata ai visitatori.


Degustazioni agli Antichi Forni

Due parole, prima di passare ai vini, sullo scenario. E lo chiamo scenario, senza farmi problemi, perché, davvero, già soltanto uscendo dall'autostrada e guidando per le stradicciole di Recanati, si comprendono quelle scritte sui cartelli ad ogni Autogrill: "Sei in un Paese meraviglioso". Ecco, Macerata, parere mio, è emblema di questo messaggio. Su di un'altura, ricorda in grande quei borghetti toscani illuminati dal sole. Le strade sono strette, ciottolose, fatte di anfratti e col profumo di casa. I ristoranti non mancano, e sono tutti quelli tipici, lì da oltre una cinquantina d'anni.

L'Hotel Claudiani, quattro stelle che ci ha dato ospitalità, è il classico albergo che pur tenendosi al passo con i tempi, non perderà mai quell'italianità che, noi la conosciamo fin da piccoli, durante le vacanze al mare con i genitori - parlo per me, lombardo: il mare d'estate era d'obbligo, così come i lunghi viaggi per raggiungerlo.


I vini in degustazione dell'Azienda Moroder

La sera arrivo tardi, e mi fiondo in una delle poche osterie-trattorie rimaste aperte: mi capita Da Silvano. Ospitalità, quella vera, che anche se è tardi la porta è sempre aperta. E via con un Tagliere misto di salumi e formaggi con una confettura per gustar meglio questi ultimi; poi una Grigliata mista di carne e dei Fegatini di maiale. Amaro? Chiaramente un Sibilla Varnelli. Salutiamo e ci corichiamo, e la mattina dopo, tra una stradicciola e l'altra, eccoci agli Antichi Forni, un labirinto di cunicoli con tutti i banchetti ben disposti.

Cominciamo dall'Azienda Moroder, all'interno del Parco naturale del Conero, a soli 1.200 metri dal mare. Qui proviamo un Rosso Conero Doc, un Conero Riserva Docg, ma dulcis in fundo, il Dorico: rosso profondo da uve selezionate Montepulciano, il punto di forza dell'azienda. Nemmeno i vini dell'Azienda agricola Failoni Antonio deludono, anzi: da provare il Rosso Piceno, affinato per 12 mesi lasciando riposare il vino sulle proprie fecce (uve: Montepulciano 45%; Sangiovese 45%, Merlot 10%).


Meticcio e Le Derive 2013, Cantina La Distesa

Un plauso, da parte nostra, alla cantina La Distesa. Assaggiamo un po' tutto, dal Verdicchio al Meticcio (rosato dotato di un notevole equilibrio nei sentori, capace di sprigionare un gusto marcatemente dolce ma non stucchevole a contatto con il palato) fino a Le Derive vendemmia 2013: un vino rosso marchigiano Montepulciano, Sangiovese e Vernaccia Nera. A raccontarci della compattezza e dell'equilibrio che percepiamo in bocca, a spiegarci le note di rosmarino e timo che percepiamo al naso, è una giovane ragazza appena trasferitasi qui nel Marchigiano direttamente da New York. A detta sua, l'Italia, i suoi vigneti, i suoi prodotti sono qualcosa di unico... insomma, anche lei ora è in un Paese meraviglioso.

Assaggiamo i Verdicchi Cantina Cavalieri, le etichette dell'Azienda agricola Aurora, in tutta la loro semplicità, capaci comunque di regalare un'emozione ad ogni sorso. Degustiamo fino a che l'appetito non si fa sentire. Ma prima dopo i Rossi Conero, dopo i Pecorini, dopo i Verdicchi di Jesi e di Matelica, ci si rinfresca il palato con dell'acqua, pronti a degustare i vini della Borgogna del sud con l'associazione degli Artisans-Vignerons.


Maialino in crosta aromatica con parmigiana di zucchine e purè

A loro dedicato un laboratorio, sold-out fin da subito, domenica 21 maggio, ma altrettanto frequentati sono stati quelli dedicati alle altre etichette, nonché alla relazione tra vino ed arte. Insomma, una due giorni ricca, davvero ricca, che però, dopo queste prime degustazioni, aveva da lasciar spazio anche ad un boccone o due.

Ed ecco allora un piccolo assaggio dai simpatici Cuochi di campagna, lì affiliati e pronti a servire polpette, parmigiana di zucchine e panino alle erbe spontanee. E poi un salto all'Osteria dei Fiori, dove peraltro, colpiti, abbiamo deciso di tornare anche la sera.

Una Crema di patate con crostini, a seguire dei Medaglioni di ricotta gratinati con spinaci e mandorle, portata principale un Maialino in crosta aromatica con parmigiana di zucchine e purè e per finire un Dolcetto allo zabaione di vino cotto, il tutto accompagnato - a scelta! - dai vini serviti la giornata durante la degustazione.


L'ingresso dell'Hotel Claudiani

Terroir Marche, una vera scoperta, la scoperta del bio, la scoperta della semplicità di quei vignaioli che non chiedono altro se non raccontare la loro storia, i loro vini, la loro tradizione... un po' la loro vita, oserei. E tutta la loro passione la si può sentire nelle etichette, nei vini nati da uve decennali e lavorate in cantine moderne e attrezzate.

«Siamo molto soddisfatti - ha detto Alessandro Bonci, presidente di Terroir Marche - sia dell’accoglienza della città di Macerata, sia della grande partecipazione del pubblico. Dal punto di vista tecnico abbiamo avuto l’occasione di confrontarci con i nostri colleghi stranieri sull’esigenza di creare una rete di vignaioli indipendenti per lo scambio di esperienze, e abbiamo dimostrato ancora come i vini prodotti dai nostri vitigni autoctoni sanno affrontare la sfida del tempo dimostrando una longevità che non ha nulla da invidiare alle denominazioni più blasonate d’Italia e del mondo, anche in annate non facili, come hanno dimostrato un rosso del Conero del 1990, un Pecorino del 2001 o un Verdicchio del 2007, protagonisti delle nostre degustazioni guidate».

Chiunque faccia un salto a Macerata, non si scordi del vino, come non si scordi dei localini sparsi per la città, dell'arte dei musei vicini, aperti per l'occasione durante la notte, delle band dal vivo che, con canzoni anni '60-'70 intrattengono un pubblico che oggi le canta ancora, come fossero nostre contemporanee, immortali. Terroir Marche, nella sua semplice onestà, ha fatto centro, ecco perché, risalendo in macchina la domenica, mi sono concesso un «Arrivederci e a presto»: le Marche sono uno di quei luoghi, con le sue tradizioni, i suoi prodotti, ma soprattutto i suoi vini, i vini di Terroir Marche, capaci di ricordarci che... Siamo in Paese meraviglioso!



Per informazioni: www.terroirmarche.com

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