Birra, Patrimonio dell’umanità in Belgio Un grande traguardo per il mondo

08 dicembre 2016 | 17:18
di Giovanni Angelucci
Il riconoscimento “Birra patrimonio dell’umanità” ottenuto di recente dal Belgio ci riporta a qualche anno fa, quando una parte dei vigneti di Langhe-Roero e Monferrato venne riconosciuta dall’Unesco con questa motivazione ufficiale: “Una eccezionale testimonianza vivente della tradizione storica della coltivazione della vite, dei processi di vinificazione, di un contesto sociale, rurale e di un tessuto economico basati sulla cultura del vino. I vigneti di Langhe-Roero e Monferrato sono un esempio eccezionale di interazione dell'uomo con il suo ambiente naturale”.

I cugini francesi non poterono che congratularsi seppur con un po’ di amaro in bocca, accrescendo ancora di più la centenaria diatriba vinicola tra i due paesi. Oggi, a distanza di 2 anni tocca al Belgio e alla sua immensa cultura brassicola essere giudicata come “Patrimonio intangibile dell’umanità”, inserendo la birra belga tra le più alte espressioni della cultura e delle tradizioni del genere umano.



Ma si ripete la “battaglia dei valori” e questa volta a rimanere a bocca asciutta è la Germania che esattamente tre anni fa aveva provato ad intraprendere la stessa strada ma con esiti diversi. Il Reinheitsgebot, la legge tedesca più vecchia (ancora in vigore seppur modificata) sulla sicurezza alimentare nel mondo, su cui il paese fece leva, tuttavia non bastò. Fu emessa tramite un decreto ducale il 23 aprile 1516 ad Ingolstadt, dai co-governatori bavaresi, i Duchi Guglielmo IV e Ludovico X, che prevedeva unicamente l’utilizzo di orzo, luppolo e acqua come ingredienti della produzione della birra.

L’intento era di mantenere il più possibile una birra “pura” eliminando dal mercato ingredienti a basso costo e di qualità scadente come erbe, funghi e radici, che potessero minare l’elevata qualità media del paese. Questo portò nel tempo, e ancora oggi, ad avere grandi birre tedesche, saporite, autentiche, vere. In ogni caso il Reinheitsgebot, che quindi era una legge di tutela alimentare e non un disciplinare qualitativo, non ha convinse del tutto la commissione dell’Unesco che respinse la richiesta tedesca.

Il Belgio, invece, è stato più convincente e tra le righe dei documenti che compongono il dossier sottoposto all’Organizzazione delle nazioni unite per l'educazione, la scienza e la cultura si legge:


Produrre e gustare birra è parte fondamentale delle tradizioni di un’ampia varietà di comunità del Belgio. Gioca un ruolo primario nella vita quotidiana, così come in occasioni di feste e celebrazioni. Quasi 1.500 tipi di birra sono prodotte nel paese utilizzando diversi metodi di fermentazione. Inoltre la birra è impiegata in ambito gastronomico, come nel caso della creazione di formaggi alla birra, e come il vino può essere abbinata al cibo per esaltarne gli aromi. Migliaia di persone, organizzate o meno, uomini e donne, professionisti e amatori, hanno a che fare direttamente con la birra in Belgio. L’elemento (la birra) è praticato in tutto il Belgio. In ogni provincia ci sono birrifici, club, musei (circa trenta in totale), corsi di formazione, eventi, festival, ristoranti e cafè che contribuiscono al frizzante e creativo panorama brassicolo locale. Varie pratiche hanno radici geograficamente circoscritte: ad esempio il Lambic è prodotto solo a Bruxelles e nel vicino Pajottenland e solo durante l’inverno; le antiche birre scure sono prodotte nelle Fiandre occidentali; il formaggio alla birra è tipico delle abbazie. Consumatori esprimono chiare preferenze regionali. In Belgio quasi 200 birrifici producono circa 1.500 birre diverse, molte delle quali sono artigianali o specialità, di oltre 50 tipologie. Questa varietà deriva dalla creatività dei birrai, la necessità di consumatori consapevoli, un solido sistema di condivisione e trasmissione delle informazioni e un ampio assortimento di soluzioni tecnologiche e materie prime.


La cultura brassicola del Belgio avrebbe continuato a conservare il proprio valore e promuovere la sua grandezza anche senza il riconoscimento dell’Unesco, ma essere ritenuti patrimonio intangibile dell’umanità è quasi commovente, specialmente perché si fa riferimento con importante peso al concetto di birra artigianale, la “craft beer” come idea indissolubile dal concetto di qualità della birra prodotta nel mondo, soprattutto se pensiamo alla confusione che c’è intorno alla nozione di birra artigianale. Un grande traguardo per l’essenza della birra vera e per i birrai di tutto il mondo, Germania compresa.

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Alberto Lupini


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