Grappa, un mito tutto italiano

La grappa, per chiamarsi tale, deve essere prodotta in Italia da vinacce ottenute da uve coltivate e vinificate sul nostro territorio nazionale. Proprio in virtù di ciò, non posso esistere grappe francesi, spagnole, ecc. Chiaramente in tutti gli altri Paesi si possono distillare vinacce, ma non potranno definirsi grappe

28 aprile 2018 | 09:18
di Enrico Rota
Circa mille anni fa, un popolo da sempre dinamico ed estroverso inventò una nuova acquavite: la grappa. Chiaramente questo popolo non poteva essere che quello italiano e infatti nell’ambito degli studi della Scuola Salernitana furono codificate le regole della concentrazione dell’alcol attraverso la distillazione. Naturalmente le vinacce (materia prima molto diffusa su tutto il nostro territorio nazionale), furono al centro di queste ricerche anche se le prime testimonianze scritte risalgono solo al 1600 grazie ai Gesuiti, tra i quali va ricordato il bresciano Francesco Terzi Lana.



La grappa è un distillato di vinacce (la parte residua dopo la pigiatura del grappolo d’uva) di quantità limitata proprio perché si possono utilizzare solo quelle nazionali prodotte ogni anno. Le distillerie di grappa attive sono solo circa 130, mentre gli imbottigliatori raggiungono quasi le mille unità. Se la grappa viene prodotta con almeno l’85% di vinacce ricavate da un unico vitigno (ad esempio Moscato), questa potrà essere identificata come grappa di vitigno o monovitigno.

La classificazione della grappa è molto articolata anche se possiamo individuare sette categorie: giovane, giovane aromatica (come la precedente ma ottenuta da un vitigno aromatico), affinata in legno (con un passaggio in botte), affinata in legno aromatica, invecchiata (invecchiata per almeno 12 mesi in botti, se il tempo viene elevato ad almeno 18 mesi questa può fregiarsi del nome “riserva” o “stravecchia”), invecchiata aromatica e aromatizzata (il suo profilo organolettico è stato completato con principi aromatizzanti vegetali come ruta, mirtillo, ecc.).

Infine, la normazione esistente enfatizza il concetto di appartenenza regionale: il regolamento europeo conferisce la denominazione geografica alla grappa di Barolo, Piemonte, Veneto, Lombardia, Trentino, Alto Adige e Friuli. A differenza delle altre grappe, quelle regionali devono avere almeno 40° alcolici (contro i 37,5° minimo delle altre) e non possono essere miscelate con grappe provenienti da altre zone.

Un’ultima curiosità. La grappa va servita non troppo fredda e né troppo calda: tra i 9 e i 13°C è la temperatura ideale per le grappe giovani e aromatiche, intorno ai 17°C per quelle invecchiate. Nel dubbio è sempre meglio sbagliare per difetto: una grappa servita troppo fredda si può sempre riscaldare nel palmo della mano, ma il contrario non è possibile.

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Alberto Lupini


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