Cioccolato, un piacere per il palato Ma come distinguerne la qualità?

24 febbraio 2015 | 15:29
La semifinale italiana dell’International Chocolate Awards che si è svolta presso la nuova sede della prestigiosa Scuola di Arte Culinaria Cordon Bleu di Firenze, ha puntato i riflettori su un prodotto agroalimentare di grande pregio, purtroppo poco conosciuto nella sua complessità: il cioccolato. Il concorso internazionale giunto alla sua 4ª edizione, dimostra come in Italia e nel mondo ci sia un aumento di interesse e di attenzione verso il settore del cioccolato, inoltre molti studi medici sottolineano l’importanza della presenza, quasi quotidiana, di cioccolato nella dieta.



Monica Meschini (nella foto), “chocolate and tea tester”, tutor per l’International institute of chocolate tasting e tra gli organizzatori dell’International Chocolate Awards, sottolinea però quanto poco si conosca del mondo del cioccolato e quante caratteristiche nutrizionali e strutturali vengono date per scontate nel giudicare il prodotto. La maggior parte dei consumatori non è in grado di riconoscere un buon cioccolato e finisce per accontentarsi di un prodotto di massa, che non regge il paragone con il vero cioccolato fondente.

«Per distinguere un buon cioccolato - suggerisce l’esperta Monica Meschini - lo si deve osservare; nel caso in cui il colore sia tendente al mogano, marrone, marron glacé o testa di moro al massimo, allora il cioccolato contiene una percentuale di cacao superiore al 60% (altrimenti non possiamo definirlo fondente), e significa che è un buon cioccolato. Al contrario se il colore del cioccolato fosse nero, significherebbe che i semi del cacao sono stati precedentemente mal processati, e soggetti a una cosiddetta “sovratostatura”, che ne nasconde i difetti».
 
Considerando che quasi tutte le aziende italiane fanno parte di multinazionali, per quanto riguarda la produzione di cioccolato il mercato italiano vive una situazione complessa. «Molte aziende - continua Monica Meschini - non hanno nulla a che vedere con l'Italia se non per quel che riguarda una delle numerose sedi. Se a livello gourmet ci sono delle produzioni veramente alte, dal punto di vista delle “grosse quantità” si tratta solo di multinazionali».

La situazione non è confortante neanche nell’ambito delle pasticcerie o della ristorazione, dove il livello qualitativo del cioccolato è molto basso; ciò dipende dal fatto che la conoscenza del prodotto è molto limitata e di conseguenza sono pochissimi ad avere un palato in grado di riconoscere un cioccolato di qualità da un prodotto scarso. «Solitamente nei ristoranti di alto livello - spiega Monica Meschini - lo chef sceglie un cioccolato che costa molto, perché si pensa che ad un prezzo elevato corrisponda un’alta qualità, ma il prezzo e il marchio di un cioccolato non assicura necessariamente la qualità del prodotto».



Il consumatore non solo viene tratto in inganno dalla scarsa conoscenza del prodotto, ma anche dalle truffe del mercato, che purtroppo sono all’ordine del giorno. Sebbene la normativa italiana sia tra le più severe al mondo, il problema è che non c’è l’abitudine di leggere le etichette dei prodotti che acquistiamo, e spesso non viene dato il giusto peso a ciò che compare in etichetta. «Il problema - sottolinea Monica Meschini - è la non conoscenza del consumatore. Quasi tutti i biscotti che troviamo in commercio contengono quantità elevate di olio di palma, anche quelli per bambini, ma sebbene gli effetti di un grasso saturo di quel tipo siano noti, nessuno si pone il problema».

Tenendo conto di tutte le caratteristiche che fanno di un cioccolato un prodotto di qualità, scegliere di introdurlo nella propria dieta è molto saggio. Secondo gli esperti, una tavoletta da 50 g di cioccolato fondente ogni giorno non provoca controindicazioni per trigliceridi e colesterolo, in quanto il burro di cacao è l'unico grasso contenuto nel cioccolato; una tavoletta da 50 g è in grado di dare energia senza appesantire.

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Alberto Lupini


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