Al termine di ogni degustazione mi rendo conto di come il fenomeno birra artigianale abbia cambiato il mondo della birra, e tutto il mondo birraio. Un panorama nostrano che si rinnova di anno in anno con una crescita qualitativa esponenziale.
L’incremento dell’artigianato birraio ha avuto una risonanza planetaria, questo è evidente, ma il modo in cui si è manifestato nel nostro paese non ha eguali, almeno per quanto riguarda la velocità. Un unicum enogastronomico che ha affascinato e catturato l’attenzione di tantissimi, e che oggi più che mai rappresenta un vanto.
È venuta a crearsi e delinearsi una vera e propria identità come per il vino, su cui però in pochi avrebbero scommesso. E invece eccoci qui, lo stereotipo della birra bionda come mera bevanda estiva è sempre più accantonato, e i garage in cui i piccoli produttori crescono e sperimentano sono sempre più numerosi e interessanti. In un’unica parola, identità. Dal non averne una siamo passati in brevissimo tempo ad avere un peso importante nel contesto mondiale. Varietà ed originalità, creatività ed ispirazione, ma soprattutto studio e professionalità.
In Abruzzo, da sempre terra di vino, i mastri birrai hanno iniziato a dire la loro ormai quasi dieci anni fa. Questi pionieri di un’illusione, come mi piace definirli, hanno dedicato la loro vita all’edificazione dell’ultima frontiera della tipicità abruzzese, la birra. Dietro ogni etichetta non compaiono imprenditori ma professionisti che hanno investito la passione di sempre (tutti si dilettavano con la birra fatta in casa), i loro saperi, e risparmi. I 13 microbirrifici al momento presenti coprono l’intera regione abruzzese, dislocati sulle quattro diverse province.
A Notaresco, in provincia di Teramo, dal 2009 Luigi Recchiuti realizza un prodotto di elevata e apprezzata qualità. All’interno del suo birrificio Opperbacco produce dodici differenti tipologie, tutte d’influenza belga e ad alta fermentazione. L’acqua del Gran Sasso e i suoi esperimenti permettono di ottenere grandi risultati.
Restando nel teramano, ma spostandoci a Roseto degli Abruzzi, Lamberto Vannucci con i due soci è a capo del birrificio San Giovanni. La linea produttiva è composta da cinque tipi di birre, tra cui la nuova classica Blanche, con buccia d’arancia e coriandolo, e dal prossimo novembre una birra stagionale natalizia. Buona qualità in piena espansione.
Spostandoci nel pescarese, a Spoltore, incontriamo due realtà interessanti, a pochi chilometri l’una dall’altra. Arrigo De Simone, affabile ex biologo, ha dedicato tutto se stesso alla produzione delle sue creature nel birrificio Desmond. Produttore vecchio stile, con un impianto da 850 litri da vita a sette prodotti diversi, la maggior parte ispirati alla scuola tedesca. Netto nelle scelte, ha deciso di impegnarsi anche nel Desmond Brew pub, braceria di qualità, come le sue birre.
Almond ’22 e il suo timoniere Jurij Ferri. Ha maturato ormai un’esperienza decennale, ci ha creduto prima di tutti ed è stato premiato. Ha all’attivo circa quindici vari tipi di birra (da considerare le stagionali e le collaborazioni con altri birrifici), in cui impiega prodotti locali e spezie d’oltre oceano. Esperienza e creatività, sa quel che fa.
Dalla costa ai piedi dei monti incantati, a Casoli (Ch) sorge il birrificio Maiella. Massimiliano Di Prinzio ama riprodurre il paesaggio abruzzese nella sue bottiglie, e ci riesce. Con le sue nove birre rappresenta l’assoluto legame con il territorio, caratteristica che innalza al massimo il suddetto concetto di identità. Birre armoniche, piacevoli e ben fatte.
Questi uomini, produttori, pionieri, artigiani o soltanto artisti, hanno in comune una indefinibile passione per la birra, ma non solo. Timore e angustia. Sono preoccupati per ciò che sta accadendo intorno a loro.
In tanti decidono di aprire un birrificio perché pensano sia il business del momento; produrre birra artigianale fa gola a molti, e molti sono già entrati attivamente sul mercato con le proprie “produzioni”. C’è confusione, il mercato delle birre artigianali è in crescita e risulta appetibile a troppi. Ecco quindi che fioriscono birrifici artigianali come funghi, le cui basi sono prive della competenza necessaria per progettare e produrre birre di qualità. Questo va a destabilizzare la fiducia e la curiosità del pubblico che si avvicina a questo prodotto ma soprattutto ferisce chi ha fatto di questo mestiere una ragione (e uno stile) di vita.
“Non basta mischiare gli ingredienti e premere un bottone, questo è un mestiere che richiede studio, pratica e un pò di umiltà”, questo lo sfogo di Jurij Ferri, che tutti i mastri birrai e il sottoscritto abbracciamo.
I microbirrifici attivi in Abruzzo