Provocazione, quella del sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni, o constatazione di una realtà? Il mondo dei cuochi è in fermento, arrabbiato, offeso, quasi che l’affermazione della Borletti abbia ridestato da un letargo anche cuochi dormienti, cuochi presi più da un orgoglio personale che professionale, e via con affermazioni e reazioni isteriche al limite della querela.
In realtà, a mio giudizio, le frasi del sottosegretario, che possono certamente essere non sopportate, hanno un fondo di grande verità. Ma in Italia è così, è sempre stato così, paese di grandi esperti di calcio, tutti politici, ed oggi tutti cuochi, poi chissà come mai i supermercati hanno metri lineari (così si chiamano gli scaffali) straboccanti di cibi e surgelati già pronti, pizze surgelate che si richiamano alla tradizione del settore. Nessuno ha mai protestato che una pizza surgelata (buona) di una grande azienda si chiami Ristorante: dove siete cuochi? Le famiglie acquistano surgelati in grado di soddisfare qualsiasi fantasia gastronomica, e le aziende vendono ai ristoranti prodotti ed alimenti già pronti dove la parte più professionale è accendere il fuoco o scegliere la padella più adatta. Gli elenchi dei clienti di queste aziende - pare - sono al livello di segretezza della Cia.
Nella scuola dove insegno è difficile spiegare come si fa una panna cotta tradizionale quando poi gli allievi nella ristorazione reale hanno il modello del preparato da sciogliere magari con un po’ di latte. A onor del vero, il livello qualitativo di molti di questi prodotti hanno raggiunto un livello che sfiora l’eccellenza. In Francia per ricominciare a parlare di cucina, cioè di trasformazione, i cuochi, quelli veri, hanno deciso di fondare un’associazione chiamandola semplicemente “Ristoranti di Qualità” e non perché non lo siano, ma per trasmettere al cliente una nuova informazione, come a voler dire: “noi siamo questo”.
Prima osservazione. In Italia, se dovessimo raffigurare il settore della ristorazione attraverso una piramide, ci sono oltre 100mila ristoranti, troppi, il doppio che in Francia e in Germania. Di questi, quelli in cima alla piramide sono circa 300-400, non necessariamente gli stellati. Sotto ci sono altri 5-6mila che potrebbero essere tutti quelli segnalati dalle 3-4 guide nazionali. Poi altri 5-6mila ancora di qualità, comprese le trattorie ed oggi anche le nuove pizzerie gourmet, luoghi magari non recensiti. Alla fine 10-12mila ristoranti di qualità e poi a scendere le pizzerie, le catene (fenomeno in crescita) sino ad arrivare agli Autogrill e ai McDonald’s. E queste sono le aziende.
Oggi poi i cuochi, che apparentemente fanno tutti lo stesso lavoro, si suddividono in: cuochi dipendenti, d’albergo e di ristorante, di mensa aziendale, di catering, di grandi collettività, cuochi consulenti, cuochi televisivi, cuochi docenti di scuola, cuochi interni alle aziende del food, ecc. Sono tutti cuochi uguali? No! Fanno mestieri diversi. E infine ci sono i cuochi ristoratori, cioè gli imprenditori. Un mondo variegato, dunque, ma molto complesso, se consideriamo che le quattro associazioni di ristoranti più importanti del Paese tutte assieme contano non più di 500 insegne. Parlo naturalmente di insegne che sono aziende di ristorazione, oltre alle tradizionali associazioni di cuochi, la Fic, l’Apci ed innumerevoli gruppi e consorzi che coprono spesso solo la provincia di appartenenza. Tutti molto divisi.
Seconda osservazione. Cos’è la qualità, come viene percepita? È qualità la spuma o la cucina creativa/molecolare? È qualità un buon piatto di spaghetti al pomodoro? È qualità un hamburger di McDonald’s? Probabilmente i tre esempi rispondono a tre livelli di cucina diversi e sicuramente a tre livelli di qualità percepita e reale, spesso apprezzata dai consumatori. Allora la provocazione del sottosegretario a cosa si riferisce? Ed allora di cosa stiamo parlando? Di un sasso lanciato nello stagno dove tutti i soggetti sopraelencati galleggiano con barche più o meno grandi: le onde del sasso hanno difatti messo in movimento le barche che ora si sfiorano, si toccano provocando altre onde, che sfiorano anche le barche delle lobby dei giornalisti enogastronomici, che si sono risentite anche loro, forse perché la critica non nasceva dal mondo enogastronomico...
Ci ha offeso la Borletti? Forse poteva essere più attenta. Da dove nascono allora le sue osservazioni? Quanti Cuochi in Italia preparano un buon brasato partendo dalla carne fresca? Magari cercherò di avere dalle aziende del settore l’elenco dei ristoranti che acquistano il brasato già cotto in scatola o le polveri per fare la crema pasticcera o un sugo già pronto, ma non credo sarà facile. E queste sono critiche vere, di cui mi assumo la responsabilità: il Re è nudo!
Ma i nostri cuochi in realtà sono tra i più bravi al mondo, sono i più fantasiosi, i più creativi, attingono a man bassa da una cultura centenaria e da una storia agricola a dir poco eccellente. Non siamo abituati a fare gruppo come i francesi e purtroppo i nostri cuochi sono anche i più soli. In Francia un buon ristorante, soprattutto in provincia, viene segnalato, viene aiutato. Ma questa bravura, tipica delle nostre genti, oggi non basta più. Un fisco oppressivo, un costo del lavoro il più alto al mondo, una burocrazia asfissiante, leggi, leggine, regole e regolette stanno mettendo a dura prova il nostro settore che tanta fama e gloria porta al Made in Italy e che insieme alla moda rende grande l’Italia nel mondo.
Probabilmente Ilaria Borletti non immaginava di creare tutto questo rumore con le sue affermazioni, ma possiamo invece chiederle di aiutarci, quasi a scusarsi, proprio perché lei ha suscitato tanto clamore e noi invece siamo in grado di darle una mano a migliorare una parte del suo Ministero, che ampliandosi al Turismo tanto può fare per il nostro Paese. Rimbocchiamoci tutti le maniche, insieme possiamo vincere.