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Carne, consumi in calo e molto import La danese tra le preferite al ristorante

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un calo inesorabile dei consumi di carne: -7%. La bistecca di carne bovina è oggi la più richiesta al ristorante. Molte carni vengono importate dal nord Europa, Danimarca in primis. Molte provenienze di carni bovine non vengono bene specificate in etichetta: questo mette a rischio la fiducia del consumatore

di Roberto Spiridigliozzi
11 maggio 2014 | 15:52
Carne, consumi in calo e molto import 
La danese tra le preferite al ristorante
Carne, consumi in calo e molto import 
La danese tra le preferite al ristorante

Carne, consumi in calo e molto import La danese tra le preferite al ristorante

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un calo inesorabile dei consumi di carne: -7%. La bistecca di carne bovina è oggi la più richiesta al ristorante. Molte carni vengono importate dal nord Europa, Danimarca in primis. Molte provenienze di carni bovine non vengono bene specificate in etichetta: questo mette a rischio la fiducia del consumatore

di Roberto Spiridigliozzi
11 maggio 2014 | 15:52
 



Il consumo di carne bovina in Italia è in decrescita. Negli ultimi anni il consumo è passato dai 25,2 kg pro capite l’anno ai 20,7 in base al calo degli acquisti di quest’anno rispetto agli ultimi due passati (vedi tabella). Le stesse importazioni di carne rossa sono in calo di alcuni punti percentuali. Sin dai primi mesi del 2013 il consumo è diminuito del 7% (fonte Istat) con le stesse macellazioni diminuite in maniera abbastanza drastica rispetto al 2010.

Secondo l’Anagrafe nazionale zootecnica del ministero della Salute istituita presso il Cns dell’Istituto “G. Caporale” di Teramo, le macellazioni sono infatti in calo di oltre il 10%, da circa 260mila unità al mese a 230mila. Questi dati nascono da un minor livello della domanda alla base. Sono i consumatori che ricorrono meno all’acquisto del bovino e che soprattutto lo richiedono meno sulle tavole della ristorazione.



Approfondiamo ora la conoscenza di offerta e domanda di carni rosse nella ristorazione capitolina.

Roma è terra di gladiatori e culla della gastronomia luculliana. La capitale eredita dal passato una cultura sul consumo di carne non indifferente. I Romani, quelli ricchi, erano grandi consumatori di carni pregiate, anche se di pochi bovini e ricercando una cucina piena di profumi e stranezze. Oggi non ne rimane molto. Il cittadino romano si rivolge alla ristorazione con un altro atteggiamento. E ne riceve di conseguenza una diversa offerta. Sono pochi i locali che conservano l’originalità dell’antica cucina romana fatta di tagli di carne non nobili come quelli di oggi.

La bistecca di carne bovina è oggi la regina del ristorante: la fiorentina, la costata o lo scamone per fare la tagliata. Nessun taglio di anteriore. La carne offerta sulle tavole della ristorazione capitolina è la cosiddetta danese che ne fa da padrona rispetto alle altri carni bovine. Dati alla mano, a Roma è il bovino della Danimarca la scelta principale dei ristoratori. Carne dal colore rosso intenso e con la giusta marezzatura. Sapidità decisa e intensa. Profumata se cotta alla griglia.

Roma vede così una scelta da parte dei suoi operatori di carni prevalentemente del nord Europa: la Danimarca in primis. Anche per ragioni di prezzo: altamente valorizzabile da un punto di vista economico. La carne danese la si può trovare anche nei locali centrali di Roma, dedicati soprattuto al turismo con menu a prezzo fisso. I principali fornitori di carne danese riconoscono che la Capitale è la principale piazza di acquisto delle loro carni. Il romano cerca una carne saporita e la migliore anche da un punto di vista economico: la danese ne ha tutti i requisiti.



E al secondo posto? Finita la “moda” della carne argentina, soggetta a speculazioni troppo variabili e a costi troppo elevati. I ristoratori la rimpiazzano scegliendo così carni brasiliane o dall’Uruguay. Minor prezzo e, ahimè, minor qualità. C’è da domandarsi quale profilassi venga assicurata negli allevamenti locali del Sud America e l’età effettiva di quella carne macellata: arriva sulle tavole dei ristoranti dopo un lunghissimo viaggio in nave di moltissime settimane.

Poco spazio trova la razza Chianina. Dopo anni di sviluppo del mercato della ristorazione, la principale carne italiana di razza non trova una diffusione così estesa presso gli operatori del canale Horeca. Solo alcuni operatori specializzati per una domanda di nicchia offrono tagli di carni di razza pregiata. Il comportamento di alcuni ristoratori sta cercando di migliorare e formare la richiesta dei loro consumatori: non solo per gusti puramente soggettivi, ma anche per razze effettivamente offerte ognuno con la loro caratteristica oggettiva e diversa. L’una dall’altra. Un’offerta più completa e volta a formare la domanda.

Poco utilizzate le carni irlandesi, scozzesi, australiane e degli Stati Uniti. Interessanti i primi passi della carne piemontese all’interno della ristorazione capitolina. Da registrare comunque in generale una lieve flessione nel consumi di carne rossa bovina. Gli stessi dati alla macellazione rilevano un minor patrimonio bovino destinato alla produttività di carne. E questo si è riversato anche sulla Capitale. I dati ufficiali sui consumi nella ristorazione relativi ai primi mesi dell’anno indicano un calo degli acquisti di carne bovina fresca e refrigerata (-3,4%).

Lo sappiamo: la riduzione della domanda nella ristorazione di carne bovina dipende dalla crisi economica che indirizza le preferenze dei consumatori verso prodotti più economici. A risentire maggiormente della flessione dei consumi è stata così la carne bovina fresca naturale, che ha registrato un calo a fronte di una proporzionale riduzione della spesa del consumatore medio; tale dinamica ha interessato anche il segmento del vitello. Questo ha portato al consumo di maggior carne suina sulle tavole romane e alla ricerca di una cucina fatta da tagli meno nobili di carne ma più economici e più saporiti. Proprio come nell’antica Roma.



Provenienza delle carni bovine
Il mercato nazionale italiano offre svariati tipi di carni rosse bovine. La loro provenienza geografica da ogni parte del mondo, ormai, indica sicuramente un grado di maturità e concorrenza commerciale in grado di soddisfare ogni esigenza del cliente. Conoscere le varie differenze legate alla provenienza dell’animale costituisce un’informazione importante per il consumatore medio. Ogni carne proposta sul bancone della macelleria o servita al ristorante ha delle precise caratteristiche.

Iniziamo dalla regina delle carni italiane: la razza Chianina. Le carni del “gigante bianco” sono nell’immaginario collettivo provenienti dall’amata Toscana. Ma non è proprio così. I consumatori spesso confondono il taglio alla fiorentina con la provenienza geografica di quella bistecca. La Toscana appunto. Il disciplinare di produzione della razza pregiata italiana indica però un territorio che dal Veneto scende lungo tutto l’Appennino Centrale passando per l’Umbria fino a toccare la la città di Frosinone. Addirittura per la Chianina sono riconosciute alcune zone nei dintorni di Sassari. La Chianina non è quindi soltanto toscana ed è una scottona, bovino femmina di 24 mesi al massimo e presenta un colore rosso chiaro e con una marezzatura “leggera” e dal bassissimo contenuto di colesterolo.

E la carne danese? La produzione di carni provenienti dalla Danimarca non riesce ormai a fronteggiare più una domanda sempre più insistente e sempre maggiore. Per questo motivo le carni della bistecca danese non provengono necessariamente da questo Paese. Le due più grandi aziende produttrici di carne della Danimarca hanno ormai acquistato allevamenti in Polonia per dare maggior respiro alla continua domanda crescente soprattuto del mercato italiano. Ottime carni anche se la nascita del bovino è dell’area geografica prussiana. Il capo bovino che si presta alla produzione di carne è poi un animale adulto, il colore delle carni è decisamente più scuro della citata chianina e anche la marezzatura arriva fino al livello quattro. Una carne dal gran sapore proprio per la presenza di molto grasso.

Le carni italiane offrono una razza proveniente dalle regioni del nord ovest: la Piemontese. Una carne importante e dalla tenerezza sorprendente data la sua. La provenienza qui è esclusivemente quella della regione di Cavour e questo è quello che lega molto il suo consumo in Lombardia e in Liguria con cui sono storicamente legate. La carne piemontese è quella che più avvicina la fiducia del consumatore per la sua effettiva provenienza: è sempre e solo il Piemonte. Questo dà una percezione quasi perfetta come carne ideale. Non ha alcuna sorta di delusione sull’origine effettiva. Questo senza nulla togliere alle altre carni citate.

Al contrario le carni argentine rispecchiano invece al dettaglio una provenienza spesso diversa e questo non aumenta il grado di fidelizzazione del consumatore perché spesso incontra sapori diversi. Perché? È la carne argentina a essere “diversa”. Ormai il ristoratore propone carni argentine, ma acquista per ragioni economiche tagli provenienti da zone del Sud America come Uruguay e Brasile. Si è “allargato” il concetto di Argentina. E il consumatore non lo sa.



L’importanza dell’informazione d’origine dell’animale
Molte provenienze di carni bovine non vengono bene specificate in macelleria. È il caso di qualche negozio al dettaglio che acquista bovini della Polonia o di altri Paesi europei, ma non informano bene il loro cliente. Preferiscono rassicurare i loro clienti con informazioni esclusivamente di origine e provenienza nazionale. Ce lo vedreste un macellaio offrire una bistecca specificando che il bovino è della Slovenia o della Polonia? Spesso si preferisce mantenere l’esclusività dell’origine nazionale delle proprie carni proposte. Purtroppo succede. D’altronde i macellai rispetto alla grande distribuzione godono già della fiducia del consumatore: l’etichetta è solo una conferma.

Ma bisognerebbe andare oltre. Per questo sarebbe preferibile acquistare carni che vengono vendute “obbligatoriamente” con informazioni che specificano la loro effettiva provenienza. E chiedere sempre il certificato corrispondente. È il caso delle razze italiane, della piemontese, della carni del Nord Europa. Sono carni che vengono proposte con specifiche apposite dal punto geografico e che ne attestano la veridicità. Molte aziende hanno scelto di comunicare con un marketing efficace l’origine dell’animale, creando una vicinanza geografica emotiva. Questo dà maggior sicurezza e identità alle carni.

Così è successo anche per le carni scozzesi, irlandesi e australiane. L’unica carne che rimane più “anonima” è quella di provenienza francese. La troviamo nella grande distribuzione e nelle macellerie al dettaglio, senza una grande campagna di informazione relativa alla provenienza geografica. Negli ultimi anni è stata però avvertita l’esigenza di rassicurare ulteriormente il consumatore italiano già molto aperto all’acquisto del bovino francese. Questo rimarcando il ruolo della Francia sia come principale partner storico italiano sia come Paese dai pascoli molto estesi di alta qualità. È una carne di grande resa, procurando tagli di carne ben maggiori rispetto alle carni finora citate enon necessita di una lunga frollatura.

La provenienza delle carni oggi è diventata così un’informazione molto importante su cui molti produttori e distributori fanno leva per rassicurare il consumatore. L’origine dell’animale non è più una mera informazione obbligatoria come previsto dalle normative europee: è rafforzata da concetti rassicurativi in termini quantitativi (carni a km zero o dal produttore al consumatore) e qualitativi creando curiosità e interesse per un consumo più consapevole e costante.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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