È bipartisan, bisex, libero, infedele come pochi. Lungo, ristretto, macchiato con latte caldo o freddo, corretto con grappa o con panna, freddo o caldissimo, in tazza grande o tazzina, con schiuma o senza, amaro o con zucchero, decaffeinato... Il caffè più che una bevanda è un rito. Si prepara con la classica cuccuma, “alla napoletana” con le tre C (carico, caldo e comodo, cioè sorseggiato con calma), lungo e aromatico “alla turca”, “all’irlandese” con i sapori forti dell’alcol, leggero e trasparente “all’europea”.
In Italia caffè è sinonimo di “espresso”, che è il modo migliore per ottenere dai chicchi di caffè, sapientemente tostati, un concentrato denso e dal sapore pieno. C’è anche chi si vanta di saperlo fare meglio, per aver fatto la migliore scelta delle miscele provenienti da diverse coltivazioni (veri e propri “cru”), e per il tipo di macchina utilizzata.
La nascita dei cafè des artistes
Mentre nelle città arabe si contavano già nel XVI secolo centinaia di Caffè dove gli uomini trascorrevano lunghe ore dediti all’ozio e al vizio del gioco, a fumare tabacco nakhla dai narghilè e bere polvere di caffè infusa divenne una delle attività preferite nei salotti di palazzo dei Sultani, nel vecchio Continente bisognerà aspettare la fine del XVI secolo per consacrare i primi cafè des artistes.
Con la Venezia trionfante nasce il Caffè Florian, primo d’importanza e di fama in Italia e luogo di incontro di delatori e uomini di lettere come Rousseau, Casanova, Foscolo e Stendhal. A Padova il Gran Caffè Pedrocchi ricco di tante appassionanti storie di patrioti e letterati di fama. Firenze deve attendere la nascita del sigaro nazionale prima di entrare in scena con il Caffè Giubbe Rosse che fu rifugio e casa di pittori, scrittori e dei futuristi che si riunivano per interi pomeriggi a bere caffè molto lunghi, quasi sempre corretti con assenzio e anice, accompagnati da biscotti e pasticcini molto piccoli, e dal fumo di un sigaro o di una pipa; mentre il gentil sesso preferiva ancora sorseggiare una tazza fumante di tè con biscottini.
Ménage à trois: sigaro, caffè e correzione
Il caffè non disdegna nemmeno il ménage à trois, ma l’abbinamento di più prodotti differenti è un’operazione molto delicata, con il rischio di rovinare l’accoppiata già perfetta del nostro amato sigaro col caffè. In Italia l’usanza di correggere il caffè ha una tradizione molto antica e diffusa in tutto il territorio. È nell’800, però, che questa abitudine tende a perfezionarsi: si diffonde l’uso di bere a fine pasto un caffè con l’aggiunta di un liquore solitamente a base di anice o un distillato.
I liquori utilizzati per la correzione del caffè sono parecchi e in ogni regione ce n’è uno leader, il cui consumo è particolarmente legato alle tradizioni locali e radicato nell’uso e nelle abitudini della popolazione del luogo. Nell’arco alpino, in particolare in Veneto e in Friuli, la maggior parte delle correzioni vengono fatte con la grappa o acquaviti di uva; oppure nelle altre zone dell’Italia settentrionale spesso viene richiesto il brandy. Tuttavia il liquore giudicato più idoneo per la correzione del caffè e quindi più richiesto soprattutto nell’Italia centrale e meridionale, è l’anice secco. Che l’abbinamento del Varnelli con il caffè sia vincente lo testimonia anche l’abitudine largamente diffusa di miscelarlo direttamente nella tazzina.