Dallo scorso martedì, i ristoratori francesi hanno l'obbligo di introdurre nel menu il marchio “fait maison” (fatto in casa), per indicare tutti quei piatti che sono stati preparati sul posto, rendendo così la clientela più consapevole di ciò che sta mangiando. Si tratta di un bollino con una pentola coperta da un tetto triangolare, che sul menu verrà affiancato a tutti quei piatti giudicati “fatti in casa”.
Come riporta l'Ansa, tra gli addetti ai lavori e tra le associazioni dei consumatori, numerose voci si sono levate per sottolinearne le carenze, in particolare sul fronte del controllo delle materie prime. La polemica nasce dal fatto che il marchio può essere riconosciuto anche a piatti che contengono ingredienti surgelati, già trattati o sottovuoto.
Una modifica rispetto alla proposta di legge originale del governo, introdotta durante il dibattito parlamentare, che secondo alcuni è stata introdotta per placare le preoccupazioni dei giganti dell'industria agroalimentare, settore tra i più proficui dell'economia transalpina.
«Scoprendo il testo del decreto - commenta il critico culinario del del Magazine M, JP Gené - ho capito che i giochi erano fatti, e che le lobby dell'agroalimentare avevano avuto la meglio: tutti i prodotti grezzi congelati potranno finire in un piatto “fatto in casa”. Questa clausula rende la misura un decreto flop».
Dall'altra parte troviamo anche chi ritiene soddisfacente il decreto francese: «Il marchio - dice Stephane Cordier come riportato dall'agenzia France Presse - non risolve tutti i problemi, ma è una battaglia vinta: permette di distinguere i ristoratori che riscaldano roba sottovuoto da quelli che cucinano».