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Corretta conservazione del pesce cruciale per prevenire il “mal di sushi”

Sempre più numerosi i casi di sindrome sgombroide, un’intossicazione alimentare dovuta all’ingestione di prodotti ittici alterati o non opportunamente conservati sia crudi che cotti, che può provocare reazioni allergiche. I ristoratori devono seguire alcune procedure di manipolazione e conservazione

di Valeria Annunziata e Massimo Artorige Giubilesi
05 marzo 2017 | 09:06
Corretta conservazione del pesce 
cruciale per prevenire il “mal di sushi”
Corretta conservazione del pesce 
cruciale per prevenire il “mal di sushi”

Corretta conservazione del pesce cruciale per prevenire il “mal di sushi”

Sempre più numerosi i casi di sindrome sgombroide, un’intossicazione alimentare dovuta all’ingestione di prodotti ittici alterati o non opportunamente conservati sia crudi che cotti, che può provocare reazioni allergiche. I ristoratori devono seguire alcune procedure di manipolazione e conservazione

di Valeria Annunziata e Massimo Artorige Giubilesi
05 marzo 2017 | 09:06
 

Negli ultimi giorni siamo bersagliati da titoli in cui si parla di “mal di sushi”, con riferimento a recenti casi di sindrome sgombroide che si sono registrati nel Comune di Milano. Ma cerchiamo di fare chiarezza arginando eccessivi allarmismi. La sindrome sgombroide, detta anche Histamine Fish Poisoning (HPF), è un’intossicazione alimentare dovuta all’ingestione di prodotti ittici alterati o non opportunamente conservati, sia freschi che cotti, pertanto non coinvolge soltanto prodotti come il sushi. Le specie ittiche maggiormente coinvolte sono: tonno, sgombri, sardine, acciughe, aringhe e altre specie migratorie.

Corretta conservazione del pesce  cruciale per prevenire il mal di sushi

Tale sindrome coinvolge la sgombrotossina che si produce al momento della decomposizione delle carni dei pesci, che per loro natura presentano alte concentrazioni dell’aminoacido istidina. L’istidina è il precursore dell’aminoacido istamina ed è una sostanza fisiologicamente presente nel nostro corpo che viene liberata nel corso di reazioni allergiche.

Anche se il nostro intestino è in grado di inattivare l’istamina di origine alimentare, è presente comunque una tolleranza individuale verso questo aminoacido, tale per cui alcuni individui più deboli tendono a manifestare le tipiche reazioni allergiche. La quantità di istamina in grado di provocare effetti patologici, in soggetti normopeso varia da 8 a 40 mg (lieve avvelenamento), mentre quantitativi oltre i 1.000 mg (per alcuni ricercatori oltre i 4.000 mg) darebbero luogo a disturbi gravi.

I sintomi si manifestano dopo poco tempo dall’ingestione del cibo contaminato (da pochi minuti sino ad alcune ore) e principalmente sono: arrossamento di viso e collo, bruciore a bocca e gola, eritema, prurito, crampi addominali, nausea, crollo della pressione, vertigini, emicrania, fino allo shock anafilattico e alla possibile morte nei soggetti asmatici, cardiopatici o immunodepressi.

Come attuare la prevenzione

  • Informare e formare gli addetti che manipolano questi alimenti con idonei corsi di formazione;
  • Descrivere le procedure di manipolazione e conservazione all’interno del proprio piano di autocontrollo (indicando tempi, usi e procedure igieniche da adottare);
  • Consumare pesce di mare, in particolare tonno e pesce azzurro, fresco (max 36 ore dal pescato);
  • Conservare il pesce alla temperatura del ghiaccio fondente e per tempi ridotti;
  • Stoccare le conserve ittiche aperte (tonno, acciughe, sardine, sgombro) immerse in olio, a temperature di refrigerazione, in contenitori per alimenti dotati di coperchio (mai conservare gli alimenti all’interno di contenitori di latta), utilizzando solo utensili sanificati;
  • Smaltire le conserve ittiche aperte e conservate entro 48 ore dalla data di apertura della materia prima;
  • Le porzioni aperte, ad esempio nelle insalate o nei panini ed esposte al pubblico, all’interno delle vetrine refrigerate durante il servizio, devono essere eliminate a fine giornata;
  • Non congelare prodotti già scongelati;
  • Evitare la pratica della ricolmatura con nuovo prodotto e sbalzi termici di temperatura (lasciando il prodotto aperto a temperatura ambiente per troppo tempo);
  • Archiviare la rintracciabilità del prodotto fino all’esaurimento del prodotto (etichetta originale della materia prima e bolla di consegna del fornitore);
  • Cercare di utilizzare conserve monodose in modo da evitare le rimanenze.

Per informazioni: www.giubilesiassociati.com

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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