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Marchi storici italiani, 3 su 4 all'estero Puntare sulle startup è l'unico rimedio

Crescono gli investimenti delle startup tecnologiche del settore agroalimentare in Europa tanto che dobbiamo ammettere di essere di fronte ad una rivoluzione, ma in Italia 3 marchi su 4 del food sono in mani straniere. La colpa è da ricercare probabilmente in un sistema imprenditoriale ormai superato.

di Giovanni Romito
14 ottobre 2017 | 09:12
Marchi storici italiani, 3 su 4 all'estero 
Puntare sulle startup è l'unico rimedio
Marchi storici italiani, 3 su 4 all'estero 
Puntare sulle startup è l'unico rimedio

Marchi storici italiani, 3 su 4 all'estero Puntare sulle startup è l'unico rimedio

Crescono gli investimenti delle startup tecnologiche del settore agroalimentare in Europa tanto che dobbiamo ammettere di essere di fronte ad una rivoluzione, ma in Italia 3 marchi su 4 del food sono in mani straniere. La colpa è da ricercare probabilmente in un sistema imprenditoriale ormai superato.

di Giovanni Romito
14 ottobre 2017 | 09:12
 

Crescono gli investimenti delle startup tecnologiche del settore agroalimentare in Europa tanto che dobbiamo ammettere di essere di fronte ad una rivoluzione, ma in Italia 3 marchi su 4 del food sono in mani straniere. La colpa è da ricercare probabilmente in un sistema imprenditoriale ormai superato.

L’agricoltura in Europa attira investimenti oltre ogni più rosea previsione e visti i presupposti possiamo dire con buona pace dei presagi di sventura, che stiamo vivendo una vera e propria rivoluzione agricola nel vecchio continente, grazie a due fattori contingenti.

(La storia del cibo italiano va all'estero Puntare sulle startup è l'unico rimedio)

Da un lato l’Europa è l’unico territorio nel quale sussiste un soggetto sovranazionale attivamente occupato nella promozione del settore agricolo e vitivinicolo. Il sistema dell’Unione Europea, per quanto possa prestare il fianco a ragionevoli critiche di vario tipo, ha diritto al riconoscimento di un sistema di raccolta dei fondi e investimento nei territori che ben sta funzionando, oleando a dovere le ruote di un enorme e variegato ingranaggio. Dal Cheddar del Somerset alle cipolle ramate di Montoro, gli agricoltori possono trovare una sponda sicura per fare passi in avanti con la propria attività.

L’altro aspetto positivo è costituito dall’immensa ricchezza e varietà che caratterizza il sistema agricolo continentale, con coltivazioni e giacimenti radicati nei secoli e caratterizzati da un grandissimo riconoscimento a livello mondiale. Questo si traduce in export, facilitato dal supporto di sistemi innovativi di vendita basati sul web.

A supporto di tale visione ottimistica abbiamo dato uno sguardo ai dati recentemente pubblicati dalla piattaforma specializzata di investimenti on line AgFunder elaborati da Thomas Van Den Boezem, manager dell'incubatore d'impresa olandese StartLife, che opera nella filiera agricola e fornisce “grembo” alle startup tecnologiche di settore. Secondo AgFunder le startup tecnologiche europee dell'agroalimentare nella prima metà del 2017 avrebbero assorbito circa il 21% degli investimenti globali, crescendo quindi di 3 punti percentuali rispetto al 2014, con una raccolta di circa 770 milioni di dollari (il secondo miglior risultato dopo l'1,3 miliardi di dollari racimolati nella prima metà del 2015).

In questo scenario l’Italia ahi noi, non gioca la parte del leone come potremmo aspettarci e le cause sono svariate e difficilmente riassumibili in poche righe. Basti sapere che il Paese più attivo nella regione è il Regno Unito grazie a 21 delle 79 startup protagoniste della raccolta finanziaria, questo nonostante il settore agricolo in Inghilterra costituisca solo l’1,4% circa dell’economia nazionale (contro il 24,9% riservato all'industria), praticamente un piccolissimo gioiello dal valore specifico impressionante ma che grazie a Brexit sta sfuggendo di mano all’Unione. Seguono Francia e Germania (9 startup), Irlanda e Italia (8), Olanda (5), Svezia (4) e infine Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Lettonia, Norvegia, Russia, Slovacchia, Spagna e Svizzera (3).

Come mai l’Italia non è “campione di incassi” nell’arena degli investimenti in agricoltura? Molto dipende dal settore imprenditoriale, spesso invecchiato e “in vendita”, ma anche dalla diffusione di incubatori e acceleratori d'impresa, programmi aziendali e sponsorizzati dai governi nazionali. Diciamo che in Italia il secondo fattore non è certo deficitario, se pensiamo alla presenza di importanti soggetti come lo Startupbootcamp FoodTech di Roma e il Seeds & Chips 2017 a Milano.

Forse è il primo fattore che risulta preponderante in negativo e che vede il tessuto imprenditoriale dell’agroalimentare italiano come invecchiato, poco dinamico e soprattutto esposto all’acquisizione dall’estero, in particolar modo per le grandi aziende. Ad avallare questa tesi un dato sconfortante recentemente pubblicato da Affaritaliani.it, ovvero che ad oggi tre marchi storici del Made in Italy alimentare su quattro sono già in mani straniere. Pensiamo al caso di Acetum Spa, il più importante produttore di aceto balsamico di Modena Igp, acquisito da Abf (Associated british foods), oppure alla più recente acquisizione da parte di Royal Unibrew (produttori della Ceres) di Lemonsoda dal Gruppo Campari per 80 milioni di euro, la Pernigotti appartiene ormai al gruppo turco Toksoz, i gelati Grom sono ormai della Unilever, il noto Birrificio del Borgo di Borgorose è della multinazionale AD inBev, la maggioranza del pastificio Garofalo di Gragnano è nelle mani degli spagnoli di Ebro Foods. Gli esempi potrebbero essere innumerevoli ma non arriveremmo lontano.

Visto che le grandi aziende del food soffrono la mancanza di menti e capacità di investire nel futuro e quindi vendono la propria storia, occorre dunque puntare all’innovazione e alle startup per mettere in moto un nuovo meccanismo di crescita e sviluppo del settore, anche con dimensioni ridotte ad altissimo valore specifico (vedi il Regno Unito sopra). Solo così potremmo catalizzare la rivoluzione in atto nel settore agricolo anche in Italia, valorizzando progetti locali innovativi e vincenti.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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