Conte: «Revisione delle sanzioni» Può sbloccarsi l’export verso la Russia

Nel suo primo discorso da Premier, Giuseppe Conte ha parlato di «una revisione del sistema delle sanzioni». Una politica che può interessare da vicino le esportazioni del Made in Italy in Russia . Lo stop delle sanzioni alla Russia vale 3 miliardi di euro di esportazioni made in Italy per ogni anno

05 giugno 2018 | 18:03
 Queste sono andate perse dopo l’embargo deciso da Putin come ritorsione alle misure attivate dall’Occidente.


Giuseppe Conte

Le esportazioni italiane sono scese ad un valore di poco inferiore agli 8 miliardi di euro nel 2017, rispetto agli 11 miliardi del 2013, l’anno precedente all’introduzione delle sanzioni decise dall’Occidente per la guerra in Ucraina nei confronti della Russia. Una mossa che ha fatto scattare l’embargo totale per una importante lista di prodotti agroalimentari con il divieto all’ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia con decreto n. 778 del 7 agosto 2014, più volte rinnovato.

Un blocco dannoso per l’Italia anche perché al divieto di accesso a questi prodotti si sono aggiunte le tensioni commerciali che hanno ostacolato di fatto le esportazioni anche per i prodotti non colpiti direttamente, dalla moda alle automobili fino all’arredamento. Alle perdite dirette subite dalle mancate esportazioni italiane in Russia si sommano poi quelle indirette dovute al danno di immagine e di mercato provocato dalla diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il Made in Italy, dalla mozzarella “Casa Italia” all’insalata “Buona Italia”, dalla Robiola alla mortadella Milano, dal Parmesan alla burrata tutti rigorosamente realizzati in Russia.

«Si tratta - ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo - di un costo insostenibile per l’Italia e l’Unione europea ed è importante che si riprenda la via del dialogo ancora una volta il settore agroalimentare è stato merce di scambio nelle trattative internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale».

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Alberto Lupini


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