Quotidiano di enogastronomia, turismo, ristorazione e accoglienza
sabato 18 maggio 2024  | aggiornato alle 22:14 | 105271 articoli pubblicati

Roero
Salomon FoodWorld
Salomon FoodWorld

Export alimentare italiano in Russia A causa delle sanzioni, perso il 28%

 
25 maggio 2018 | 11:11

Export alimentare italiano in Russia A causa delle sanzioni, perso il 28%

25 maggio 2018 | 11:11
 

Non tanto le sanzioni imposte a Mosca, quanto le controsanzioni russe, quali l'embargo sull'import di carne, pesce e ortofrutta, permettono di calcolare i danni economici subiti dall'export agroalimentare italiano. Si passa da 1.069 milioni di euro prima della crisi ucraina del 2013 ai 768 milioni del 2017.

La differenza, pari a 301 milioni di euro (un'analisi ripresa da Il Sole 24 Ore) non registra comunque solo l'impatto delle sanzioni. «La vera ragione - spiega Niccolò Fontana, primo consigliere commerciale dell'Ambasciata d'Italia a Mosca - del calo dell'export è stata la riduzione della capacità di spesa dei russi in quel periodo».

Vladimir Putin (Export alimentare italiano in Russia A causa delle sanzioni, perso il 28%)
Vladimir Putin (foto: Sputnik Italia)

Crisi economica, quindi, e svalutazione del rublo sono tra i principali responsabili del calo. Quel dato di 301 milioni comprende anche i generi alimentari esclusi dal bando, come caffè e pasta, vini e olio, che hanno mantenuto le posizioni e che ora, con il Sistema Italia concentrato su questi punti di forza, guidano una ripresa.

Andato poi a leggere i dati relativi ai comparti sanzionati, Il Sole dà un'idea del cambiamento negli anni, in una Russia sempre più isolata e chiusa. Ad esempio, latte e derivati, ortofrutticoli freschi: nel 2013 l'export in Russia si aggirava intorno ai 182 milioni di euro, una cifra che tra il 2016 e il 2017 si è invece stanziata vicino allo zero. «Per questi prodotti - sintetizza Fontana - la Russia ormai è un mercato chiuso».

Una via d'uscita c'è, e la suggerisce Ernesto Ferlenghi, presidente di Confindustria Russia: abbandonare la logica dell'andare a vendere e accettare il modello che proprio le sanzioni hanno spinto la Russia ad adottare, vale a dire la produzione in loco. «Deve cambiare la strategia - osserva Ferlenghi - non possiamo restare legati a un modello basato sulla distribuzione».

Qui si vede la differenza con Paesi come la Francia: «Quella francese è un’economia con una struttura simile alla nostra che però, come i tedeschi, ha deciso di abbracciare la cultura della localizzazione». Il primo investitore straniero nel 2017 è stato Auchan, il secondo la tedesca Metro.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
Voglio ricevere le newsletter settimanali


Electrolux
Siggi
Julius Meiln
Italmill

Electrolux
Siggi
Julius Meiln

Italmill
Brita
Molino Spadoni