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Si va verso il no deal: così la Gran Bretagna sarà porto franco del falso Made in Italy

L'allarme della Coldiretti: senza accordo sulle regole con l’Unione europea, in Uk rimarrebbero privi di tutele giuridiche i prodotti italiani a Dop e Igp, che sono il 30% dell’export agroalimentare tricolore .

 
11 dicembre 2020 | 10:50

Si va verso il no deal: così la Gran Bretagna sarà porto franco del falso Made in Italy

L'allarme della Coldiretti: senza accordo sulle regole con l’Unione europea, in Uk rimarrebbero privi di tutele giuridiche i prodotti italiani a Dop e Igp, che sono il 30% dell’export agroalimentare tricolore .

11 dicembre 2020 | 10:50
 

Il no deal come sbocco dei negoziati sulle relazioni commerciali con l'Ue per il dopo Brexit è sempre più probabile, come avrebbe fatto intendere la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, pur non dando percentuali sul successo del negoziato in corso.

La questione, dunque, anche per l’Italia si fa sempre più preoccupante. In particolare, come sottolinea il presidente della Coldiretti Ettore, senza accordo sulle regole con l’Unione Europea, la Gran Bretagna rischia di diventare il porto franco del falso Made in Italy in Europa per la mancata tutela giuridica dei marchi dei prodotti italiani a indicazioni geografica e di qualità (Dop/Igp), che rappresentano circa il 30% sul totale dell’export agroalimentare tricolore.

La Gran Bretagna potrebbe diventare un porto franco di prodotti di imitazione del Made in Italy  - Gran Bretagna verso il no deal? Così volerà il falso made in Italy

La Gran Bretagna potrebbe diventare un porto franco di prodotti di imitazione del Made in Italy 

Gran Bretagna porto franco dei falsi Made in Italy
La Gran Bretagna potrebbe, infatti, diventare un porto franco per l’arrivo di prodotti agroalimentari di imitazione del Made in Italy che nel mondo fatturano 100 miliardi e che vedono tra i maggiori contraffattori gli Usa, con i quali gli inglesi hanno stretto un accordo commerciale, ma anche il Canada e l’Australia che fanno parte del Commonwealth.

Non dimentichiamo il kit per produrre in casa falsi vini italiani
Si tratta purtroppo di un rischio reale come dimostrano le vertenze Ue del passato nei confronti di Londra con i casi della vendita di falso Prosecco alla spina o in lattina fino ai kit per produrre in casa finti Barolo e Valpolicella o addirittura Parmigiano Reggiano. Ma è anche possibile che in Gran Bretagna senza le regole sanitarie dell’Unione Europea arrivino prodotti arrivino prodotti vietati nell’Unione come il pollo al cloro o la carne agli ormoni permessi in Nordamerica.

L’etichetta “britannica” boccia l’85% del Made in Italy
Il rischio è peraltro che si affermi una legislazione sfavorevole alle esportazioni agroalimentari italiane come, ad esempio, l’etichetta nutrizionale a semaforo sugli alimenti che si sta diffondendo in gran parte dei supermercati britannici e che boccia ingiustamente quasi l’85% del Made in Italy a denominazione di origine (Dop), compresi prodotti simbolo, dall’extravergine di oliva al prosciutto di Parma, dal Grana Padano al Parmigiano Reggiano.

In Uk l’export italiano ha raggiunto i 3,4 miliardi di euro nel 2019
Le esportazioni di prodotti alimentari tricolori sono state pari a 3,4 miliardi di euro nel 2019, dopo il vino che complessivamente ha fatturato sul mercato inglese quasi 771 milioni di euro, spinto dal Prosecco Dop, al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti in Gran Bretagna ci sono i derivati del pomodoro con circa 350 milioni di euro nel 2020, con un aumento del 14% in valore nei primi nove mesi del 2020 ma che rischiano di subire l’impatto dei nuovi standard imposti con l’uscita della Gran Bretagna dalle Ue.

Nella filiera del pomodoro introdotta la tecnologia blockchain
Per questo nel primo contratto di filiera pluriennale del pomodoro da industria per il sud Italia tra Princes industrie alimentari e Coldiretti è stata introdotta per la prima volta in Italia la tecnologia blockchain in grado di fissare immutabilmente in un database pubblico tutti i dati relativi al “viaggio” del pomodoro dal campo allo stabilimento industriale.

Nella blockchain sono stati raccolti tutti i dati relativi all’origine del prodotto (tutti gli appezzamenti di terreno coltivati), ai lavoratori assunti per la raccolta e ai macchinari utilizzati nonché i dati relativi al trasporto ed alla trasformazione. Un progetto con la collaborazione della Casaleggio Associati che ha coinvolto 300 aziende agricole, 19 cooperative e 9 Organizzazioni dei produttori per un totale di quasi 3 milioni di quintali di prodotto destinato all’estero dove le grandi catene chiedono il rispetto di precisi standard sanitari, ambientali e di tutela del lavoro contro il caporalato.

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