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Gocce di Tè

Tè cinese, giapponese e italiano: le differenze spiegate da chi lo coltiva in Toscana

di Redazione Italia a Tavola
21 ottobre 2025 | 17:54

Il tè cambia gusto e carattere a seconda del luogo in cui cresce, della cultura che lo interpreta e della mano che lo lavora. Ma può davvero esistere un confronto tra il tè italiano e quello orientale?

Tè cinese, giapponese e italiano: le differenze spiegate da chi lo coltiva in Toscana

Guido Cattolica

Il nuovo episodio di Gocce di Tè, in collaborazione con Italia a Tavola, l’attenzione è puntata su Sant’Andrea di Compito, in provincia di Lucca, dove nasce la prima piantagione di tè italiana, firmata da Guido Cattolica. Un progetto che racconta un’Italia curiosa, sperimentale e capace di far dialogare due universi lontani, unendo artigianalità, territorio e consapevolezza del gusto.

Guido Cattolica e la nascita del tè Made in Italy

L’esperienza di Guido Cattolica nasce dal desiderio di comprendere come il Camellia sinensis possa adattarsi al microclima toscano e restituire aromi del tutto nuovi. Il risultato è un tè che porta con sé le note del territorio, la delicatezza delle lavorazioni e la consapevolezza di un prodotto artigianale e autentico.

Come spiega Cattolica: «È meglio il tè coltivato in Italia o coltivato in Oriente, nei Paesi d’origine? Io direi che vanno bene tutti e due, naturalmente presi nel senso giusto, cioè sono tè che vengono coltivati con un tipo di clima e un tipo di terreno particolarmente diverso l’uno dall’altro. Quello che rende tutti i tè uno diverso dall’altro è il tipo di lavorazione, e questo dipende naturalmente dalle tradizioni e dalle modalità in cui si fa l’operazione».

Dalla Cina alla Toscana: la lavorazione secondo Cattolica

Il metodo di lavorazione è l’anima di ogni tè. In Toscana, Cattolica si ispira ai modelli cinesi, preferendoli a quelli giapponesi per la naturalezza del processo. «Mi ispiro alla lavorazione alla cinese, non alla lavorazione alla giapponese. Si distinguono le due unicamente per quanto riguarda, per esempio, i tè non ossidati - come il bianco e il verde - più che altro per il discorso del trattamento a vapore nel caso della giapponese, e nel trattamento invece a calore secco, più del cinese», spiega.

La scelta del metodo incide profondamente sul profilo aromatico del prodotto, insieme a fattori naturali come piogge, sole e andamento climatico, che influenzano il momento della raccolta. «Ovviamente le piogge, il sole, l’andamento climatico incidono moltissimo anche sul raccogliere», aggiunge Cattolica.

Due mondi del tè, un’unica passione per la qualità

Il confronto tra tè orientale e tè italiano diventa un’occasione per valorizzare due visioni complementari: da una parte la sapienza millenaria dei maestri asiatici, dall’altra la ricerca contemporanea di chi vuole dare voce al territorio italiano. Entrambi condividono la stessa passione per la qualità e il rispetto della natura. «Il tè è un linguaggio universale, capace di unire culture lontane attraverso il gusto e la sensibilità di chi lo coltiva», afferma Cattolica.

Il futuro del tè Made in Italy

La piantagione di Sant’Andrea di Compito è oggi un punto di riferimento per la nascente cultura del tè italiano, un’esperienza che mette al centro la sostenibilità, la cura artigianale e la capacità di interpretare la materia prima con sensibilità e precisione.

Scopri tutto sul tè

Il tè Made in Italy si conferma così un nuovo simbolo del legame tra territorio, clima e cultura, pronto a dialogare con il mondo attraverso un linguaggio universale: quello del gusto.

Per informazioni: www.ferridal1905.com

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