Dal 1° gennaio 2026 la pasta italiana rischia di diventare un prodotto di lusso per il consumatore americano. Alla tariffa del 15% già in vigore, infatti, si aggiungerebbe un nuovo dazio del 91,74%, facendo lievitare l’imposizione complessiva a quasi il 107%. Una stangata senza precedenti, spinta dalla linea dura del presidente Donald Trump, destinata a colpire duramente i produttori italiani e a ridisegnare i rapporti commerciali tra Italia e Stati Uniti.
L’indagine del Dipartimento del Commercio Usa
Tutto nasce da un’indagine del Dipartimento del Commercio Usa, che ogni anno apre un dossier sulle importazioni di pasta dall’Italia, sulla base delle segnalazioni dei cosiddetti petitioners, ovvero aziende americane concorrenti. Stavolta, però, a segnalare pratiche scorrette sarebbero state società oltreoceano controllate in larga parte da gruppi italiani. Il dipartimento, come da prassi, ha scelto soltanto due aziende da sottoporre a revisione completa dei dati di vendita e di costo: La Molisana e Garofalo.

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump
Nel documento ufficiale si legge: «Abbiamo determinato in via preliminare che per il periodo compreso tra il 1° luglio 2023 e il 30 giugno 2024 sussistono i seguenti margini di dumping medi ponderati stimati: La Molisana Spa 91,74%, Pastificio Lucio Garofalo Spa 91,74%, società non esaminate individualmente 91,74%». In sostanza, quindi, l’amministrazione americana ha accusato di dumping non solo le due aziende esaminate, ma anche tutti gli altri esportatori citati nell’indagine, senza ulteriori verifiche dirette.
Le aziende coinvolte e le possibili conseguenze
La decisione finale è stata quella di applicare il dazio del 91,74% a tutti gli operatori coinvolti, da La Molisana a Garofalo fino ad altre realtà come Agritalia, Aldino, Antiche Tradizioni di Gragnano, Barilla, Gruppo Milo, Pastificio Artigiano Cav. Giuseppe Cocco, Pastificio Chiavenna, Pastificio Liguori, Pastificio Della Forma, Pastificio Sgambaro, Pastificio Tamma e Rummo. L’impatto sarà minore per chi produce già negli Stati Uniti, come Barilla, mentre per chi esporta dall’Italia l’intero volume di pasta destinata al mercato americano le conseguenze potrebbero essere pesantissime.

Dumping e tariffe choc: la pasta italiana nel mirino del commercio Usa
Indagini di questo tipo non sono una novità, ma la differenza, questa volta, sta nelle dimensioni del dazio. Negli anni passati, procedimenti analoghi sulle stesse aziende si erano chiusi con tariffe pari a zero o comunque minime, intorno allo 0,5%. L’improvvisa tariffa record appare quindi come un segnale forte, che rischia di trasformarsi in un nuovo capitolo della guerra commerciale in atto.
Le reazioni e lo scenario futuro
A sottolineare al Corriere la gravità della situazione è Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia: «Questo approccio, pur formalmente consentito solo come eccezione, si traduce in una distorsione evidente, perché trasforma un dazio punitivo (e sproporzionato), originariamente destinato a due sole aziende, in una sanzione collettiva sulla scorta di una presunzione assurda». E ancora: «Di fatto con questo strumento Trump interviene mettendo un dazio di oltre il 90% sulle nostre esportazioni di pasta negli Usa che verrebbero di fatto bloccate dal 1 gennaio 2026 perché rese non competitive - aggiunge - ad unico vantaggio delle imprese anche italiane, oltre che di altri paesi, che hanno iniziato a delocalizzare la produzione negli Stati Uniti e che non sempre indicano con sufficiente chiarezza in etichetta la loro produzione non italiana».

Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia
Il colpo, se confermato, rischia quindi di ridisegnare gli equilibri del mercato e di mettere in ginocchio un comparto che negli Usa ha trovato negli ultimi decenni un bacino fondamentale per l’export. Per i pastifici italiani si apre così una partita delicata, che riguarda non solo i conti, ma anche la difesa della propria identità produttiva. «È uno scenario che va scongiurato ed è importante l’azione del Governo, con i ministri Lollobrigida e Tajani, insieme all’Ice - ha rimarcato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini. Dobbiamo difendere e valorizzare la filiera della pasta, negli Usa come in Italia, per non svendere una delle nostre eccellenze simbolo. Le accuse di dumping americane sono inaccettabili e strumentali al piano di Trump di spostare le produzioni negli Stati Uniti».
L’export agroalimentare in frenata negli Usa
Se la nuova tariffa sulla pasta entrerà (forse) in vigore solo dal prossimo gennaio, i dazi già introdotti dall’amministrazione Trump, ricordiamo, hanno iniziato a farsi sentire da mesi. Secondo l’ufficio studi di Cia-Agricoltori Italiani, che ha elaborato i dati Istat, tra gennaio e luglio 2025 l’export agroalimentare italiano verso gli Stati Uniti ha lasciato sul campo circa 600 milioni di euro rispetto allo stesso periodo del 2024. Le spedizioni made in Italy hanno infatti segnato un calo costante in primavera, fino a crollare in estate. Dopo un aprile quasi fermo (+1%) e un maggio fiacco (+0,4%), a giugno è arrivato il primo segno meno (-3%). Poi luglio ha dato la botta più dura, con un -10% sullo stesso mese dell’anno precedente: la seconda flessione consecutiva e la conferma che la frenata non è episodica ma strutturale.
Il confronto con il 2024 rende ancora più chiaro lo scenario. Nello stesso arco temporale, un anno fa, le esportazioni agroalimentari italiane crescevano del 19% annuo. Oggi, nello stesso periodo, ci si ferma a un +3%, con un differenziale che vale quei 600 milioni di euro in meno messi in luce dall’associazione agricola. Anche la bilancia commerciale mostra crepe: Istat segnala che a luglio il saldo è salito appena del 3% rispetto all’anno precedente, una ripresa fragile dovuta più alla contrazione delle importazioni che a un vero rilancio delle esportazioni. Nel luglio 2024, invece, il surplus commerciale saliva del 28%. Un raffronto che dice molto: la corsa del made in Italy negli Stati Uniti si è interrotta, e la prospettiva del super-dazio rischia di trasformare la frenata in una brusca inversione di marcia.