Nella città dell’Amaretto, il dolce di Natale, un po’ fiabesco, si chiama Marmot. Siamo a Saronno, in provincia di Varese, località storicamente associata all’iconico e antichissimo liquore DiSaronno, utilizzato anche nelle preparazioni dolciarie. Ma qui il dolce protagonista delle festività è un altro ed è una sorta di panettone rustico che, a dire il vero, nacque e si diffuse in tutto il basso Varesotto, per arrivare anche nelle campagne tra Milano, Como e Varese.

Il Marmot (del ristorante Il Passerotto di Saronno, Varese)
Le origini del Marmot, dolce povero della tradizione
Le prime tracce della versione più grezza - che si raffinò con il passare del tempo, la disponibilità migliore di ingredienti e l’evoluzione del gusto - risalirebbero alla seconda metà del Settecento, quando il Marmot (o Marmòtt) era un dolce povero della tradizione. In documenti conservati negli archivi del Duomo di Milano è citato come specialità del basso Varesotto. Rustico dolce realizzato con tre farine, di mais, di segale e bianca, si arricchiva con l’aggiunta di mele, fichi e frutta secca. Il nome, secondo alcuni, deriva dalla sua forma tozza e dalla lunga lievitazione che lo rende “pigro” come l’animale in letargo.
Per altri, il termine fu attribuito dal volgo per la sua “durezza”, effetto di quando nelle case il burro era un lusso: quando c’era, lo si utilizzava con estrema parsimonia. Il Marmot nasceva in autunno, con le temperature che ne permettevano una lavorazione lenta, ma non tutti potevano permetterselo già da quella stagione: oltre al burro, anche zucchero e mandorle erano ingredienti costosi e le famiglie più povere, per assaggiarlo, dovevano attendere il Natale, quando arrivava sulla tavola come un dono prezioso. Con il tempo e un maggiore benessere, la sua preparazione si estese e rimase diffusa nelle famiglie locali fino ai primi del Novecento, per poi cadere in disuso.
La riscoperta tra archivi, fornai e memoria locale
È stato riscoperto grazie alla Società Storica Saronnese e al lavoro di studiosi come Vittorio Pini, che ne riportarono la preparazione alla luce attraverso ricettari e iniziative culturali, forti della passione e della bravura di abilissimi fornai, i prestin, che lo hanno prodotto e proposto sino a una quindicina di anni fa. Su tutti, Angelo De Micheli, scomparso di recente. Già nel 1880, nel forno di via San Cristoforo a Saronno, suo nonno lo preparava per gli amici più stretti.

Il libro di Pini e della Storica Società Saronnese che testimonia la storia del Marmot
Angelo ne raccolse l’abile eredità, aggiunse alla preparazione più burro, affinò la tecnica e la trasmise attraverso momenti formativi ad altri fornai e a studenti dell’istituto alberghiero della città, contribuendo a preservare una delle ricette più caratteristiche della tradizione saronnese. Anche pensando alla sua bravura e passione, oggi alcuni locali ne hanno recuperato la ricetta, facendola diventare appuntamento fisso dei menu di Natale.

Il Marmot oggi, tra identità e gusto
Tra tutti, “Il Passerotto”, osteria con cucina di via Roma, che propone piatti di livello anche attraverso un’appassionata e attenta ricerca delle preparazioni lombarde e locali, più tradizionali, proposte poi ai clienti accompagnate da documentazione che ne racconta le origini. Oggi, a differenza del panettone, il Marmot non punta sulla sofficità, ma sulla sostanza e sul gusto deciso, rustico e compatto, che racconta la storia di una comunità e le sue radici, fatta di mani sapienti che impastano ingredienti capaci di regalare un prodotto fragrante e profumato. Perché no, magari accompagnato da un bicchiere dell’iconico amaro, per completare così il viaggio nella città di Saronno.