Nestlé, colosso svizzero dell’agroalimentare, si prepara a rimettere mano a uno dei suoi dossier più delicati e, allo stesso tempo, più appetibili: la divisione delle acque minerali che comprende Sanpellegrino e Acqua Panna. Secondo quanto filtra dagli ambienti finanziari, il gruppo svizzero sarebbe pronto ad avviare la ricerca di investitori (con il fondo francese Pai Partners in pole position), affidando il mandato ai consulenti di Rothschild & Co e confermando così le intenzioni di vendita spifferate a luglio. L’asta, salvo sorprese, dovrebbe partire all’inizio del 2026.

Sanpellegrino e Acqua Panna, Nestlé apre agli investitori
La partita finanziaria e i nomi sul tavolo
Sul tavolo ci sarebbe una valutazione complessiva di Nestlé Waters attorno ai cinque miliardi di euro. Una cifra che ha attirato l’attenzione di diversi fondi internazionali, soprattutto statunitensi. Fra i nomi che circolano con più insistenza spiccano CD&R, che gestisce asset per oltre 80 miliardi di dollari, e One Rock Capital, che conosce già molto bene il perimetro Nestlé avendo rilevato nel 2021 i marchi d’acqua nordamericani del gruppo. Segnali di un interesse concreto, che va oltre le semplici manifestazioni esplorative.
L’ipotesi Pai e il precedente dei gelati
Eppure, riporta il Corriere della Sera, parlando con chi segue da vicino il dossier, il profilo che viene indicato come più credibile, come annunciato in apertura, è quello di Pai Partners. Il fondo francese, ex braccio di investimento di Bnp Paribas, non sarebbe una novità per Nestlé: dal 2013 è già socio al 50% in Froneri, la joint venture dei gelati che controlla marchi come Häagen-Dazs, Maxibon e Coppa del Nonno. Proprio quell’operazione potrebbe diventare il modello di riferimento anche per le acque, con una possibile alleanza paritetica che consentirebbe a Nestlé di restare a bordo, alleggerendo però l’impegno diretto e condividendo rischi e strategie.
Un monopolio (divisivo) nell’alta ristorazione
Sanpellegrino, ricordiamo, è da sempre un brand molto divisivo nel mondo della ristorazione. Sicuramente un prodotto eccellente, altrettanto sicuramente negli ultimi anni di controllo da parte della Nestlè, grazie a potenti campagne marketing, ha assunto un ruolo quasi di monopolio nella ristorazione d’elite.
Le sue sponsorizzazioni prestigiose, dalla Guida Michelin al “50 Best Restaurant”, hanno reso il marchio una sorta di status symbol nelle cucine ad alto livello. Questo, di contro, ha creato una sorta di monopolio dell'acqua bergamasca all'interno del panorama ristorativo di alta gamma. Oramai, infatti, è praticamente impossibile trovare un ristorante nelle prime posizioni delle classifiche internazionali che non utilizzi la celebre acqua della Val Brembana. Il tutto, di conseguenza, a danno di tante altre aziende (e acque) che avrebbero tutte le potenzialità per accedere a quella fetta di mercato.
I numeri tengono, ma i marchi viaggiano a velocità diverse
Intanto, i conti raccontano una situazione più articolata di quanto possa sembrare a prima vista. Tra gennaio e settembre 2025 Nestlé Waters ha registrato ricavi per circa tre miliardi di euro, sostanzialmente in linea con lo stesso periodo dell’anno precedente. Dietro questa apparente stabilità convivono però andamenti molto diversi. Le acque “italiane”, Sanpellegrino e Acqua Panna in testa, hanno messo a segno «una solida crescita», come riconosce lo stesso gruppo, rafforzando la propria posizione sui mercati e continuando a guadagnare quote.

La sede di Nestlé in Svizzera
Di segno opposto, invece, l’andamento di Perrier. Il marchio francese attraversa una fase complessa, zavorrata da «problemi produttivi» e da una reputazione che negli ultimi mesi si è incrinata. Da tempo Perrier è al centro di una controversia legata all’utilizzo di trattamenti vietati per «disinfettare» acque vendute come minerali sul mercato francese. Una vicenda che ha acceso l’attenzione di associazioni di consumatori e concorrenti, sfociando anche in azioni legali. Finora Nestlé ha avuto la meglio in tribunale, ma l’eco mediatica non ha certo aiutato il marchio a ritrovare slancio commerciale.
Non sorprende quindi che, nei mesi scorsi, Nestlé abbia valutato anche l’ipotesi di separare il gruppo Sanpellegrino dal resto di Nestlé Waters, esplorando una cessione mirata. Un’idea che ha perso forza con il passare del tempo, mentre ha ripreso quota la strada di una valorizzazione complessiva dell’intera divisione nel 2026. Una scelta che consentirebbe di presentarsi agli investitori con un quadro più ordinato, ma anche con la possibilità di bilanciare criticità e punti di forza all’interno dello stesso perimetro.
L’Italia centrale per Nestlé
A proposito di Italia, il Bel Paese, ricordiamo, resta uno snodo chiave per il gruppo svizzero, non solo dal punto di vista industriale ma anche economico. Nel 2024 Nestlé ha generato nel nostro Paese 953 milioni di euro di ricavi, a cui si sommano 2,011 miliardi di ricadute indirette e 1,479 miliardi di indotto. Il valore condiviso complessivo arriva così a 4,4 miliardi di euro, circa lo 0,2% del Pil nazionale, secondo uno studio commissionato ad Althesys.

Per ogni euro prodotto da Nestlé nella fase industriale, se ne generano 3,3 lungo l’intero sistema economico italiano. La contribuzione fiscale allo Stato è stata quantificata in 1,4 miliardi di euro. Sul fronte occupazionale, per ogni dipendente diretto la multinazionale stima che vengano attivati indirettamente 11 posti di lavoro, per un totale di circa 60mila addetti, pari allo 0,22% degli occupati in Italia nel 2024. A completare il quadro, 1,3 miliardi di euro di salari lordi e contributi distribuiti lungo la filiera, in crescita del 6% rispetto al 2022. Numeri che aiutano a capire perché la partita Sanpellegrino, oggi, non riguardi solo una cessione, ma un pezzo consistente dell’economia italiana.