È sempre bello avere a che fare con ragazzi giovani e le loro imprese (nel vero senso della parola). Si respira un’energia che fa bene alla voglia di raccontare e selezionare il made in italy. Con Andrea Iannicca, quando le prime volte mi raccontava la sua azienda agricola Le Morre, capitava propria questa sensazione: “una bella persona fa sempre belle cose” diceva il mio nonno.. ed aveva ragione.
Lui è al timone di una perla agricola nel Lazio che ogni anno, seguendo stagionalità, ha l’obiettivo di trasferire la frutta in bottiglia nel modo più naturale possibile. Come sempre, fra un ragionamento e l’altro sui mercati da aprire assieme non posso non fargli alcune domande..
Da dove nasce la tua passione per quest'arte?
La mia passione di lavorare la frutta parte dalla terra anzi nasce proprio dal mezzo con cui la si lavora, trattore, dal vedere una cosa minuscola come un seme diventare albero e dalla soddisfazione di trasformare un sacrificio in un bene.

Andrea Iannicca, titolare dell'azienda agricola Le Morre
Mi racconti di Andrea bambino e del suo rapporto con la natura?
Fin da quando ero piccolo andavo con mio padre nel terreno di famiglia dove attualmente sono le coltivazioni ed il laboratorio. Mio padre svolgendo un altro lavoro si dedicava all’agricoltura nel suo tempo libero; inizialmente con la cura dell’uliveto li presente e di un piccolo appezzamento dedicato all’orto, nel periodo estivo. Tutto ciò a livello familiare e non per la vendita. Lo seguivo con piacere, mi dava un senso di sollievo svolgere quelle piccole mansioni limitate alla forza di un bambino ovviamente. Il momento che preferivo era quando usava il trattore per lavorare il terreno o fare degli spostamenti di materiale; iniziai a metterlo a folle ed accenderglielo per poi, all’età di circa 10/11 anni, fare i primi metri in autonomia fino a prendere confidenza ed usarlo a pieno in tutta l’area. Fortunatamente ho vissuto gli ultimi anni senza tutta la tecnologia che adesso viene messa in mano ad un bambino fin da subito, abitando in un piccolo paese immerso nel verde e non essendo amante, come la maggior parte dei miei coetanei, del calcio; impiegavo il mio tempo libero in mezzo alla natura. Mi faceva stare bene, spensierato, sentendomi utile a qualcosa. Non amavo studiare e quando venivo rimproverato da un insegnante o dai miei genitori, la mia risposta era: “Che me frega tanto io zapperò la terra”. Per l’incoscienza di un pargolo era una risposta di circostanza o di sottovalutazione dell’ambizione. Perché fare il mio lavoro vuol dire avere conoscenze; attorno ad un frutto se fatto a scopo di business c’è un mondo e ti immetti in un ramo scomodo che è il mercato, li non puoi permetterti ignoranza.
In un mercato così veloce ed esigente, oggi, è ancora possibile essere fedeli al concetto di stagionalità?
Oggi purtroppo siamo abituati a trovare qualsiasi cosa in qualsiasi momento, in ambito ortofrutticolo parlo, non curanti spesso del periodo in cui si acquista quel determinato prodotto. Non accorgendoci o addirittura fregandocene da dove arriva e se è stato prodotto, coltivato, in un habitat adatto, consono del suo naturale ciclo oppure stimolato per arrivare al risultato a prescindere. Molte persone stanno cambiando modo di pensare e alimentazione, facendo attenzione alla stagionalità quindi sposano la mia filosofia, mentre ad altri invece scoccia perché vorrebbero soddisfare le proprie voglie in un momento in cui non è disponibile quel frutto.

In Italia, secondo Iannicca, non c’è la cultura del succo di frutta come in altri Paesi
A livello di percezione, il made in Italy non è ancora accostato al valore dei succhi e nettari di frutta: per quale motivo un prodotto italiano di questo genere ha una marcia in più rispetto ai prodotti generalisti?
Secondo me non c’è la cultura del succo di frutta come in altri Paesi dove addirittura vi accompagnano i pasti. Si associa magari alla colazione quando, un succo, per la precisione un nettare artigianale pieno di frutta e non di sottoprodotti fatto in una certa maniera come nel mio caso, non dico che sostituisce un pasto ma sicuramente potrebbe aiutare il nostro fabbisogno calorico quotidiano. L’Italia è il Paese del buon vino, il quale accompagna i nostri pasti che è pur sempre un succo di frutta.
Per un produttore che segue la tua filosofia c'è la necessità di unire il concetto artigianale con l'organizzazione della scala produttiva: quali sono i valori sui quali hai costruito il tuo essere artigiano organizzato?
Si l’organizzazione è una delle cose fondamentali a mio avviso, soprattutto quando l’azienda è familiare ed artigianale quindi molte lavorazioni vengono fatte manualmente. Organizzarsi vuol dire ottimizzare i tempi e non sovraccaricarsi di lavoro, cosa sbagliata che porterebbe ad un cattivo risultato ed anche ad un rischio maggiore di infortuni soprattutto nel campo agronomico quando si usano attrezzi e mezzi. Tornando al discorso di stagionalità, li ci vuole molta organizzazione perché si deve essere pronti nel periodo giusto di abbondanza di un prodotto sia coltivato da noi che da altri produttori; passato quel periodo si rischia di non trovare piu cio che si desidera ad un prezzo anche in linea per la lavorazione. Si deve organizzare il magazzino per garantire al cliente quel gusto per un determinato periodo e non farsi trovare impreparati alle richieste che un'industria soddisferebbe in un batter d’occhio. Per arrivare a questi risultati ci ho messo anni visto che tutto ciò è partito da zero, senza esperienza o troppi consigli da chi sapeva di più.

A Le Morre molte lavorazioni vengono fatte manualmente
Tu da tanto ti occupi di questo settore e sei un punto di riferimento per il tuo territorio: questo mestiere può essere un mestiere nel quale far crescere i giovani e come li otterresti per dare continuità a quest'arte?
Purtroppo mi sto accorgendo che è sempre piu difficile trovare giovani, soprattutto nuove generazioni, che si appassionano a questo mondo. Si pensa sempre a guadagnare con il meno sforzo possibile facendo anche mestieri che non gratificano. Così si sottovaluta il proprio essere e il proprio scopo appiattendosi e ritrovandosi schiavi di una società spesso non sana. La soddisfazione che si ha nel vedere una propria idea realizzarsi, a parer mio, non ha nessun prezzo ne si può quantificare con nessuna moneta anche se i soldi, purtroppo servono per far fronte alle spese ed i costi per mandare avanti l’attività in primis e per noi stessi, riuscendo a vivere dignitosamente.
Cosa ti senti di dire ai giovani coltivatori che saranno i maestri di domani?
Mi sento di dire che il settore che hanno scelto non sarà dei piu facili e sicuramente incontreranno un percorso in salita. In questi ultimi anni soprattutto con il cambiamento climatico che squilibra le stagioni lo è ancora di più e se si pensa al futuro non ne parliamo neanche. Mi sento di dire che tutto il lavoro e le ore che impiegherà non saranno ripagate a pieno, almeno per i primi anni di attività. Non posso negare tutto ciò. Ma mi sento di dirgli anche che tutto viene dalla terra e la scelta che si è fatta è una scelta eroica non da tutti. Se si crede veramente in qualcosa prima o poi arriva, ma se lo si fa per ripiego senza passione non si arriva da nessuna parte. Intraprendere una carriera imprenditoriale non è solo un lavoro ma una scelta di vita, chiediamoci prima di tutto se si è disposti a rinunciare per avere.
Quanto è vero: oggi per i giovani il termine “impresa”, come dicevo all’inizio, assume una molteplicità di significati e sfumature come non capitava da tanto.. ma quando alla necessaria progettualità e preparazione viene accostata anche una sfrenata passione e amore per un mestiere, allora tutto diventa ancora più realizzabile.
[cartiglio_pers]1[/cartiglio_pers]