“Memoria di tartufo, una storia nascosta” è un cortometraggio sul misterioso mondo del magico tubero e sui tartufai di tutt’Italia che raccontano nei rispettivi dialetti le loro esperienze nei boschi e i loro metodi di ricerca. Ognuno ha il suo metodo di “cerca” con l’amico cane (non sempre un lagotto, anche un bastardino può avere un gran fiuto), con il maiale o con i ramoscelli come fa il rabdomante che cerca l’acqua.
Di fronte alla cinepresa raccontano anche qualche segreto: fidarsi dei consigli dei padri e dei nonni, andar per tartufi solo di notte e di nascosto, ricoprire di terra il luogo dove si è “cavato” il tubero perché gli altri non vedano, negare decisamente di averne trovati anche se la bisaccia ne è colma. Se questa attività porta piccole economie integrative in zone rurali, è soprattutto una passione che non ha fine.

I delegati dell'associazione Città del Tartufo
Attraverso la voce del “trifolau” piemontese ma anche di quelli delle Marche o della Sicilia, si comprende il motivo per cui l’associazione nazionale
Città del Tartufo e il centro nazionale studi sul tartufo che ha sede ad Alba abbiano chiesto per questo dono della natura il riconoscimento della “cultura del tartufo” e non per il prodotto se stesso come patrimonio immateriale dell’umanità come quello concesso nel 2010 alla Dieta mediterranea.
Il tartufo quindi al di là della sua valenza gustativa ed economica, diventa elemento fondamentale distintivo della cultura e dell'identità di una comunità e di un territorio, fatta di tradizioni e rapporto dell'uomo con la natura e con gli animali. Per presentare il film e il progetto si sono riuniti a Roma a Palazzo Astaldi i delegati delle città del tartufo con il presidente
Michele Boscagli di San Giovanni d’Asso (Si) e quelli del centro nazionale studi sul tartufo che ha sede ad Alba (Cn). Presenti anche l’ex presidente Giacarlo Picchiarelli e
Antonella Brancadoro, da sempre impegnata sul fronte della tutela e della valorizzazione del tubero.
Antonella Brancadoro
«Un ruolo importante nel progetto per far conoscere il ruolo culturale del tartufo - ha detto Michele Boscagli - lo hanno avuto e continueranno comunque ad averlo i territori delle 13 regioni che rappresentiamo con 53 enti pubblici. Ci sono tradizioni, storie e misteri fin dal ‘400 intorno a questo pregiato prodotto. Di tartufi ne esistono in Italia nove tipologie, e nessuno è più buono dell’altro perché il migliore sta nel palato di chi lo gusta».
Ma anche l’attesa del riconoscimento ha un significato forte. «Vuole dire - ha detto Antonella - che tutta l’Italia ha riconosciuto la cultura del tartufo come patrimonio comune. Con questa richiesta abbiamo spostato l’attenzione del pubblico da un prodotto famosissimo che non ha più bisogno di essere promosso a prodotto culturale. Non possiamo rischiare di perdere un patrimonio di saperi orali ma dobbiamo trasmetterli perché e senza questi saperi non avremmo il prodotto domani. Siamo anche riusciti ad aggregare molti territori sulle cose comuni e su quelle che li dividono che ora, messe a valore, fanno parte della ricerca dei Granai della Memoria dell’Università di Pollenzo». Immancabile e desiderata, alla fine dell'evento, la degustazione di piatti tipici a base di tartufi abbinati ai vini delle 13 regioni a vocazione tartufigena.