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Sott'olio, sotto aceto o in salamoia I capperi valorizzano i piatti più semplici

Piera Genta
di Piera Genta
11 giugno 2016 | 11:13

Ama il sole e l'ambiente caldo e asciutto e cresce nelle crepe dei vecchi muri. Il cappero, una piccola gemma, importante componente che arricchisce la cucina mediterranea. La pianta dei capperi, nome scientifico Capparis Spinosa, appartiene alla famiglia delle Capparidaceae, ha foglie carnose e tondeggianti, fiori molto appariscenti con colori che vanno dal bianco al rosa e delicati riflessi violacei, molto odorosi. Sono delle gemme floreali, non ancora aperte e diventate fiori, debbono essere raccolti il prima possibile, hanno un aroma forte e penetrante. Notevoli le proprietà diuretiche, toniche e digestive. Riferimenti al suo uso, sia alimentare che medicinale, si trovano nella Bibbia, negli scritti di Dioscoride, Ippocrate, Teofrastro, Aristotele e Plinio il Vecchio.



La raccolta dei bottoni floreali avviene tra fine di maggio e i primi di settembre, esclusivamente a mano, prima che sboccino e diventino inutilizzabili per usi gastronomici. Una volta raccolti vengono messi a maturare sotto sale marino, un passaggio obbligato in quanto allo stato fresco sono amari e di gusto sgradevole. Anche le foglie giovani, dopo essere state cotte, possono venire consumate in insalata. La loro classificazione avviene tramite le dimensioni ed è curioso constatare come quelli più piccoli siano considerati i più pregiati.

Con valore energetico molto basso, contengono sodio in grande quantità, calcio, rame, magnesio ed alcune vitamine. Il frutto, di sapore simile al cappero ma più delicato, è detto cucuncio o capperone, si consuma crudo ed accompagna gli stuzzichini dell’aperitivo, è più raro e più costoso. Entrambi si trovano in commercio sott'olio, sotto aceto o in salamoia. I capperi migliori sono quelli conservati sotto sale marino grosso; questo metodo di conservazione garantisce il mantenimento delle caratteristiche organolettiche senza ricorrere agli additivi invece aggiunti ai prodotti sott'aceto.

Protagonisti indiscussi nella pizza napoletana e in quella alla siciliana, è fondamentale anche nella preparazione degli spaghetti alla puttanesca, della salsa verde e del pesto “pantesco”, insieme a pomodori, origano, acciughe ed olive nere. Pregiati i capperi di Pantelleria Igp dal 1996, specie botanica Capparis spinosa, varietà Inermis, cultivar Nocellara. L’origine vulcanica del terreno conferisce loro un gusto particolare che non è rintracciabile in nessun’altra parte del mondo.

Rinomati anche quelli di Salina nelle isole Eolie, a nord della Sicilia, presidio Slow Food. Da sole, queste due isole coprono circa il 95% della produzione nazionale con i loro circa mille ettari. L'Italia negli ultimi quindici anni ha potenziato molto questa coltivazione nonostante la forte concorrenza della Spagna (con i suoi circa 2.600 ettari) e di diversi paesi africani soprattutto del Marocco (con più di 4mila ettari) che riescono ad ottenere un prodotto a minor prezzo anche se meno pregevole. Il cappero è coltivato industrialmente nella Costa Azzurra, alle Bocche del Rodano.

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