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Contro recensioni false e diffamatorie la soluzione è sporgere querela

I casi di recensioni online non veritiere o addirittura diffamatorie, con la protezione dell’anonimato, non accennano a diminuire. Per contrastare il sistema TripAdvisor il consiglio è procedere sempre per vie legali, sporgendo querela o, se il caso lo richiede, proponendo una nuova azione avanti all’Autorità garante

di avv. Luca Bellezza
22 giugno 2016 | 10:20

Il fenomeno dei siti specializzati in recensioni su strutture alberghiere che tanto ha fatto scalpore nei mesi scorsi, lungi dall’essersi affievolito, sta, al contrario, portando alla ribalta nuove e più complesse problematiche. Sempre più numerosi sono, infatti, i titolari di esercizi che chiedono soddisfazione dopo essersi visti lesi da recensioni false, se non diffamatorie.

Non solo. Recentemente è emersa un’ulteriore questione, quella concernente l’arbitraria retrocessione delle strutture, nelle classifiche presenti in tali siti, senza che si diano mai motivazioni di queste scelte. Apparirà quest’ultima, forse, una problematica di poco conto per chi non conosce la tematica, eppure in settori dove ormai la scelta del consumatore è fortemente influenzata dalla moda “recensionista” della rete, venire riposizionati di molte posizioni rischia di comportare anche grosse perdite di carattere economico.



Per non parlare poi dell’acclarata presenza di agenzie il cui unico ruolo è quello di prefabbricare, naturalmente in cambio di denaro, recensioni molto positive. Tutto questo è ancor più aggravato, poi, dal protrarsi della mancanza di una normativa di settore, così come per qualsivoglia tematica legata alla “brand reputation”, capace di dare adeguate risposte. Occorre allora poter comprendere, in questo scenario, quali possano davvero essere i mezzi di tutela.

Naturalmente occorre in primis distinguere tra recensioni propriamente diffamatorie e recensioni che contengano giudizi comunque non veritieri. Il consiglio che si dà, ogni qual volta ci si trovi di fronte a contenuti diffamatori, tesi a screditare l’immagine della struttura e del titolare, è quello di procedere a sporgere querela.

Senonché ci si trova il più delle volte di fronte allo scoglio di commenti postati da utenti la cui identità è ignota e che si avvalgono di un nickname creato appositamente all’uopo. Tacciamo, peraltro, il fatto che l’anonimato sia fortemente difeso dagli stessi proprietari di tali siti i quali, proprio in ragione di una tale politica tesa alla tutela del diritto alla privacy dei propri utenti, hanno previsto espressamente nel proprio regolamento di non fornire mai, a terzi, gli indirizzi mail dei recensori, fatta eccezione solo per i propri partner commerciali.

Non solo. Vi è un’evidente aggiramento della normativa nazionale in materia di privacy, laddove si cita la struttura alberghiera e/o ristorativa indicandone magari tutti i riferimenti più stretti, ivi compreso le generalità del titolare, senza che vi sia stata alcuna precedente richiesta di liberatoria scritta a tale scopo.

Ma laddove non vi siano contenuti diffamatori e si tratti invece di contenuti non veritieri? Spesso e volentieri, il commento falso è capace di produrre ancora più danni, perché maggiormente capace di alterare la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole. Si è detto poc’anzi come ormai, piaccia o meno, il comportamento dei consumatori sia troppo spesso influenzato nella lettura delle recensioni presenti su tali siti. Ed allora, forse, varrebbe la pena riconsiderare l’ipotesi di una nuova proposizione di ricorso all’Autorità garante della concorrenza e del mercato per pratiche commerciali scorrette.



Molti ricorderanno come l’Autorità nella primavera del 2015, a seguito di un ricorso promosso da Federalberghi, avesse sanzionato con una rilevante sanzione pecuniaria TripAdvisor. Senonché il Tar del Lazio ha annullato quella importante ed in qualche modo storica decisione, ritenendo tra l’altro che, con riferimento all’ingannevolezza delle informazioni, la presenza nel sito di una serie di indicazioni circa la corretta modalità di utilizzo delle stesse potesse far intendere chiaramente cosa l’utente medio dovesse aspettarsi dalla navigazione.

Chi scrive ha ritenuto fin dall’inizio tale decisione errata e fuorviante rispetto ai temi prospettati con quel ricorso. Il protrarsi dei medesimi problemi, anzi, addirittura il loro aggravarsi, ne è solo un’evidente conferma.

In tutta chiarezza, pertanto, riproporre una nuova azione avanti all’Autorità garante Antitrust, anche e soprattutto alla luce della dimostrata fallacità delle argomentazioni addotte dal Tar, è, a parere di chi scrive, ad oggi l’unico orizzonte capace di poter, finalmente, dare giustizia a chi ha visto troppe volte, ingiustamente, messa alla berlina la propria professionalità.

Per informazioni sull'iniziativa #NoTripAdvisor di Italia a Tavola contro le false recensioni, l'anonimato e le classifiche tarocche, CLICCA QUI.

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