Pentole Baldassare Agnelli e Popolo Hotellerie insieme a Termoli (Cb) per un progetto ambizioso. Le due aziende - con diversi punti di contatto nella loro storia d’impresa - hanno dato vita l’11 e 12 luglio scorsi ad una sinergia professionale.
Oltre sessant’anni di storia, 1.800 mq e circa 10mila referenze fanno di Popolo Hotellerie uno dei più grandi punti di riferimento per il settore alberghiero e per la ristorazione professionale di tutta la costa adriatica. Un piano ambizioso reso possibile dall’esperienza di più generazioni che collaborano insieme, dalle professionalità che vi lavorano fornendo ai clienti assistenza tecnica e specializzata, dai prodotti innovativi grazie al rapporto diretto con le aziende produttrici.

E se l’occasione è stata l’inaugurazione di un nuovo punto vendita di forniture alberghiere e per la ristorazione della famiglia Popolo, con Pier Luigi in prima fila, al centro della due giorni un vero e proprio “corso di aggiornamento” per i professionisti del settore.
Pentole Agnelli, che da anni veste i panni di “docente” all’interno di Saps Agnelli Cooking Lab, centro di ricerca e formazione sugli strumenti di cottura, è arrivata a Termoli a bordo della propria Apecar #NONTOCCATEMILAPADELLA per un incontro di approfondimento per chef e gourmad. A tener lezione dall’alto dell’Apecar è stato lo chef Chicco Coria. L’evento organizzato da Popolo Hotellerie e Pentole Agnelli ha visto la collaborazione della Fic-Federazione italiana cuochi nelle figure dei tre presidenti: Vittorio Sallustio, presidente dell’Unione Cuochi Molisani, Andrea Di Felice, presidente dell’Unione Cuochi Abruzzesi, e Michele D’Agostino, presidente dell’Unione Cuochi Pugliesi.
«Attraverso il Manifesto #NONTOCCATEMILAPADELLA - spiega Livio Piffari, direttore commerciale di Pentole Agnelli - che ancora una volta caratterizza i nostri eventi e quelli dei nostri partener, il brand bergamasco si fa promotore e ambasciatore di una filosofia industriale ben chiara. Lavorare in stretta collaborazione con gli chef ci permette infatti di realizzare strumenti di ultima generazione, studiati per le esigenze di una cucina moderna, sempre in divenire. La padella e l’atto dello spadellare contraddistinguono l’italianità in cucina e, attraverso lo strumento, ne tutelano proprietà, sapori e tradizioni».
Importanza della formazione
«Conoscenze in merceologia, in tecniche di cottura, in alimentazione, in tecnologie applicate e non per ultimo una grande manualità: direi che la formazione è oggi alla base del mestiere, permette ad uno chef di differenziare le sue proposte culinarie», spiega Michele D’Agostino.
Dello stesso parere anche Vittorio Sallustio, che aggiunge: «Formazione che va di pari passo non solo con lo studio ma anche con la ricerca, quasi in un rapporto di osmosi».
«Il continuo aggiornamento ci permette di essere professionalmente contemporanei, al passo con i tempi», interviene Andrea Di Felice. Alle conoscenze e alle competenze subentra inevitabilmente l’etica. «La cucina è un ambiente che supera la visione classica», afferma, e con licenza poetica spiega: «La paragono alla stanza dei bottoni in cui si materializza l’esercizio della professione del cuoco. Del resto sull’etica di basa la credibilità di ogni professionista».

Vittorio Sallustio, Andrea Di Felice e Michele D’Agostino
La cucina, si sa, è un’arte. Per essere degli artisti ai fornelli è impossibile non mettere in campo l’estro. «È tutto finalizzato ad un nuovo piatto - racconta Di Felice - padroneggiare la tecnica permette alla fantasia, ma soprattutto al genio, di dar forma, sapore, profumo e palatabilità alla creazione».
Francia, Belgio, Lussemburgo, Taiwan, Giappone, Cina, India, Canada, New Zeland, Paesi Arabi... è lunga la lista dei Paesi in cui lo chef Michele D’Agostino ha esportato, per formazione e promozione, la cucina italiana e non ha dubbi, sul biglietto da visita della nostra tradizione gastronomica potrebbe esserci scritto “Cibi poveri rivisitati e presentati con tecniche moderne”. «Abbiamo 20 tradizioni regionali, tutte alla base hanno piatti poveri, sta a noi dar loro lustro oggi attraverso tecniche moderne che ne enfatizzino sapori, colori e gusto».
A dargli man forte arriva lo chef molisano Sallustio: «Il nostro Belpaese gode di una biodiversità unica che caratterizza le produzioni e influenza i piatti. Si tratta di un’indiscussa ricchezza, tra l’altro invidiata». «Per non parlare della sensibilità di chi queste tipicità le sa valorizzare», interviene il giuliese Di Felice.
Un sguardo alla professioneI tre chef rivestono un incarico importante, rappresentano, da presidenti regionali della Federazione, i cuochi della loro terra. Colleghi autorevoli per gli chef consolidati, ma un vero e proprio faro per gli chef di domani. Abbiamo chiesto loro di spiegare proprio alle giovani generazioni il movimento che c’è dietro al Manifesto
#NONTOCCATEMILAPADELLA ideato e promosso da Pentole Baldassare Agnelli. Ecco i loro messaggi.
Michele D’Agostino: «I ragazzi devono imparare che nella cucina di qualità non ci sono solo testure e molecole. La cucina va fatta con l’utilizzo di strumenti studiati e realizzati per sfruttare al massimo le fonti di calore, la qualità delle derrate utilizzate, la maneggevolezza dello strumento. Requisiti di cui Agnelli si è fatto carico e ambasciatore nella sua produzione professionale».
Andrea Di Felice: «Cuocere significa sapere. A queste banale equazione affido il mio messaggio di professionalità di un cuoco. Conoscenza quindi anche degli strumenti di cottura al quale corretto utilizzo è affidata l’impeccabile esecuzione di una ricetta».
Vittorio Sallustio: «Umiltà, rispetto, lungimiranza. La professione del cuoco è plurisettoriale e multidisciplinare. Del resto - e cito Joyce - “Dio fece il fuoco, ma il diavolo ha inventato i cuochi”. Il fuoco, oggi dobbiamo dire calore, in qualsiasi modo esso sia prodotto, è l’elemento necessario per quasi tutte le preparazioni. Elemento importantissimo è tutto ciò che viene posto fra la fonte di calore ed il cibo da cucinare. Quindi: il materiale, la forma e la capienza sono i presupposti essenziali che caratterizzano lo strumento utilizzato per ottenere il miglior risultato possibile valorizzato, ovviamente anche dalla tecnica».

Di seguito i profili professionali dei tre presidenti regionali Fic.
Michele D’Agostino, presidente Unione Cuochi PugliesiClasse 1956, Michele D’Agostino mette per la prima volta le mani in pasta nella cucina di casa, spadellando all’ombra della mamma. E quando dalle pesanti padelle in ferro è passato alla cucina della scuola alberghiera non ha perso tempo: ecco che dai suoi fornelli vengono fuori gnocchi di patate saltati in padella con una salsina di pomodoro e basilico. Ingredienti che gli sono rimasti nel cuore, tanto che nella sua dispensa non mancano mai pomodorino fresco e profumato, un ottimo olio extravergine di oliva e, perché no, dell’ottimo pesce fresco di pescato. Quale il suo profumo preferito? I profumi di cottura che lo inebriano e lo innalzano ad un guerriero. Tutto in cucina passa attraverso lo strumento di cottura, ma su tutti Michele preferisce la padella. Perché? «Perché con la padella riesco a dare dei sapori più centrati e vivo una cucina immediata e fresca». Il resto è spettacolo.
Andrea Di Felice, presidente Unione Cuochi AbruzzesiBrodo vegetale, salsa di pomodoro, ragù. Chef Di Felice si è presentato alla sua brigata partendo dall’ABC. Di più, oltre 16 anni fa ha scelto di dotare la sua cucina di un abecedario culinario: “Come scrivere una ricetta in modo professionale”. Sarà perché tutto ha inizio dalle basi, anche in cucina, che lo chef giuliese non è mai sguarnito di farine. La cucina è un mix di saperi e sapori, da queste alchimie nascono inebrianti profumi. E se chiedi allo chef quale sia il suo preferito, risponde «il profumo di armonia», come a suggerire la buona riuscita di un piatto. O ancora più di un intero menù in preparazione. Forno e padella sono la coppia di strumenti di cottura dei quali Andrea non può fare a meno. Ma tutto rigorosamente di ultima generazione. Perché? Permettono rifiniture performanti.
Vittorio Sallustio, presidente Unione Cuochi MolisaniEntra in cucina con diploma in mano. In modo del tutto casuale, da autodidatta. Alle spalle una lunga tradizione contadina attraversata da una passione innata per la cucina tipica. Che dire, storia e territorio finiscono nei suoi piatti. La sua prima ricetta? Persa nel tempo, rimasta impressa nella memoria dei commensali. E se la regione che gli ha dato i natali è di un verde argentato vien da sé che nella sua dispensa non possano mancare l’olio evo e, la tradizione contadina lo impone, la farina di cereali. Un profumo su tutti? Erbe aromatiche. Basilico e menta d’estate. Rosmarino, timo e origano per ogni stagione. Casseruola, tegame, padella... lo chef Sallustio non predilige uno strumento in particolare ma, e ci tiene a dirlo, è geloso di ogni strumento di lavoro che compone la sua cucina.