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Denominazioni comunali da 20 anni Un'idea di Veronelli e Lagorio

Renato Andreolassi
di Renato Andreolassi
01 febbraio 2019 | 10:26

La De.co festeggia vent'anni di vita. La Denominazione comunale era nata nel 1999 dal cuore e dal cervello del vulcanico bergamasco Luigi Veronelli. A seguirlo, più perplesso che convinto, il bresciano Riccardo Lagorio.

Lagorio oggi è il maggior esperto di questo settore. Già nel 2002 ne aveva stilato un primo regolamento e poi giorno dopo giorno, passo dopo passo ne ha visto la crescita fino all'esplosione odierna. In tutta Italia se ne contano oltre 400. Solo Wikipedia ne cita più di 350 sparse fra gli oltre 8mila piccoli e grandi paesi.

(Denominazioni comunali da 20 anni Un'idea di Veronelli e Lagorio)
Il salame cotto di Quinzano

«Adesso però - ci dice Lagorio - è giunto il momento di darsi una regolata. Il riconoscimento non è un trofeo da appiccicare su qualsiasi prodotto agrolimentare. Ci sono dei requisiti tecnici e scientifici da rispettare e delle norme giuridiche ben chiare. Le accademie a difesa dei prodotti tipici che nascono come funghi sanno molto di stantio e sono da prendere con le molle».

Lagorio precisa che per ottenere la De.co., dopo l'adozione dell'apposita delibera con un preciso percorso storico e culturale da parte del consiglio comunale interessato, il documento deve essere sottoposto alla definitiva approvazione del ministero dello Sviluppo economico. Solo dopo questo ultimo timbro governativo si potrà parlare a tutti gli effetti di riconoscimento De.co per un prodotto agroalimentare.

Per curiosità siamo andati, sempre sui Wikipedia, a controllare quante sono le denominazioni comunali in provincia di Brescia: una quarantina su 206 enti locali. Troppe! Alcune davvero farlocche e al di là del bene e del male. «Quelle riconosciute dal Ministero - ricorda Lagorio - sono solo sette». Il chisulì, un dolce di Passirano; il fatulì - formaggio - di Cevo; il salame cotto di Quinzano; a Ponte di Legno 'il gnoc con la cuà (gnocco con la coda); a Barbariga il casoncello Bariloca; e ancora la sopressa di Marone e infine, lo spiedo di Serle.

È in fase di riconoscimento anche la tinca al forno di Clusane sul lago d'Iseo. Tutto il resto, ricordatevelo, è "fuffa", o meglio, buoni - a volte discreti - prodotti locali che nulla hanno a che vedere con la De.Co. Per legge, è un importante riconoscimento ad un prodotto in genere strettamente collegato al territorio e alla sua comunità, senza alcuna sovrapposizione con le denomiazioni di origine vigenti. Davvero tradizionale e tipico.

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