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Virus, fuga da hotel e ristoranti A rischio anche le esportazioni

Continua il momento nero sia per le attività gestite da cinesi, che per gli alberghi, ai quali tanti turisti (anche non asiatici) si stanno rivolgendo per disdire le prenotazioni. Federalberghi Roma lancia l’allarme. Intanto a Milano la comunità si è mobilitata, organizzando un pranzo in via Paol Sarpi, per sostenere i locali etnici della città.

03 febbraio 2020 | 11:33
Virus, fuga da hotel e ristoranti 
A rischio anche le esportazioni

Il coronavirus continua a fare paura: bloccato il flusso di turisti provenienti dalla Cina, in tanti stanno rinunciando alle loro vacanze nel nostro Paese per paura di un contagio. Timori infondati, che però si stanno estendendo a macchia d’olio, con ripercussioni ancora imprevedibili, ma senz’altro molto gravi. La prima organizzazione a fare un conto approssimativo delle perdite è Federalberghi Roma, che ha quantificato in 500 milioni di euro le perdite per gli alberghi della Capitale.

Turisti in fuga dagli alberghi (Virus, fuga da hotel e ristoranti A rischio anche le esportazioni)

Turisti in fuga dagli alberghi

«Facendo un paragone con quello che è successo con la Sars - dice il presidente Giuseppe Roscioli - e stimando che questa situazione possa durare sei mesi, la perdita per gli hotel romani potrebbe ammontare a non meno di 500 milioni». Federalberghi ha dato il via a una raccolta di fondi tra gli associati per coprire, almeno in parte, le prenotazioni perse.

Intanto a Milano la comunità si è mobilitata nel fine settimana per sostenere le attività dei cittadini stranieri: centinaia di milanesi si sono dati appuntamento in via Paolo Sarpi, nel cuore del quartiere cinese, per un pranzo collettivo a base di specialità cinesi e asiatiche, contro proprio la psicosi che in queste ultime settimane sta svuotando i locali non solo nel capoluogo lombardo, ma un po’ in tutta Italia.

E a rischio c’è anche l’export italiano in Cina. Dopo aver fatto segnare il record storico nel 2019 per un valore stimato in 460 milioni di euro, con un aumento del 5% grazie alla progressiva apertura del gigante asiatico a stili di vita occidentali, l’inizio del 2020 rischia di far segnare una brusca frenata, proprio a causa delle paure legate al coronavirus. «I vincoli ai trasporti per cercare di contenere il contagio - sottolinea la Coldiretti - si stanno riflettendo anche sulla logistica delle merci con incertezze e ritardi che impattano sugli scambi commerciali. A pesare sono anche i limiti agli spostamenti interni dei cittadini cinesi che cambiano le abitudini di consumo soprattutto fuori casa».
 
A pagare un conto salato rischia di essere dunque il Made in Italy a tavola con il vino che è il prodotto tricolore più esportato in Cina per un valore stimato dalla Coldiretti in 140 milioni di euro nel 2019. La Cina per effetto di una crescita ininterrotta della domanda è entrata nella lista dei cinque Paesi che consumano più vino nel mondo ma è in testa alla classifica se si considerano solo i rossi.

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