Siete mai andati a trovare un parente o un conoscente o un amico che abita in campagna? Sicuramente dopo aver fatto quattro chiacchere spunta, come d’incanto, un tagliare con del pane e del formaggio e degli affettati e dei sottoaceti, sicuramente arriva una brocca con del vino. Insomma una merenda, per continuare allegramente a stare in compagnia. Bene, nel profondo nord/est, noi questo lo possiamo fare tutti i giorni. Non in questo periodo, ma poi vi racconteremo come gli autoctoni hanno ovviato al problema.

L'osmiza si riadatta alle norme decise per l'emergenza Covid-19
Possiamo andare in osmiza, che non è altro che l’abitazione privata dei contadini del Carso, sia italiano che sloveno. Le osmize non hanno nome, ma si dice “è tanto che non andiamo a trovare, per esempio, Stanko Milic, sai quando apre?”. Sì, perché le corti delle case carsiche vengono aperte una o più volte all’anno, per un periodo che va dai 15 al 30 giorni, secondo un calendario deciso autonomamente da ogni frazione del Carso.
Le Osmize sono un retaggio storico e culturale che sopravvive dai giorni di Carlo Magno sino a oggi, sono le antesignane degli agriturismi. Un ordinanza medievale prevedeva la possibilità di vendere direttamente il vino ai viticoltori del Carso esente da dazi, con l’esposizione di un ramo di edera, chiamata frasca. Fu Giuseppe II D’Asburgo nel 1784 a legittimare l’usanza, decretando che tale diritto durasse otto giorni, da qui il nome. Infatti osem significa otto e da questo osmiza.
Oggi i giorni sono diventati 15 e anche 30, oltre al vino sfuso
si possono mangiare i prodotti rigorosamente home made come salumi, sottoli, sottoaceti, pane. Per i formaggi c’è una deroga, deve essere prodotto in Carso.
È stato anche lanciato un contest Facebook, che raccoglie le migliori foto sotto l'hashtag #osmizainpergolo
In osmiza ci vanno tutti, poveri e ricchi, giovani e vecchi, uomini e donne... insomma, tutti. In osmiza ci si siede in corte, anche in inverno se c’è anche un timido sole, oppure in sale riscaldate da stufe in maiolica. I tavoli sono grandi e comunitari. Ci vanno gli anziani di paese a bere un bicchiere e a giocare a carte, ci vanno i ragazzi a far merenda, ci vanno le famiglie con i piccoli che possono giocare senza disturbare nessuno, ci vanno i camminatori dopo la passeggiata, ci vanno gruppi di amici che con chitarre e fisarmoniche fanno festa, ci vanno sia i cittadini che i carsolini. Insomma in osmiza ci van tutti. In osmiza non ci sono piatti e posate, basta un tagliere e uno stuzzicadenti e ovviamente un bicchiere. I vini sono semplici, tipici, domaci (da dom che significa casa). Terrano e Vitovska,
i due autoctoni della zona, scorrono a fiumi.
Ma per quale motivo vi raccontiamo tutto questo? Perché ora
con le restrizioni dovute all’epidemia da coronavirus in osmiza non si può più andare. Siamo tutti chiusi in casa. Ma ai triestini non puoi togliere la loro istituzione forse più importante. E allora si sono arrangiati. Hanno creato
#osmizainpergolo (pergolo significa poggiolo/balcone/terrazza). Imbandire un tavolo all’aperto con i prodotti tipici e la freccia rossa come da prassi. Ne è nato un contest, da parte del sito
www.osmize.com, con tanto di regole scritte.
Gli abitanti del Carso (italiano e sloveno) adeguano le loro abitudini alle restrizioni
Queste le regole per la propria osmiza in pergolo/giardino:
1. Obbligatoria freccia rossa e frasca, anche "creative" (di cartone, frasche coi gerani... sbizarritevi!)
2. Obbligatorio vino rosso o bianco ma va bene anche acqua, l'osmiza è democratica
3. Obbligatori affettati e/o ovi duri e/o formaggi e/o olive/sottaceti e/o almeno un toco de pan dei! No pastasuta o robe che no centra!
4. La foto (una sola a partecipante!) va postata
sul gruppo facebook "Osmiza" (dove sennò?). Hashtag: #OSMIZAINPERGOLO
5. Le cinque foto con più like (o faccine, o cuoricini, insomma con più quei) sul gruppo facebook al termine della "quarantena" vincono una copia del libro "L'osmiza sul mare", e in più: tutte le foto saranno pubblicate anche su
osmize.com, dove resteranno in ricordo di questo periodo.
Come si suol dire, far di necessità virtù.