Con l'avvento del nuovo anno per gli allevatori italiani è possibile applicare un'etichetta, con apposita dicitura, sugli alimenti che derivano da pratiche virtuose in termini di benessere animale ossia «prodotto da allevamento sostenibile». Ad autorizzare l’insegna sarebbe il decreto ministeriale del 30 novembre scorso, che sostituisce quello del 4 marzo 2011 sulla regolamentazione del sistema di qualità nazionale zootecnica, a sua volta riferito al regolamento Ue 1974 di cinque anni prima. Come riportato, il decreto esiste, ma non le etichette poiché per poter ottenere il bollino di qualità, di fatto, occorrono enti certificatori autorizzati a rilasciarle ed un disciplinare che stabilisca i requisiti per la certificazione. Ma questi non esistono e la strada sembra in salita.

Solo il 9% degli allevamenti italiani si fregia della dicitura Igp
Il punto di Chiara Caprio e gli obiettivi degli allevatori
Chiara Caprio, responsabile delle relazioni istituzionali di Essere Animali, ha fatto il punto della situazione ai microfoni de Il Sole 24 Ore: «Per quanto riguarda il decreto sul Sistema qualità nazionale zootecnia non possiamo che evidenziare un’incongruenza di fondo, che ci sorprende molto considerando il lavoro fatto invece sulla proposta di certificazione sistema qualità nazionale benessere animale avanzata dal Ministero e già di per sé problematica. Si parla sui media di un disciplinare allevamenti sostenibili ed è difficile commentare in assenza di condivisioni ufficiali, ma per quello che emerge non sono chiari i parametri né il processo che dovrebbe portare a questa ennesima certificazione. Lo scopo dovrebbe essere invece quello di una comunicazione comprensibile per i consumatori, ma soprattutto quello di alzare realmente gli standard di benessere animale in Italia, dialogando non solo con tecnici interni al ministero, ma anche con esperti e associazioni che lavorano quotidianamente sul tema in Italia».
L’obiettivo degli allevatori italiani, con la richiesta avanzata al Governo già nel novembre 2021 per il riconoscimento di “Disciplinare allevamenti sostenibili", resta quello di aumentare il consumo di carne Made in Italy ma anche il suo rendimento. Ad oggi, infatti, come riferito dall’Aop Italia Zootecnica, solo il 9% della carne bovina prodotta in Italia utilizza la dicitura Igp. Mentre il restante 91% della carne prodotta nel Bel Paese è commercializzata da produttori e macellatori in forma anonima. Inoltre, nel 2023, nei supermercati della penisola, una bistecca su due non è nostrana. C'è tanto lavoro da fare.