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Agricoltura

Agrichef e giovani: il futuro del Made in Italy passa anche da loro

Paola Scarsi
di Paola Scarsi
11 luglio 2023 | 13:56

Lagricoltura e il turismo sono i cardini dell’Italia e del Made in Italy, conosciuto, apprezzato e ricercato (e anche, purtroppo, taroccato) nel modo. Un patrimonio quello agricolo che fa valorizzato e tutelato e non può salire alla ribalta solo quando è in ginocchio per il maltempo e la siccità. Parola di Cristiano Fini, presidente Cia-Agricoltori Italiani che a Italia a Tavola parla anche della situazione del prezzo del grano italiano, fa il punto sul biologico in Italia, e racconta il ruolo fondamentale dei giovani che ritornano nei campi e degli agrichef.

Agrichef e giovani: il futuro del Made in Italy passa anche da loro

L’agricoltura è il settore più esposto alle crisi, da quelle climatiche a quelle di mercato

È da poco scaduto il bando Bandiera Verde Agricoltura, che da vent’anni premia aziende, comuni, enti e organizzazioni che si sono particolarmente distinti per il loro impegno a favore dell’agricoltura, dello sviluppo rurale, della valorizzazione del patrimonio enogastronomico, paesaggistico e ambientale. Un’iniziativa che avvicina i cittadini ai temi legati all’agricoltura?
Bandiera Verde ha spento venti candeline l’anno scorso, un traguardo importante per un premio agricolo, e ora stiamo già preparando l’edizione 2023 per la quale si sono appena chiuse domande e candidature. È un riconoscimento che è cresciuto nel tempo in prestigio ed esperienza, avvicinando i cittadini ai temi legati al settore attraverso il racconto dei suoi protagonisti, delle storie di impegno e di successo che fanno grande la nostra agricoltura sui territori e nel mondo. D’altra parte, Bandiera Verde ha da sempre un doppio obiettivo: da un lato premiare e gratificare i tanti “campioni” del comparto, agricoltori e aziende che ogni anno si contraddistinguono per innovazione, biodiversità, qualità, creatività, impronta ambientale e sociale; dall’altro lato, dare un riconoscimento a personalità della cultura, delle scienze, del giornalismo e dell’arte che si sono spesi in modo significativo, con le loro specifiche attività, nell’azione di sensibilizzazione e di promozione del patrimonio agricolo e naturale italiano.

Basta parlare dell’agricoltura solo quando è in ginocchio

I problemi degli agricoltori purtroppo tendono ancora a emergere quando ci sono grandi emergenze o catastrofi (dalle alluvioni in Emilia-Romagna alla siccità in altre regioni al recentissimo problema della peronospera). Quale ruolo può giocare una buona comunicazione?
Un ruolo essenziale, sotto tutti i punti di vista. L’agricoltura è il settore più esposto alle crisi, da quelle climatiche a quelle di mercato, eppure se ne sente parlare troppo poco, solo quando è tardi e la catastrofe è arrivata. Bisogna smontare questa comunicazione di tipo emergenziale, che racconta il settore solo quando è in ginocchio a causa di un evento meteorologico estremo o di una fitopatia, per poi dimenticarsene fino all’allarme successivo. Ora è tempo di riportare l’agricoltura al centro dell’agenda dei media e, quindi, al centro delle decisioni politiche, anche perché se crolla il primo anello della filiera del cibo, crolla tutto il Made in Italy. Serve un’informazione corretta e costante che indaghi i problemi ma anche le possibili soluzioni, che coinvolga i cittadini e faccia squadra con le associazioni per diffondere una cultura dell’alimentazione sana e del bere responsabile; il principio della salvaguardia di biodiversità e paesaggio, a partire dalle aree interne; il valore degli agricoltori in quanto dispensa del Pese e custodi del territorio anche contro il dissesto idrogeologico.

Come va il biologico in Italia

Le coltivazioni biologiche, a che punto siamo?
L’Italia dei campi, oggi, può vantare un primato prestigioso nel settore biologico. Il nostro Paese conta la più alta percentuale di superfici bio sul totale (19%), a fronte di una media europea ancora ferma al 10% e ben lontana dall’obiettivo del 25% indicato dal Green Deal per il 2030. Un target importante che, invece, noi possiamo centrare, arrivando a toccare i 3 milioni di ettari coltivati a bio dai 2,3 milioni attuali, confermando la nostra posizione di leadership anche sul fronte della sostenibilità. Ma è chiaro che, per farlo, dobbiamo informare e sostenere le aziende agricole affinché beneficino appieno di tutti i nuovi strumenti, normativi ed economici, necessari ad affrontare la crisi globale e diventare davvero protagonisti della transizione verde in agricoltura, coniugando ovviamente la sostenibilità alla produttività e alla sicurezza alimentare.

Grano italiano sottopagato: cosa sta succedendo?

Il grano italiano, simbolo dell’agroalimentare tricolore, con la pasta esportata in tutto il mondo, eppure sottopagato… Cosa succede?
Succede, ed è una faccenda annosa, che serve più equità dal campo allo scaffale. Per gli agricoltori c’è ancora un enorme problema irrisolto nella catena del valore su cui occorre intervenire, costruendo relazioni più giuste ed equilibrate tra tutti i soggetti della filiera agroalimentare, compresa la Gdo. Mai come in questa fase, la guerra, il caro-energia, il clima, continuano a creare danni e fanno schizzare alle stelle i costi di produzione, a cui si aggiungono però fenomeni speculativi sui mercati e al dettaglio. Emblematico è proprio il caso del grano Made in Italy: il prezzo pagato agli agricoltori è sceso del 40% nelle ultime settimane, mentre quello della pasta al supermercato è aumentato in media del 30%. Ma con le quotazioni attuali, i produttori non riescono nemmeno a coprire le spese e rischiano di dover chiudere. Ecco perché Cia ha deciso di lanciare la petizione per salvare il grano nazionale. Una raccolta firme, su change.org (https://chng.it/zVC8sWyT75), per chiedere alle istituzioni azioni a tutela del grano tricolore, da più controlli sull’etichettatura contro l’import selvaggio a maggiore trasparenza sulla formazione dei prezzi, dal potenziamento dei contratti di filiera tra agricoltori e industria all’avvio immediato del Registro Telematico dei Cereali.

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Cristiano Fini, presidente Cia-Agricoltori Italiani

Il risvolto del ritorno dei giovani in agricoltura

Da anni si assiste a un grande ritorno all’agricoltura: le “braccia rubate” stanno tornando, specie tra i giovani e le donne. Come valuta questa voglia di green?
La rinnovata attrattività della campagna, soprattutto per i giovani, unisce più aspetti. Prima di tutto, l’agricoltura è sempre di più un settore capace di creare opportunità di lavoro e di crescita professionale, grazie alla multifunzionalità, ovvero alla possibilità di produrre non solo cibo ma anche servizi, dall’agriturismo alle fattorie didattiche e sociali, dall’energia alla manutenzione del verde. C’è, poi, un aspetto legato all’ambiente, alla ritrovata voglia di un’occupazione all’aria aperta, più a contatto con la natura, fuori dalla città e da impieghi spersonalizzanti, che si è acuito molto con la pandemia e le restrizioni agli spostamenti e ai contatti. Insomma, il ritorno alla terra è sicuramente un dato di fatto, da non interpretare come un ripiego in tempo di crisi né come un tuffo nel passato, ma come il felice connubio tra svecchiamento delle tecniche, innovazione e nuove tecnologie, creatività e strategie vincenti di marketing.

Agrichef e giovani: il futuro del Made in Italy passa anche da loro

Importante il ritorno dei giovani nei campi

Il ruolo della strategia Farm to Fork

Agricoltori e consumatori: la strategia Farm to Fork è molto più di uno slogan. Quali suggerimenti dare a un consumatore che vuole garantiti i suoi acquisti agroalimentari?
Oggi si assiste a un potente flusso di informazioni sui prodotti alimentari, spesso fuorviante e allarmistico. Per far fronte al caro-vita, gli italiani stanno cambiando i loro comportamenti d’acquisto, con lo stop al superfluo per il 46% delle famiglie e solo il 22% che non rinuncia alla qualità. È quindi indispensabile che i cittadini siano correttamente informati, così da poter fare scelte d’acquisto consapevoli, attive e responsabili. Come prima cosa, è importante leggere l’etichetta degli alimenti, che può definirsi la carta d’identità del cibo, normata dal Regolamento Ue 1169/11. In etichetta sono riportate diverse informazioni, come la lista degli ingredienti, la dichiarazione nutrizionale sul contenuto di energia e di nutrienti, l’origine, la quantità, la data di scadenza, fino all’indicazione dell’eventuale presenza o assenza di uno o più allergeni (come glutine, lattosio, frutta secca, crostacei, ecc.) che risultano pericolosi per chi soffre di intolleranze o allergie alimentari. In etichetta sono contenute, poi, altre informazioni relative ad esempio ai marchi di qualità come Dop e Igp, alle produzioni da agricoltura biologica fino al packaging sostenibile. Hanno un ruolo determinante anche le scelte orientate al consumo di alimenti di stagione e a filiera corta, che consentono la valorizzazione della produzione locale e il recupero del legame col territorio. Altrettanto importante è che i cittadini adottino le opportune precauzioni durante tutte le fasi di acquisto, trasporto, preparazione e consumo degli alimenti. In tale contesto, un ulteriore strumento di tutela è rappresentato dalle indicazioni relative ai metodi di preparazione, di conservazione (ad esempio il mantenimento della cosiddetta “catena del freddo”) e di eventuale cottura. Queste informazioni consentono una corretta gestione domestica degli alimenti, contribuiscono a preservarne la salubrità e a limitare gli sprechi. È opportuno fare attenzione, infine, ai venditori non autorizzati che possono non garantire la sicurezza del prodotto, nonché controllare sempre lo stato e l’integrità delle confezioni che si intende comprare.

Come è il futuro degli agrichef negli agriturismi

Infine, il mondo degli Agrichef, cuoche e cuochi contadini che esercitano il proprio mestiere in agriturismo nel rispetto dei prodotti locali e delle ricette del territorio, su cui Cia punta da tempo, avendone depositato anche il marchio originale. Che stagione stanno affrontando e come l’organizzazione è attiva per supportarli e valorizzarli?
Gli agriturismi che sono la “terra” degli Agrichef, tra campi e cucina per portare a tavola le produzioni agricole stagionali e del territorio, hanno affrontato con tutto il settore gli alti e bassi di questi ultimi anni, dalla pandemia alla crisi dei prezzi, ma sono stati anche riscoperti, in più occasione, come luogo ideale per salubrità e genuinità. Il comparto vale 12,5 miliardi e, negli ultimi 10 anni, è cresciuto del 50%. A far leva, il tempo speso in agriturismo, in piena campagna, di per sé motivo di benessere, con l’aggiunta di un approccio unico che può arrivare solo dagli agrichef. Non solo fanno del buon cibo la condizione essenziale della loro attività, ma sono anche custodi e promotori assoluti di piatti tipici della tradizione, del contatto tra agricoltura e cittadini, della salvaguardia di biodiversità. A supportarli tra emergenze e burocrazia, l’azione costante di Turismo Verde, l’associazione per la promozione agrituristica di Cia che non manca neanche di eventi strategici come l’Agrichef Festival, che rilancia le ricette regionali e lo scambio, in cucina, con le nuove generazioni, coinvolgendo gli Istituti alberghieri di tutt’Italia. Gli Agrichef di Cia sono da qualche settimana anche su Food Network Italia, protagonisti del format tv “Agrichef - Il cuoco contadino”.

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