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A Natale (da vegetariana) mangio così: niente carne, zero sermoni, molti sorrisi

Nei giorni di pranzi e cenoni il cibo diventa un campo minato: tutti parlano, spiegano, correggono, difendono il menu come fosse una tesi, mentre io mangio, ascolto e sorrido educatamente alle battute. Il mio consiglio è semplice e poco spirituale: scegliete cosa mangiare, ignorate le prediche altrui e conservate energie

Annalisa Dolzan
di Annalisa Dolzan
Plant-based pastry chef, coach & food teller
23 dicembre 2025 | 17:19
A Natale (da vegetariana) mangio così: niente carne, zero sermoni, molta ironia

Una mattina ho portato alcuni libri allo scambio libri del paese in cui abito. Fra questi, un vecchio ricettario di cucina vegetariana. Recava la dedica: «Per Annalisa con tanti auguri, mamma. Natale 2011». Sono vegetariana da oltre 25 anni. Da prima di conoscere il termine che mi identifica. Da piccola, quando mi costringevano a mangiare la carne, nascondevo in un fazzoletto i bocconi più duri o gommosi delle bistecche, poi andavo in bagno e li lanciavo dalla finestra. Abitando al 5° piano, mi dava una certa soddisfazione il tonfo con cui atterravano sul tetto in alluminio dei garage sottostanti.

Quando la carne ha smesso di sembrare cibo

Il giorno in cui rinunciai definitivamente alla carne, la fettina di pollo che mi avevano messo nel piatto mi apparve per ciò che era: un pezzo di cadavere. Pallida carne morta. Impossibile portarla alla bocca. Avrò avuto circa 17 anni. Ora ne ho 53, e mia madre ogni tanto se ne esce affermando che faccio storie: «il ragù ti è sempre piaciuto (…)», «ma se la cotoletta l’hai sempre mangiata...» «vuoi un po’ di prosciutto?». Eppure di libri di cucina vegetariana e vegana me ne ha regalati tanti.

A Natale (da vegetariana) mangio così: niente carne, zero sermoni, molti sorrisi

A diciassette anni la carne smise di essere cibo

La buon’anima di mia suocera, invece, donna di mare, mi sventolava davanti agli occhi cozze giganti e mi prendeva in giro perché non mangiavo le loro prelibate arselle appena pescate - mi dava della «tedesca» (continentale, mezza pazza) - giacché io alle arselle facevo i video mentre spurgavano tirando fuori le antennine.

Il problema non è cosa mangi, ma quanto lo spieghi

Il vegano non ti chiede cosa mangi… te lo corregge. Certo, mi fa piacere non contribuire alla morte degli animali, ma non tengo conferenze stampa sulle scelte alimentari di parenti e colleghi. Per dire, non feci una piega quando un ex mi rivelò che fra i suoi desideri proibiti c’era il sogno di fare sesso in una vasca ricolma di burrata e prosciutto crudo (ciao, Paolo). La mia non è una scelta etica. Non faccio guerre sante né mi ritengo spiritualmente superiore (al contrario di alcuni vegani che ho conosciuto). Anzi, rido spesso di gusto alle battute sui vegani (perché noi vegetariani non vi facciamo ridere?). A casa mia mangio come voglio; se sono in giro per lavoro mi adeguo: riso in bianco e verdure, una caprese in estate vanno più che bene. Nel mio frigo non troverete seitan, cibi veg pronti né tofu. Le imitazioni plant-based di carni o salumi mi fanno impressione quanto quelli veri.

Tra guru, astrologia e guerre inutili

Einstein, Leonardo da Vinci e Plutarco sono annoverati fra le persone intelligenti e sensibili che hanno gravitato nell’orbita vegetariana, ma… Wolfgang Amadeus Mozart era dell’Acquario e Luigi Pirandello del Cancro. Antonino Cannavacciuolo è dell’Ariete e Pietro Leemann dello Scorpione. Mi spiego? Bello poter scegliere come alimentarsi, ma c’è bisogno di farne guerre ideologiche? «C’è grossa crisi», ironizzava Guzzanti tanti anni fa. E mica si sbagliava: la crisi è talmente grossa che oggi chef e pasticceri guru arrivano a proporre i loro corsi di strudel come meditazione, e prima di scriverti la ricetta ti propinano sermoni sull’etica nelle relazioni umane in cucina.

A Natale (da vegetariana) mangio così: niente carne, zero sermoni, molti sorrisi

Pietro Leemann, cuoco vegetariano

Se il tema vegetariano vi intriga, fra i contemporanei si leggono con gusto Margherita Hack, nel suo "Perché sono vegetariana", e Pietro Leemann con "Il sale della vita". Come la Hack, da bambina sentivo le atroci urla dei maiali squartati nel macello vicino a casa, ma non saprei dire se questo mi abbia influenzato. Leemann lo ammiro molto, e come lui sono ancora alla ricerca, in un percorso personale e professionale che va oltre i confini delle moderne classificazioni e si avvicina all’Ayurveda, allontanandosi da utili ma un tantino sbrigative etichette che indicano le nostre abitudini a tavola.

Prima di sedervi a tavola, un consiglio non richiesto

Il dibattito è vivace, caotico forse, in questi giorni che precedono pranzi natalizi e cenoni. Mi raccomando, mantenete la calma: niente omelie sulle emozioni delle zucchine, bando all’insistenza sulla bontà del capitone. Mi permettete un piccolo suggerimento trasversale, utile sia agli amanti del cotechino che a quelli dell’hummus? Astenetevi tranquillamente da ciò che non vi piace, ma, soprattutto, astenetevi dalle opinioni non richieste: è bene non uccidere animali… ma neppure la gioia a tavola va tramortita.

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