Saranno i posteri a dirlo. E nel dirlo saranno ben capaci di argomentare l’importanza epocale del fatto. Sì, adesso che siamo sul finire del XVII secolo noi qui genovesi di Genova, facciamo presto a dire che un nostro concittadino, grande navigatore, all’incirca due secoli fa si era messo in testa, di... «buscar el ponente por el levante» e quindi, alla domanda «scusi dove sono le Indie», rispondeva, sono di là e faceva segno all’Oriente e perciò noi per arrivarci andremo di qua, e faceva segno all’Occidente. Boh!
Il viaggio di Colombo e le origini del Nuovo Mondo
Partì da Palos, in Spagna, il 3 agosto 1492, e adesso, guarda caso ma non è un caso (!) siamo nell’anno 1692. Sono trascorsi appena due secoli. Ma a scavare bene negli archivi, si scopre che il suo viaggio verso l’ignoto cominciò alle Canarie, e precisamente a Las Palmas, ben oltre le Colonne d’Ercole. Quelle Colonne d’Ercole di cui narra Ulisse quando incontra Dante all’inferno (Divina Commedia - Inferno - Canto XXVI - vv.108 - 109). «Dov'Ercule segnò li suoi riguardi, / acciò che l'uom più oltre non si metta».

Un disegno che ritrae Cristoforo Colombo
Sia detto per la storia e per scellerato amore di gossip, a Las Palmas l’Ammiraglio ci sta un mesetto e poi il 2 settembre parte per La Gomera dove aveva una liaison con la governatrice Beatriz Peraza y Bobadilla, una bella nobile donna di sangre caliente. A La Gomera, che è la più verde delle Canarie, le tre caravelle fecero anche rifornimento d’acqua. Da La Gomera il 6 settembre Colombo salpa per il mare sconosciuto convinto che Cipango (sarebbe il Giappone), si trovasse a una distanza di sole 4.500 miglia. Il suo palese obiettivo era appunto di «buscare el ponente por el levante».
L’arrivo nel Nuovo Mondo
La Regina Isabella di Spagna aveva promesso una pensione vitalizia al primo che avesse avvistato la terra. Alle due di notte del 12 ottobre 1492 il marinaio andaluso Rodrigo de Triana, sulla Pinta che era la prima caravella in quanto più veloce, rompe il silenzio con il grido «terraaa».

Le tre caravelle arrivano nel Nuovo Mondo
Erano a circa 12 chilometri dall’isola di san Salvador, nelle Bahamas. Le descrizioni che fa Colombo dei luoghi dove approda sono idilliache, scrive di non aver visto mai una natura più rigogliosa e delle acque così tranquille e accoglienti. Della gente ripete continuamente che sono pacifici. Purtroppo per loro, la storia fu costretta ad aggiungere!
Il banchetto del 1692 a Genova
E comunque, siamo qui a Genova, mese di ottobre dell’anno 1692, per celebrare il secondo centenario della scoperta del Nuovo Continente da parte del nostro glorioso Ammiraglio Cristoforo Colombo. Numerologia spicciola: a tavola siamo in dodici. Tre per ognuna delle tre caravelle, e quindi nove, sono gli illustri ospiti. Tre siamo noi di famiglia, i padroni di casa, insomma. Il palazzo dove abbiamo eletto dimora e dove abbiamo invitato i nobili ospiti per questo anniversario è in Piazza San Lorenzo, dove c’è la Cattedrale di San Lorenzo, lungo i muri della quale stazionano i besagnini, che coltivano lungo il letto del fiume i loro prodotti e che devono di volta in volta chiedere il permesso e pagare le gabelle per entrare in città e vendere i loro prodotti. Argenteria ovunque, a partire dalle posate e dai vassoi. Sappiamo mercanteggiare, noi genovesi, e questa argenteria proviene dai mercanti iberici. La Spagna ci è perenne debitrice e spesso paga i suoi interessi con oro ed argenti.

Vista sulla Cattedrale di Genova in Piazza San Lorenzo
La servitù è vestita con velluti e damaschi. Noi nobili genovesi siamo potenti e ricchi. Genova è una delle repubbliche marinare più potenti d’Europa, con una nobiltà ricca e influente. Il nostro cognome è Fieschi... fate voi. Gli illustri ospiti sono arrivati, ci si saluta riverentemente e ci si accomoda alla tavola così sontuosamente addobbata. Si comincia con qualche stuzzichino che ci proviene dagli uliveti e dal mare: olive condite e acciughe salate. Qui, e sennò che liguri siamo (!) una saporita focaccia già ci starebbe di un bene. Non sia mai detto che non lo sappiamo e non facciamo in modo che essa arrivi tempestivamente a tavola. Focaccia di? Farro, direte voi. E no, invece no, è focaccia di mais. Il mais che ci ha portato l’ammiraglio dal Nuovo Mondo.
Nuovi sapori e curiosità gastronomiche
Questa cosa di far succedere agli stuzzichini le portate principali tutte insieme contemporaneamente non sappiamo e forse non vogliamo perderla come abitudine. E allora la servitù, ancora con abiti intonsi che poi non impunemente lorderanno, porta in tavola arrosti di capriolo, di cinghiale e di lepre. A mo’ di ornamento, ma mica si capisce se è roba edibile o no, il cinghialetto ha in bocca un tubero. Ce lo ha portato Cristoforo Colombo, che chiama questo tubero con una parola che ha fonemi tondi: pa-ta-ta: patata! Che simpatia già nel nome! Ma vedrete che impareremo a condirla per bene, a cucinarla per bene. E se un giorno dalla patata sortissero i panzarotti? Boh, saperlo...

Fette di cinghiale con verdure
E poi, si sa, c’è tra gli ospiti chi alle carni preferisce i pesci. E sia! E sennò il mare qui davanti, quel mare scuro che non si ferma mai, che lo teniamo a fare? Quanto stupore tra i commensali nell’osservare la preparazione delle triglie, il loro modo di guarnirle. Tutto d’intorno al vassoio di portata, dove le triglie sono adagiate in alternanza di testa in giù e testa in su, di modo che sia facile prenderle con le dita, ci sono delle palline, non proprio perfettamente sferiche, hanno più la forma della palla ovale del rugby, ma il rugby non è stato ancora inventato e quindi l’esempio non può esistere. E allora ci siamo capiti ugualmente. Di colore lucente, come l’oro. La forma abbiamo detto sferica ma non precisa, forse più somigliante ad una piccola mela. Mai viste delle robe così. Ce le ha portate l’Ammiraglio. Il nome che gli abbiamo dato è pomodoro. Chissà se questa novità regge oppure cadrà presto in oblio. Oppure, hai visto mai, tra qualche secolo saremo noi che conserviamo, inscatoliamo e mandiamo i pomodori nel Nuovo Mondo.

Le triglie
E volete che, come contorno, siamo a Genova, non serviamo ai nostri ospiti la gattafura? Noi genovesi ci andiamo matti per la gattafura. La gattafura è la torta (salata) di verdure. Siamo ai dolci. Adesso gli ospiti si aspettano la torta bianca, che un domani, anzi un dopodomani gli abitanti del Nuovo Mondo denomineranno Cheesecake. Arriva questa torta bianca a tavola, certo che arriva ma... è una torta bianca il cui colore, ma pensa te, non è più rigorosamente e compattamente bianco; ci sono macchie scure. Sarà mica andata a male, penserà l’ospite malfidente? Ma vogliamo scherzare? Il cuoco, incuriosito dalle novità che ci ha portato l’Ammiraglio, ha saputo egregiamente inserire nella torta bianca del cacao ridotto in polvere. Cos’è il cacao? È una pianta che si trova nel Nuovo Mondo, dalle cui fave si ottiene questa prelibatezza che poi chiameranno cibo degli dèi.

La gattafura è l'antenata della Torta Pasqualina
Adesso, contestualmente alla torta bianca non più solo bianca, giunge in tavola la frutta. Sì, ma che frutta. Roba mai vista, che bei colori, che bei sapori: l’ananas, il mango e la papaya. Vere prelibatezze. Si tratterà, tempo al tempo, di imparare a farne uso accorto anche nella mixology, che però ancora non sappiamo cos’è. Nei calici la servitù, su comanda del commensale, versa o il Vermentino o il Rossese. Bravi liutai e valenti clavicembalisti hanno accompagnato sì lauto pranzo. Ci si alza dalla tavola e si va nella sala attigua a conversare. L’argomento non può non essere quanto avvenne duecento anni fa: la scoperta del Nuovo Mondo da parte del nostro concittadino Cristoforo Colombo. Fatto marginale, episodico oppure epocale? Visto che non l’ha detto ancora nessuno, dacché né è ancora nato il Grande Corso, né ancora nato Don Lisander (Alessandro Manzoni alla morte di Napoleone compose il 5 maggio), lo diciamo noi: «Ai posteri l’ardua sentenza»!
Viaggio nella storia della cucina: le altre puntate
Ricordiamo che il nostro viaggio nella storia della cucina abbraccia diverse epoche. Ecco le altre puntate già dedicate a civiltà che hanno lasciato un segno profondo nel modo di mangiare: