La partita sui nomi da dare ai prodotti vegetali che richiamano la carne si è spostata ancora una volta a Bruxelles. Una decisione, quella europea, che rischia ora di cambiare le regole del gioco per l’intero comparto plant-based e che, per il suo promotore italiano Francesco Lollobrigida, è a tutti gli effetti una vittoria politica. Infatti, nella giornata di mercoledì 10 settembre, la Commissione agricoltura del Parlamento europeo ha deciso che solo i prodotti contenenti carne possono essere definiti con denominazioni come “bistecca”, “hamburger”, “bresaola” o “salsiccia”. Una presa di posizione che di fatto ha allineato le istituzioni europee a una linea già adottata in Italia (e prima ancora in Francia), sebbene mai applicata per la mancanza di compatibilità con la normativa unionale, con il cosiddetto divieto di meat sounding.
L’Italia tra gli apripista sul divieto di meat sounding
Ad accogliere subito con favore il provvedimento sono stati Gian Marco Centinaio, vicepresidente del Senato, e Giorgio Maria Bergesio, responsabile del dipartimento Agricoltura della Lega, tramite una nota congiunta: «È la risposta a chi, proprio appellandosi a norme europee, ha contestato l’emendamento promosso dalla Lega e approvato dal Parlamento, che vieta il cosiddetto meat sounding nel nostro Paese. Ma, soprattutto, si tratta di un’ulteriore garanzia per i consumatori, che possono contare su etichette chiare e sincere, che chiamano ogni cosa con il giusto nome. La carne è carne, legumi e verdure fanno bene ma sono un’altra cosa, mentre non vogliamo proprio vedere intrugli creati in laboratorio».

L’Ue si allinea alla linea italiana sul meat sounding
Una linea che, come ha ricordato Centinaio, «segue» quella italiana. Già nel novembre 2023 il Parlamento aveva infatti approvato il disegno di legge presentato dal ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida. La legge aveva introdotto il divieto alla produzione, al consumo e all’immissione sul mercato di carne coltivata, nonché il divieto di utilizzare denominazioni tradizionalmente associate alla carne per prodotti trasformati a base di proteine vegetali. La discussione, durata circa tre ore, aveva visto schierati da una parte il governo, rappresentato dallo stesso Lollobrigida e dal ministro della Salute Orazio Schillaci, e dall’altra l’opposizione. Alla fine la Camera, dopo l’ok del Senato, aveva approvato definitivamente il testo con 159 voti favorevoli, 53 contrari e 34 astenuti, ben oltre la maggioranza richiesta di 107 voti.

Il ministro Francesco Lollobrigida
Le ragioni dietro a questa legge, rimasta - come detto - inapplicata per la mancanza dei decreti attuativi e per i dubbi di compatibilità con la normativa europea, sono molteplici. A pesare è prima di tutto la volontà di tutelare allevatori e filiere tradizionali, considerate un pilastro dell’agroalimentare italiano. C’è poi una componente culturale e politica: per il governo Meloni la carne è parte dell’identità nazionale e non può essere confusa con prodotti vegetali o coltivati in laboratorio. A questo si aggiunge l’argomento ufficiale della trasparenza verso i consumatori, presentato come garanzia di chiarezza nelle etichette, anche se, in realtà, diversi studi europei mostrano che il rischio di confusione è minimo.
Dal caso francese alla nuova stretta Ue sul meat sounding
Motivazioni che, come detto poc’anzi, si sono intrecciate con quelle emerse in Francia, dove il dibattito era iniziato già nel 2020. Parigi aveva infatti adottato una normativa per vietare l’uso di termini come “bistecca” o “salsiccia” sui prodotti vegetali, poi inasprita da due decreti attuativi usciti nel giugno 2022 e nel febbraio 2024. Quei provvedimenti sono stati impugnati da diverse organizzazioni di settore e nell’aprile 2024 il Consiglio di Stato francese ne aveva sospeso l’entrata in vigore, sollevando dubbi sulla compatibilità con il diritto europeo e segnalando il rischio di danni economici per le imprese nazionali del plant-based.

La Francia, nel 2020, ha fatto da apripista al divieto di meat sounding
A quella sospensione era poi seguita la decisione della Corte di Giustizia dell’Ue che, nell’ottobre 2024, aveva stabilito la possibilità per i prodotti vegetali di essere commercializzati con denominazioni tradizionalmente associate alla carne. Ma con la nuova presa di posizione della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, lo scenario è cambiato ancora una volta. Bruxelles sembra infatti voler riportare chiarezza, adottando un indirizzo che ha irrigidito le regole e che, in prospettiva, sembra dare ragione alla linea tracciata da Lollobrigida e dal governo francese.
Una stretta che minaccia la crescita del plant-based
Dunque, per il comparto plant-based, che negli ultimi anni ha registrato tassi di crescita importanti e conquistato spazi significativi anche nella ristorazione e nella grande distribuzione, questa stretta potrebbe però tradursi in un freno all’espansione. Al contrario, è invece una vittoria politica per il ministro Lollobrigida, che fin dall’inizio aveva spinto per un divieto chiaro e netto.