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La Cina diffama il salmone Ue e la Borsa norvegese crolla

Marco Di Giovanni
di Marco Di Giovanni
17 giugno 2020 | 15:49

La Cina ha ipotizzato che la nuova impennata di casi di coronavirus a Pechino fosse stata causata dalla vendita e dal consumo di salmone (in primis quello europeo). Sembrerebbe una sorta di rivalsa della Cina sull'Occidente, dopo che alcuni mesi fa (ad inizio pandemia) ricerche e studi hanno dimostrato l'infezione sia stata trasmessa all'uomo proprio in Cina attraverso il sangue di pipistrello. Una teoria, questa proveniente da Pechino sul salmone, che pur non avendo basi scientifiche ha fatto sparire il pesce importato da banchi di supermercati e menu di ristoranti, facendo così crollare anche le borse di grandi Paesi produttori come la Norvegia. 
La Cina infatti - secondo quanto scrive il South China Morning Post - avrebbe sospeso le importazioni di salmone dai fornitori europei. La Norvegia poi, produttore per eccellenza di salmone in Europa, ha smentito questa notizia. Il ministro della Pesca norvegese Odd Emil Ingebrigtsen ha detto che «il caso è in fase di risoluzione, stiamo lavorando ai dettagli». Nonostante le garanzie offerte dall'autorità norvegese che vigila sulla qualità del cibo, i produttori di salmone del Paese scandinavo hanno visto crollare in poche ore gli ordini dalla Cina.

Il coronavirus, dal pipistrello in Cina al salmone dall'Europa? - Dal pipistrello al salmone europeo La vendetta mediatica della Cina

Il coronavirus, dal pipistrello in Cina al salmone dall'Europa?

Secondo il giornale di Hong Kong i principali supermercati di Pechino avrebbero fatto addirittura sparire il salmone dagli scaffali. La paura è cresciuta tra i consumatori in Cina e il salmone è scomparso anche dalle carte dei ristoranti (un duro colpo, questo, anche per i vicini giapponesi).

Basi scientifiche? Certo che no. Forse un po' di paura? Perché dall'11 al 16 giugno i dati parlano di 137 nuovi casi a Pechino. Forse un po' di propaganda? Magari la risposta (dopo la botta) agli Stati Uniti (& alleati) per l'origine del virus in laboratorio (altra teoria smentita dalla rivista scientifica Nature fin da subito).

Abbiamo chiesto un parere al tecnologo alimentare Massimo Artorige Giubilesi, di Giubilesi & Associati. «Tra le tante fesserie che si son dette in questo periodo questa non può che rientrarci. Potrebbe essere un atteggiamento protezionistico e niente di più. Magari una reazione della Cina perché sotto attacco dagli Stati Uniti e quindi dall'Europa. Quello che posso dire è che non risultano evidenze scientifiche per le quali virus respiratori, come il coronavirus, famiglia Sars, siano trasmissibili con gli alimenti».

Massimo Artorige Giubilesi - Dal pipistrello al salmone europeo La vendetta mediatica della Cina
Massimo Artorige Giubilesi

Qualcosa che è già comunque stato sancito, in maniera chiara, dall'intera Unione europea. Una questione già risolta (addirittura) nel lontano tardo febbraio, quando l'epidemia ancora era un mezzo mistero (non che adesso sia completamente nota, sia chiaro). Quando alcuni Paesi Ue chiedevano un certificato "coronavirus free" (come denunciato da Assolombarda e Confagri) per i cibi provenienti dai Paesi più colpiti dal Covid-19 interni all'Unione. Fonti della Commissione Ue avevano chiarito fin da subito: "Non vi è alcuna trasmissione di coronavirus tramite alimenti, pertanto misure restrittive sul commercio di prodotti alimentari non sarebbero giustificate".

«Il virus è un parassita, deve avere una cellula o altri batteri come appoggio per compiere il suo ciclo vitale. Ha bisogno di un ospite. Ci sono altre categorie di virus, penso a quello della pelle del pollo, che sono di interesse alimentare. Il coronavirus ha bisogno di essere respirato».

Riportiamo qui, a questo proposito, un estratto dell'articolo "Sicurezza dei cibi rispetto alla diffusione del coronavirus" sulla sicurezza dei cibi rispetto alla diffusione del coronavirus (dalla penna dei tecnologi alimentari Serena Pironi e Giuseppe Paltani): "Nell’infodemia attuale, da tecnologi alimentari vogliamo sottolineare che il virus non si tramette per via alimentare. Come riportano Efsa e il ministero della Salute, gli alimenti di per sé non trasmettono il coronavirus. Comunemente infatti le malattie respiratorie non si trasmettono con gli alimenti, che comunque devono essere manipolati rispettando le buone pratiche igieniche. I cittadini, che non sono coinvolti direttamente o indirettamente nel settore, non sanno che ai fini della tutela degli alimenti che ogni giorno giungono sulla nostra tavola gli addetti ai lavori devono proteggere ciò che manipolano attraverso copricapi e vestiario adeguati e, per alcune preparazioni, le mascherine. Gli alimentaristi sono formati su come non contaminare i cibi, su come si devono lavare le mani e sull’impiego del gel disinfettante, che ora è noto a tutti".

Si è espresso sulla questione anche Shi Guoqing, vice direttore del Centro d'emergenza del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie: anche secondo lui non esistono prove per incriminare il salmone. «Salmone "contaminato" - ha detto - è stato trovato in alcuni siti interessati del mercato di Xinfadi, ma non è stata rilevata la presenza di coronavirus nel salmone prima dell'arrivo nelle aree contaminate».

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