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L’ecatombe dell'horeca Fipe: Perdiamo un miliardo al mese

Per Roberto Calugi, direttore generale della federazione italiana pubblici esercizi, è la peggior crisi dal dopoguerra. A preoccupare il calo del fatturato del 70% e le infiltrazioni mafiose.

Renato Andreolassi
di Renato Andreolassi
07 novembre 2020 | 14:54

«Ci preoccupano fortemente due cose - dice, scandendo bene le parole Roberto Calugi, direttore generale della Fipe, federazione italiana pubblici esercizi - il calo del fatturato del 70% di tutto il canale Horeca (perdiamo un miliardo al mese) e le infiltrazioni mafiose nel nostro mondo. Questa è la peggior crisi del dopoguerra, molte imprese sono a rischio, non dobbiamo assolutamente cedere alla malavita organizzata».

Roberto Calugi - L’ecatombe della horeca Fipe: Perdiamo un miliardo al mese

Roberto Calugi

Calugi è intervenuto da remoto, alla conferenza stampa indetta a Brescia, in occasione della presentazione della tradizionale Festa del Ringraziamento promossa dalla Coldiretti, con in testa il presidente nazionale, Ettore Prandini.

Una festa sottotono, causa Covid (ci sarà comunque una messa celebrata nel Duomo della città, dal vescovo Pierantonio Tremolada) senza trattori e macchinari agricoli. Sarà comunque l'occasione per il bilancio dell'annata agraria perché, dopo il lockdown di primavera, adesso preoccupa la fine anno L'appuntamento è per domenica 8, anche online.

Ferme 128mila imprese nelle zone rosse; persi 27 miliardi di fatturato
Il direttore della Fipe ha sciorinato i numeri della crisi del comparto bar, ristoranti, pizzerie, agriturismi, pub: 128mila imprese sono ferme nelle zone, con il mondo della somministrazione che sinora ha già perso 27 miliardi e che, entro la fine 2020, potrebbero diventare addirittura 34. Oggi non vanno a lavorare, 420 mila persone.

Terreno fertile per le infiltrazioni mafiose
Una ecatombe, che se da un lato rischia di minare l'attrattiva turistica del Paese, dall'altro lo rende assai ''interessante'' per i fenomeni delle infiltrazioni mafiose, ragion per cui: «Una visione di filiera - hanno rimarcato Calugi e Prandini-deve essere prioritaria, anche perché i due mondi sono fortemente integrati; i ristoratori ,infatti, sono i primi a utilizzare i prodotti agricoli».

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