Seduti a un tavolo di Villa Ischia ad Atina (Fr), si ha la sensazione di trovarsi in un luogo dove la geografia smette di essere un vincolo e diventa una possibilità. Dove il mare della Campania sale le montagne del Lazio e si trasforma in ricordo, tecnica, artigianalità. Villa Ischia sorge nella Valle di Comino, nel territorio della provincia di Frosinone. Atina è uno di quei borghi che i turisti spesso saltano, troppo concentrati sulle mete più celebrate. Eppure qui, tra le colline a 490 metri sul livello del mare, c’è un ristorante che merita il viaggio. Non per la location patinata o per il panorama da cartolina, ma per la storia che si mangia, piatto dopo piatto.

La mise en place del ristorante Villa Ischia di Atina (Fr)
La storia di Vito e Marcella
Dietro i fornelli c’è Vito Mattera, chef dalla biografia che sembra un romanzo di formazione. Nato a Zurigo da mamma napoletana e papà ischitano, Vito inizia a lavorare in cucina a dodici anni. Le estati le passa a Ischia, rubando con gli occhi i gesti dei cuochi dell’isola. Ma è in Svizzera che costruisce la sua formazione tecnica, tra le brigate internazionali di St. Moritz, Davos e Kloster. Bourguignonne, consommé, sculture di ghiaccio, intagli vegetali: la scuola francese entra nelle sue mani come un codice da decifrare. «Per creare qualcosa di nuovo, devi conoscere profondamente il passato», racconta Vito mentre le sue mani si muovono con quella precisione che solo chi ha fatto migliaia di volte lo stesso gesto può avere.

Vito Mattera e Marcella Marrocco
E in effetti, la cucina di Villa Ischia è esattamente questo: un dialogo continuo fra memoria e innovazione, tra l’Ischia dell’infanzia e la tecnica appresa nelle cucine alpine svizzere. Accanto a lui, Marcella Marrocco, sommelier con tre livelli di formazione, è l’anima della sala. È lei che ti accoglie, ti mette a tuo agio, ti guida tra i piatti con quella naturalezza che solo chi ama davvero l’ospitalità può trasmettere. L’armonia che si respira tra loro è palpabile: Marcella assiste Vito tra un piatto e l’altro con grande cura, creando quell’atmosfera di tranquillità e relax totale che rende l’esperienza davvero speciale. Villa Ischia nasce nel 2019 da una scelta d’amore: Vito si trasferisce ad Atina per seguire Marcella, e insieme trasformano un ex agriturismo nel loro progetto di vita.
L’esperienza a tavola
Arrivo a Villa Ischia e mi colpisce subito la quiete isolata del luogo. Il ristorante è immerso nel verde rigoglioso, circondato da fiori e dalla veduta delle montagne che incorniciano la valle. La struttura è molto ben collocata e spaziosa, pensata per non far sgomitare i commensali con il vicino di tavola. C’è spazio per respirare, per godere del momento senza fretta. È un lusso raro, quello dello spazio e del tempo dilatato. Il primo piatto ad arrivare è una capasanta scottata con sedano rapa. Ed è subito “wow”. La capasanta ha quella consistenza burrosa e delicata che solo un’esecuzione perfetta può garantire, scottata esternamente ma cremosa all’interno. Il sedano rapa la accompagna con la sua dolcezza terrosa. Ma è con il risotto allo zafferano e tartufo che capisco la grandezza di Vito. Il riso Carnaroli è mantecato alla perfezione, lo zafferano dona quella cromia dorata che è già un piacere per gli occhi e il tartufo nero ha un profumo penetrante.

Villa Ischia: risotto allo zafferano e tartufo
Poi, per stupirci ulteriormente, Vito ci fa assaggiare lo spaghetto con anemoni, scungilli e ricci di mare, lo presenta con un sorriso che nasconde emozione: «Questo è un piatto della mia memoria infantile. Da ragazzino raccoglievo questi ingredienti sugli scogli di Ischia. Gli anemoni stanno scomparendo, li trovi solo in acque pulitissime». Assaggio. Il profumo e la consistenza del sapore esaltano la salsa del piatto. È intenso, iodato, puro. Non c’è nulla che copra o alteri la verità del mare. I ricci di mare e gli anemoni donano un gusto inimitabile e irripetibile da altri per invenzione e personalizzazione. Armonie perfette per il palato. Siamo altamente appagati. Chiudo gli occhi e vedo il bambino che Vito è stato, le mani che frugano tra gli scogli, il sole che scalda la schiena, il mare che profuma di sale e libertà. Questo non è solo un piatto: è un racconto autobiografico servito su un piatto.

Villa Ischia: spaghetto con anemoni, scungilli e ricci di mare
A seguire arriva un branzino con charlotte di patate, cavolo rosso e dressing allo yogurt. È un piatto che parla di tecnica contemporanea, di equilibrio, di quella capacità di costruire armonie. A chiudere il pasto, una pastiera che conferma il saldo rapporto dello chef con le sue radici, ma al contempo arriva un’altra sorpresa: Vito vuole stupirci ancora e ci fa provare in anteprima il suo panettone di Natale appena sfornato.

Villa Ischia: branzino con charlotte di patate, cavolo rosso e dressing allo yogurt
Ed è fantastico al morso per consistenza. I canditi sono fatti nella sua cucina, preziosi e profumati come dev’essere. È un gesto generoso, questo di condividere un’anteprima, ed è anche una dichiarazione d’intenti: a Villa Ischia la pasticceria si fa con la stessa cura maniacale delle altre portate.

Villa Ischia: pastiera
Un luogo che resta
Quello che più colpisce di Villa Ischia non è solo la bontà dei piatti, ma il gesto artigianale che li precede. Ogni preparazione parla di tempo dedicato, di pazienza, di rispetto del prodotto: sono queste piccole grandi cose che ti conquistano. Me ne vado da Villa Ischia con quella sensazione di aver scoperto un luogo che merita di essere raccontato. Tranquillo, rilassato totalmente, appagato da ciò che Vito e Marcella sanno offrire con naturalezza. Non per i riflettori o per il glamour, ma per la sostanza. Per la capacità di trasformare ingredienti semplici in emozioni complesse, per la fedeltà alla memoria senza mai scivolare nella nostalgia sterile. Atina non è la Costiera Amalfitana, la Valle di Comino non è meta del turismo di massa.

L'esterno di Villa Ischia ad Atina (Fr)
Eppure qui c’è tutto: eccellenze gastronomiche, paesaggi che tolgono il fiato, storia millenaria. E un ristorante, Villa Ischia, che porta alta cucina in un territorio silenzioso, lontano dai clamori ma vicino al cuore di chi sa riconoscere la qualità quando la incontra. Vito e Marcella hanno fatto una scommessa: credere che si possa fare grande ristorazione anche fuori dai circuiti battuti, che il mare possa salire in montagna e diventare memoria, che l’artigianalità sia ancora il linguaggio più onesto per parlare di cibo. E secondo me, quella scommessa l’hanno vinta.