Bona la nuova sfida di Stefano Bonamici. Ricordiamo chi è Stefano Bonamici e il percorso che lo ha portato ad intraprendere questa nuova sfida. Stefano è in pista da una ventina d’anni, scoperto in qualche modo da Gianluca Domenici, profondo conoscitore della ristorazione versiliese, editore di Paspartu Magazine ed organizzatore di eventi (su tutti Versilia Gourmet).

Stefano Bonamici
Il percorso professionale e il Bonamici Style
Apre ZenZero prima a Vecchiano e poi a Pisa. Ottiene i celebri 3 Spicchi del Gambero Rosso e figura con i migliori piazzamenti per Identità Golose, 50 Top Pizza e il Golosario. Per lui l’impasto, rigorosamente top secret, è un’arte. Sappiamo solo che la lievitazione è di 150 ore e che, per il basso contenuto di carboidrati, frutto di analisi scientifiche compiute con uno studio clinico di Livorno, la sua può essere definita una pizza low carb. Scordiamoci i cornicioni debordanti della pizza napoletana o la scrocchiarella romana. Il “Bonamici Style” punta su salubrità e digeribilità, stagionalità e territorio. Il termine gourmet non gli addice, lo giudica abusato. Con il passare degli anni si vede quasi più come “direttore artistico” e questo è stato il ruolo principale che ha interpretato nel Ristorante Pizzeria Giallo di Viareggio, ultimo suo incarico prima dell’apertura di Bona.
Bona a Pisa: gastronomia e pizza
Anzitutto diciamo che il locale si trova a Pisa. Questo è un progetto diverso, è una gastronomia con pizza. Ci spiega tutto Stefano: «Le pizze la facciamo da giovedì al sabato. Il giovedì propongo un menu degustazione con le mie pizze più iconiche, quelle che mi hanno portato ai 3 Spicchi del Gambero Rosso, che a suo tempo contribuirono alla rivoluzione della pizza nel panorama gastronomico (fra le quali la Sapore di Amalfi, fatta con Mozzarella di bufala, pomodori arrostiti, capperi, acciughe, zest di limone, basilico e la Carbonera con impasto al carbone, uovo, guanciale affumicato, pecorino romano e pepe nero). Il venerdì e il sabato invece ho fatto una nuova rivoluzione, un ritorno al classico, all’essenza della pizza».

Un impasto d’autore, con 150 ore di lievitazione e massima digeribilità
Su queste basi chiedo a Stefano se il giorno più indicato per testare Bona possa essere il giovedì, ma lui mi stoppa: «Se ancora apprezzi il fine dining sì, se senti anche il richiamo della Trattoria no». E noi il richiamo della Trattoria lo sentiamo eccome. Eccoci dunque a ragionare di un venerdì sera tardo novembrino.
Il ritorno al classicismo e la selezione dei vini
Stefano rafforza il concetto: «Le pizze che mi hanno reso protagonista appartenevano al concetto del fine dining, ma come succede spesso nel nostro amato paese, quando una cosa funziona tutti vogliono fare la stessa cosa anche senza averne la cultura. Finisce che si inflaziona la corrente e chi non ne ha gli attributi ne fa scadere il livello rovinando l’idea originale. Succede poi che ti riviene voglia della buona osteria di qualità e in giro non ce ne restano più. Anche nel mondo della pizza è successo questo: tutti ora fanno la pizza gourmet ed io torno al classicismo. Ti ho reso l’idea?»

Bona, una gastronomia con pizza che torna all’essenza
Gli chiedo poi come sta messo a vini, che sono sempre parte integrante dei miei racconti. Risponde: «Per il vino al momento ho una piccola selezione di Area 6 tanto per iniziare. Però sono in procinto di chiudere un accordo in esclusiva con Les caves de Pyrené, quindi siamo in fase di cambiamento nella direzione di vini naturali e più emozionanti». Al nostro arrivo l’accordo non era ancora perfezionato e allora abbiamo pensato a un percorso ad hoc. Per i vini, Stefano propone dal catalogo di Area 6 il Berg 2023 di Ignaz Niedrist: colore giallo paglierino, note di frutta a polpa bianca e floreali, gusto fresco, elegante e minerale. Gli oppongo un mio omologo friulano: Il Collio 2023 di Komjanc Alessio, con profumi di agrumi, rosmarino, cenni di lavanda, sbuffi di pietra focaia e sensazioni iodate, finale saporito e persistente.
La gastronomia di Bona
Qui si può fare anche solo una lauta spesa o concedersi un aperitivo sfizioso. Un bancone che invoglia. Selezioni accurate di salumi e formaggi possono essere alternate a vitello tonnato, crespelle, riso al salto, roast beef, stoccafisso, il ragù, l’insalata russa, le polpette, il gratin di patate, la caponata, le crostate e tanto altro. Ogni giorno è diverso, con un che di artigianale perfettamente rispondente all’intento di Stefano, ovvero restituire l’idea di una cucina casalinga ben fatta, senza orpelli e con uno spirito da trattoria d’antan.
Le pizze iconiche, i dolci e i cocktail
Venendo alle pizze, sprizza davvero un’area di classicità la Perdiana, ovvero salsa a crudo di Marinda pelato a mano Pachineat, scorza di limone della Costiera, basilico. Tutto si tiene, nulla si perde. I sapori sono sapientemente combinati e la fragranza dello spicchio fa il resto. Un altro must è la Patata di Montagna: patate, burro salato della Normandia, fior di latte, prezzemolo. Letteralmente libidinosa. Si contende il ruolo della preferita con la Colonnata, riproposta nella ricetta originale del 2001: lardo, fior di latte, datterini marinati, fior di zucca, rosmarino. Ancora oggi è tra le più richieste.

Un ritorno al classicismo come risposta alla deriva della pizza gourmet
Il pacchetto complessivo include anche un Pane Arabo e un Calzone Classico, tutte accomunate da un fattore vincente: prezzo massimo 15 euro, giustificando il successo dell’asporto per la miglior pizza che si possa mangiare a Pisa. Per i dolci, Stefano ha una partnership con la Pasticceria Gazzarini di San Miniato: Cantuccini di Federigo serviti con il vermuttino Dandi di Barga e crostate. Vengono anche realizzati dessert con i prodotti di Pachineat, dalle polveri ai canditi. Si stanno sperimentando cocktail sempre con le specialità di Pachineat, dalle acque alle polveri. Stefano è lanciato, e si vede.