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colle val d'elsa

Barbagianni, un viaggio tra sapori toscani e suggestioni internazionali

Gabriele Pasca
di Gabriele Pasca
10 luglio 2025 | 07:30

A metà strada fra Firenze e Siena, ma lontana da entrambe. Colle di Val d’Elsa (Si) sta da sé, in alto, dove finisce la pietra e comincia la nebbia. Dove le torri, lontane dall’essere un vezzo medievale, sono l’ombra lunga del lavoro. Qui il cristallo si fa ancora come si faceva. A mano, col fuoco. I forni vanno a mille gradi e chi ci lavora spesso non ha tempo per le cene lunghe.

Barbagianni, un viaggio tra sapori toscani e suggestioni internazionali

Barbagianni: la sala

Colle Val d’Elsa, orto e cucina con la testa altrove

Eppure proprio qui, sulla terrazza bastionata che guarda verso l’ombra di Volterra, ha preso spazio una cucina giovane e non vanitosa. Con l’orto dietro il muro e il vento addosso. Si chiama Barbagianni. Nome buffo, quasi da favola. In realtà un posto serio, dove le cose si fanno bene.

Barbagianni, un viaggio tra sapori toscani e suggestioni internazionali

Barbagianni: l'orto

A pranzo è bistrot, a cena si cambia registro. I piatti i fanno geometria, si ascolta meglio quello che c’è nel bicchiere e si prova a capire come mai un piatto possa venire fuori da un’anguilla dell’Arno e finire con un kefir autoprodotto. Il Barbagianni è un ristorante toscano, ma con la testa altrove. Sta sopra Colle ma anche un po’ fuori. Due menu: Radici, cinque portate costruite intorno a ingredienti toscani; Visione, sette piatti che permettono accostamenti meno vincolati dalla geografia. Entrambi hanno una logica che si riconosce anche senza troppo storytelling.

Il Barbagianni, un ristorante toscano con coordinate proprie

Il ristorante si trova nella parte alta di Colle di Val d’Elsa, con un orto biodinamico a pochi metri dalla cucina. La sala è essenziale, con arredi pratici e un servizio che accompagna senza invadere. La carta dei vini segue la stessa impostazione: etichette toscane ben scelte, qualche apertura internazionale e una selezione che tiene conto anche delle lavorazioni meno usuali.

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Barbagianni: lo chef Lorenzo Neri

La cucina è gestita da Lorenzo Neri, affiancato da Alessandro Rossi. Il primo è il cuoco presente tutti i giorni, il secondo è l’executive chef che segue il progetto da Marina di Grosseto. I menu nascono da un confronto diretto. Rossi propone, Neri sviluppa, a volte si inverte il flusso. Il risultato è una cucina che parte sempre da un ingrediente, con l’aggiunta di un dettaglio che serve a dargli una direzione. 

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Barbagianni: L'orto sulle mura

L’orto fornisce erbe, ortaggi, fiori e piccoli frutti. Viene gestito in biodinamica, con una produzione che serve il ristorante in modo costante. Produce ciò che serve e impone un ritmo utile anche a costruire i menu. Il resto arriva da fornitori scelti, a uno a uno, sempre in funzione della tenuta dei piatti.

Dalla Val di Cecina alla Sicilia e al lago di Garda: la formazione di Lorenzo Neri

Neri è nato nel 1994 a Guardistallo, provincia di Pisa. La cucina è entrata presto nella sua vita. «Avevo sei o sette anni, stavo in piedi su uno sgabello e guardavo mia madre cucinare», racconta. La nonna paterna, abruzzese naturalizzata toscana, metteva in tavola selvaggina e ortaggi, senza dare troppo peso a quello che faceva.

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Barbagianni: lo chef Alessandro Rossi

Il percorso scolastico comincia a Rosignano, all’alberghiero. Poi arriva Alma, la scuola di Colorno, e da lì parte un itinerario fatto di passaggi importanti. Lo stage da Pino Cuttaia diventa un impiego stabile. Resta con lui per cinque anni e mezzo, di cui quattro da secondo. Una scuola solida, che lascia tracce concrete. «Lì ho imparato il gusto, quello vero. Pochi elementi, tutti riconoscibili. Facevamo le conserve, il concentrato di pomodoro, le acciughe. Tutto partiva da prodotti comuni». Dopo la Sicilia arriva il lago di Garda, alla Vecchia Malcesine di Leandro Luppi. Una stella Michelin, un altro mondo. «Mi sono trovato a lavorare con il pesce di lago, che non avevo mai visto prima. Persico, pesce gatto, tinca. Cotture diverse, brodi acidi, abbinamenti spinti come il kiwi. Un altro tipo di logica».

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Barbagianni: Acetosa, rabarbaro, cioccolato bianco, mascarpone

Passa qualche mese in Russia, poi il salto più netto con Anne-Sophie Pic. Due anni al ristorante Le 1920 a Megève, poi un altro anno a Le Cap, in Costa Azzurra. Cambia tutto. «Lì ho visto l’altra faccia del lavoro. Ingredienti di lusso, selezione maniacale, pulizia assoluta. Si partiva da una vongola e si arrivava a togliere ogni pellicina. A volte si buttava il novantotto percento del prodotto. La logica era un’altra. La forma era importantissima, almeno all’inizio». Non è un giudizio, è un fatto. «C’era rigore, ma anche ossessione. Il piatto doveva essere perfetto già sul disegno. Io venivo da un’altra scuola. Da Cuttaia si partiva da un ricordo, da un gusto. In Francia il gusto arrivava dopo».

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Barbagianni: Asparago, royale, agretti, tuorlo

Il ritorno in Italia e l’inizio del Barbagianni: così nasce un menu a quattro mani

Dopo l’esperienza francese torna in Italia. Una stagione in Trentino, in attesa di un progetto stabile. «Cercavo qualcosa che avesse senso, con spazi veri. Quando mi hanno parlato del Barbagianni ho detto sì subito. Sono arrivato a ottobre, chef Rossi è arrivato nell’aprile successivo». Il primo menu è stato interamente suo. Rossi gli ha lasciato campo libero, per capire che direzione avrebbe preso. Poi il confronto è diventato più regolare. «Ora ogni piatto nasce da un’idea condivisa. Alcuni partono da lui, altri da me. Si ragiona insieme, si aggiusta, si toglie qualcosa. La linea è chiara, ma non bloccata».

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Barbagianni: Gnocchi di rapa rossa, anguilla, cavolo rapa fermentato

Biodinamica, ortaggi e territorio: l’estate toscana nei piatti del Barbagianni

Il ruolo dell’orto è centrale. «Lavorare con un orto accanto alla cucina cambia tutto. Ti basta guardare cosa c’è. A volte parti da un’idea e cerchi l’ingrediente giusto. Altre volte è il contrario: c’è un prodotto, e devi trovargli un senso».

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Barbagianni: Cannelloni coniglio, pecorino, liquirizia e camomilla

Il lavoro sui vegetali è continuo. «In ogni piatto cerchiamo di inserire almeno un elemento vegetale. Erbe, germogli, radici, fiori. Non per moda, ma perché funzionano». E poi c’è un’idea più ampia, che riguarda l’identità della cucina. «Nel nuovo menù estivo, ad esempio, abbiamo deciso di valorizzare alcune eccellenze toscane. Non parlo di grandi nomi, ma di ingredienti che raccontano un pezzo di territorio. La bottarga dell’Elba, l’anguilla dell’Arno, la mortadella di Prato. Ogni piatto parte da uno di questi e si costruisce intorno».

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Barbagianni: Capriolo, spugnole e fragolino di bosco

Una carta dei vini su due livelli: Toscana per Radici, mondo per Visione

Il Barbagianni lavora con una carta dei vini costruita su due livelli. Il primo si muove dentro i confini regionali, con una selezione che attraversa il Chianti, la Maremma, la Val di Chiana, la Val d’Orcia e la zona di Bolgheri. Ci sono le etichette che hanno fatto la storia del vino toscano, ma anche produttori più piccoli, scelti per coerenza. Il secondo livello guarda fuori. Le bottiglie arrivano da Francia, Spagna, Germania, Armenia, Giappone.

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Barbagianni: Ricciola, levistico, bottarga e sambuco

La parte toscana della carta include i rossi da Sangiovese in purezza e quelli nati da blend, con spazio per monovitigni meno battuti, come ciliegiolo o malvasia nera. Tra i bianchi si lavora su un repertorio meno prevedibile. La Vernaccia di San Gimignano ha un posto chiaro, anche per ragioni geografiche. Viene affiancata da etichette con fermentazioni spontanee, macerazioni controllate, lavorazioni senza legni. Il pairing viene adattato ai due percorsi. Il menu Radici lavora con referenze toscane. Il menu Visione si apre all’estero. I bianchi giapponesi da uva Koshu, i Sauvignon dal Cile, i Pinot neri della Patagonia, alcune etichette francesi di Borgogna e Champagne. Una carta che somiglia al ristorante. Si muove con logica, con una idea chiara di cosa sia la geografia del territorio.

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