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vecchi ricordi

Quando lo chef tristellato Massimiliano Alajmo si inginocchiò al suo maestro

Giuseppe Casagrande
di Giuseppe Casagrande
04 ottobre 2025 | 17:39

Massimiliano Alajmo in una recente intervista a Italia a Tavola ha confessato che, oltre ai tristellati Michel Guérard e Marc Veyrat, uno dei maestri che ha avuto un ruolo decisivo nella sua formazione professionale fu lo chef trentino Alfredo Chiocchetti, che gli ha trasmesso in giovanissima età, oltre ai primi rudimenti del mestiere, soprattutto la forza dell’umiltà e della dedizione assoluta a questa professione.

Quando lo chef tristellato Massimiliano Alajmo si inginocchiò al suo maestro

Alfredo Chiocchetti insieme a Massimiliano Alajmo

Quell’incontro alle "Calandre" tra l’allievo prediletto e il maestro

Tra i miei ricordi professionali non posso dimenticare l’incontro avvenuto nel 2004 a Le Calandre di Sarmeola di Rubano (Pd) tra lo chef della Val di Fassa Alfredo Chiocchetti e il pluristellato Massimiliano Alajmo, al quale due anni prima - all’età di soli 28 anni, primo al mondo - gli ispettori della guida francese avevano assegnato il riconoscimento più prestigioso: le tre stelle. Quel giorno (era inizio dicembre) ero stato invitato anch’io, assieme al collega giornalista patavino Renato Malaman. Pretesto: i duplici festeggiamenti in onore di Alfredo Chiocchetti, che da pochi giorni aveva riconquistato la stella a Trento (allo Scrigno del Duomo), e di Massimiliano Alajmo, l’allievo prediletto dello chef ladino che, per il terzo anno consecutivo, si era confermato superstar nell’Olimpo italiano e mondiale della cucina. Quest’anno, tra l’altro, Massimiliano festeggia i 25 anni consecutivi da chef “tristellato” Michelin.

L’esperienza di Massimiliano Alajmo al ristorante "Ja Navalge" di Moena

Forse pochi sanno che fu proprio Alfredo Chiocchetti, chef patron del ristorante stellato Ja Navalge di Moena, a insegnare (era il 1988) i primi rudimenti del mestiere a quel ragazzotto alto due metri che papà Erminio, da Padova, aveva "spedito" in Val di Fassa ad imparare i segreti della cucina innovativa. Intanto la moglie Rita, mamma di Massimiliano, continuava a presidiare i fornelli delle Calandre. Corsi e ricorsi storici. Bene, quel giorno di dicembre, a insaputa di Massimiliano, l’allievo prediletto ormai diventato una star della ristorazione mondiale, Alfredo Chiocchetti si presenta alle Calandre, accolto dal fratello sommelier Raffaele. Ci accomodiamo nel salottino e, nell’attesa, Raffaele apre una bottiglia di Champagne. Brindiamo.

Quell’abbraccio a distanza di anni. Una scena memorabile

Dieci minuti dopo, forse per curiosare chi fosse entrato, Massimiliano esce dalla cucina e, quando scorge Alfredo seduto in poltrona, corre incontro al suo mentore, si inginocchia ai suoi piedi e poi lo abbraccia. Visibilmente commosso, riesce a pronunciare solo tre parole: «Grazie, grazie, maestro». A quel punto anche Alfredo, lo chef ladino che con i suoi piatti ha fatto conoscere le Dolomiti (oggi patrimonio Unesco) al mondo intero, cede alla commozione con una lacrimuccia che gli riga il volto.

Quando lo chef tristellato Massimiliano Alajmo si inginocchiò al suo maestro

Lo chef Massimiliano Alajmo in cucina

Dopo averci salutato, Massimiliano torna ai fornelli per preparare quello che rimarrà uno dei pranzi indimenticabili della mia lunga carriera di critico enogastronomico. Entriamo in sala da pranzo alle 13:30, usciamo alle 18:30 dopo aver assaggiato non venti, ma almeno trenta piatti d’autore (naturalmente in versione “bonsai”, metafora che il critico gastronomico Luigi Cremona ama usare quando recensisce i piatti dei ristoranti Michelin), con Raffaele che si divertiva a stappare bollicine a go go e grandi vini d’annata.

Chiocchetti: «Dalle piccole cose avevo intuito le potenzialità di Alajmo»

Durante il pranzo Alfredo ci confessa: «Massimiliano talvolta mi faceva arrabbiare, ma già allora avevo intuito dalle piccole cose - come lavorava i prodotti più umili, le verdure, le patate, come utilizzava le erbe spontanee - le potenzialità di quel ragazzo. Maledettamente bravo. E avevo capito quanto amava questa professione. Meritati i riconoscimenti internazionali ricevuti, ma credetemi: il suo successo non è dipeso dai miei insegnamenti, ma dal suo talento, cristallino». A fine pranzo, quando riferiamo a Massimiliano le parole d’elogio espresse da Chiocchetti, replica: «Alfredo è il solito modesto. Ma non gli crede più nessuno. Lui mi ha lasciato molto, molto di più che una lezione di cucina: mi ha trasmesso dei valori. È stato un vero maestro». Mentre Alfredo si commuove per la seconda volta, io e il collega Malaman applaudiamo. E a quel punto Raffaele stappa, come omaggio al Trentino, un Giulio Ferrari Riserva del Fondatore - noblesse oblige - per il brindisi finale che chiuse questa indimenticabile giornataIn alto i calici. Prosit!

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