Vicentino, classe 1986, figlio d'arte e già stella Michelin a soli 25 anni, lo chef Lorenzo Cogo è conosciuto come il padre della cucina istintiva in Italia. Un approccio libero da etichette, nato nel 2011 con l'apertura di El Coq, e costruito su un principio semplice ma assoluto: seguire l'istinto per dare voce a creatività, territorio e contaminazioni internazionali. Dopo un percorso che lo ha portato nei ristoranti più prestigiosi del mondo, Cogo oggi punta a un'alta cucina italiana matura e concreta, capace di raccontare i sapori del Veneto senza cedere alle mode del momento.
Il primo El Coq, piccolo e rumoroso di idee, era un laboratorio di provocazioni. Cogo era giovanissimo e un'urgenza: farsi sentire. «Volevo urlare al mondo che c'ero anch'io. Ho creato piatti come l'insalata mista, l'acquario, l'amaro, un omaggio alla barbabietola quando nessuno la usava - racconta il cuoco vicentino. Erano gesti studiati, certo, ma servivano a emergere, a far capire che non avevo paura di osare».
Il mare come identità: la sfida di Venezia
Negli anni, le provocazioni hanno ceduto il passo a un'identità più matura ma altrettanto netta. Quando ha preso in mano il Dama a Ca' Bonfadini, a Venezia, ha scelto la strada più controcorrente: lavorare quasi esclusivamente sul pesce in una città che puntava prevalentemente sulla carne. «Per me l'identità è la base di ogni progetto. Venezia è acqua, mare, canali: non potevo pensare di raccontarla attraverso la carne - ci spiega Cogo. Ho voluto valorizzare il pescato locale, spesso sottovalutato, e costruire attorno a quello il mio menu».

Lorenzo Cogo, vicentino classe 1986 e figlio d'arte
Ingredienti e tecniche senza mode
Per Cogo, ogni piatto nasce dalla materia prima stagionale. Poi c'è il territorio, che offre radici e significato. Ma a completare il quadro interviene il bagaglio internazionale, frutto di anni di viaggi e assaggi nei ristoranti e nei mercati del mondo. «Un ingrediente straniero non lo uso mai perché va di moda - ci tiene a sottolineare. Lo uso se serve al mio racconto e quando lo faccio, avendo visto come viene usato nei territori da cui proviene, so come sfruttarlo al meglio. Viaggiare ti dà questo: la conoscenza della materia prima, la consapevolezza del senso delle tue scelte. Un ingrediente non deve essere un trend: deve essere una parola giusta messa nel punto giusto della frase».
Dalla provocazione alla concretezza
Negli ultimi tempi, la sua cucina si è spogliata di eccessi. Le maturazioni, oggi tanto di moda, le usa con misura. «Come per ogni tendenza, si è passati da niente a troppo in un attimo. Io preferisco moderazione, sia con il pesce che con la carne - racconta Cogo. In questo momento sono concentrato sul ritorno della vera cucina, sulla gestualità che vedo un po' sparire nelle nuove generazioni. Cerco l'unicità di un gesto, non la replica di una tecnica che tutti stanno copiando». Lo stesso discorso vale per fermentazioni, brodi ed estrazioni. «Ho visto nascere il fermentato al Noma, quando ci lavoravo io stesso - spiega. Ho sperimentato tantissimo negli ultimi dieci anni, ma oggi voglio meno sovrastrutture e più semplicità. Non dico che la mia scelta sia giusta, dico solo che è quello che mi sento di cercare in questo momento della mia carriera».

Ricotta, agretti e brodo di kumquat di Lorenzo Cogo
Il mare, quando è protagonista, non ha bisogno di schemi rigidi. «Non cerco un equilibrio fisso tra sapidità, iodio e umami. Ogni piatto è una storia a sé - racconta il cuoco vicentino. Può essere completamente acido, amaro o dominato dall'umami. Dipende dal momento, da quello che sento, da quello che voglio portare in tavola». E sull'ospite, non fa compromessi. «Non mi sono mai fatto condizionare per piacere a tutti. Quando una cucina divide, è vera. Quando mette d'accordo tutti, non è identitaria al cento per cento. Questo è quello che penso».
Guide e premi? Importanti, ma meglio la felicità
I premi e le guide sono arrivate presto, ma non sono mai stati il suo obiettivo. «Il mio standard è la felicità. Solo quando faccio qualcosa che mi fa stare bene riesco a dare il massimo - confessa. Se un progetto non mi convince, mi manca l'energia giusta, e quell'energia finisce nel piatto. E poi sono un insoddisfatto cronico: cerco sempre territori nuovi per crescere e completarmi». Tra gli ingredienti veneti, uno in particolare lo appassiona: lo stoccafisso. «Ha una storia incredibile e potenzialità enormi. Ma - ci spiega - non deve essere per forza legato al baccalà alla vicentina: può diventare brodo, finire alla griglia, essere fermentato o concentrato. Il Nord Europa ci mostra che può fare molto di più».

Merluzzo alla vicentina e polenta di Lorenzo Cogo
Quando si parla di giovani e futuro della professione, la sua voce si fa più ferma. «I social sono inevitabili, ma devono essere usati con onestà. Spesso mostrano una cucina patinata, facile, che non esiste: vedo food blogger che fanno sembrare tutto semplice e ristoranti d'alto rango che mettono in mostra la loro insostenibilità. E quando mi guardo attorno noto poca voglia di tramandare questo mestiere: il cuoco del futuro dovrà tornare davvero ai fornelli, con amore e concretezza. Io provo a dare il miglior esempio possibile, ogni giorno».
Oggi solo rischi calcolati
Per lo chef Lorenzo Cogo, ogni fase della carriera ha avuto il suo tempo: prima le provocazioni di una cucina istintiva per farsi notare, poi la definizione di un'identità, oggi la scelta consapevole di puntare su piatti autentici e legati al territorio. «Ho esagerato quando potevo, ho rischiato quando non avevo nulla da perdere. Ora ho altre responsabilità, ma non smetterò mai di seguire il mio istinto». Se un giorno tornerà ad avere un ristorante tutto suo, sarà un luogo dove i sapori del Veneto incontreranno l'esperienza maturata nei viaggi in tutto il mondo. Un porto sicuro per chi cerca alta cucina italiana senza mode, dove ogni piatto racconta una storia vera.
Che cosa sapere sullo chef Lorenzo Cogo
Lorenzo Cogo, vicentino classe 1986 e figlio d'arte, cresce tra i fornelli della trattoria di famiglia. Dopo la gavetta in Italia, parte per un lungo percorso internazionale che lo porta in Australia, Giappone, Spagna, Singapore e Danimarca, lavorando, come già accennato, in ristoranti di fama mondiale come Vue de Monde, The Fat Duck, Ryugin, Etxebarri e Noma. Nel 2011 realizza il sogno di aprire El Coq a Marano Vicentino, conquistando la stella Michelin a soli 25 anni. Nel 2016 trasferisce il ristorante a Vicenza, dove affianca anche lo storico Caffè Garibaldi, premiato dal Gambero Rosso come miglior bar d'Italia.

Pensieri sparsi di Lorenzo Cogo
Nel 2020, complice la pandemia, chiude El Coq per fondare Foodcolor, società di consulenza gastronomica con cui lancia il ristorante Dama a Venezia, attivo fino al 2023. Oggi alterna la gestione della trattoria di famiglia a nuovi format come il “Lorenzo Cogo Social Club” e il progetto Loco, zuppa gourmet per la Gdo, vegana, senza glutine e lattosio, frutto di cinque anni di ricerca. La sua cucina, definita anche nell'intervista “istintiva”, unisce materia prima, territorio e contaminazioni internazionali, con una filosofia chiara: niente mode, solo scelte consapevoli e identità.