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Forcone: «In pasticceria non basta talento, serve anima. E una squadra»

Campione del mondo a soli 25 anni, Forcone è oggi uno dei nomi più autorevoli dell'alta pasticceria italiana: formatore, consulente e maestro Ampi, guida giovani talenti in cerca di rigore e visione. Tra estetica e gusto, ci racconta perché il talento da solo non basta, cosa insegna un laboratorio vero e perché nessun risultato si raggiunge da soli

Paola Scarsi
di Paola Scarsi
04 agosto 2025 | 05:00
Forcone: «In pasticceria non basta talento, serve anima. E una squadra»

«Quando la scultura in cioccolato è caduta, mancavano trenta minuti alla fine della Coupe du Monde de la Pâtisserie. Ci siamo guardati in faccia e, senza dire una parola, abbiamo ricominciato. E alla fine abbiamo vinto». Basterebbe questa frase per capire chi è davvero Emmanuele Forcone: talento assoluto, ma anche lucidità, umiltà e spirito di squadra. A soli 35 anni, ha già conquistato tutto: quattro titoli italiani, la vittoria alla Coupe du Monde nel 2015, il ruolo di formatore e mentore per le nuove generazioni. Ma non è solo un campione: è un maestro vero, che crede nell'arte pasticcera come disciplina totale, fatta di tecnica, gusto e visione. Accanto a lui, nella vita e nel lavoro, c'è Monica Di Pardo, che Forcone definisce senza esitazioni il suo “preziosissimo braccio destro”. Insieme guidano la Forcone Consulting Srl, punto di riferimento per chi sogna di fare della pasticceria una vera arte. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare la sua storia, la sua visione e il suo impegno nella formazione dei giovani.

Dalla cucina alla pasticceria moderna

Quando ha capito che voleva fare il pasticciere?

Inizialmente sono partito con l'idea di voler fare il cuoco. Poi quando avevo più o meno 17 anni sono andato, quasi per caso, a seguire un corso di pasticceria: da quel giorno me ne sono innamorato, anche se vendendo da un piccolo paese avevo sempre conosciuto solamente una pasticceria molto tradizionale. Invece il mio maestro mi ha “illuminato”, facendomi scoperto che esisteva un altro tipo di pasticceria con una visione molto più contemporanea e da quel giorno ho deciso di iniziare oltre ad approfondire le arti culinarie, anche quelle della pasticceria e piano piano. Negli anni ho virato verso quella che è stata la pasticceria perché mi appassionava molto di più rispetto alla cucina.

Forcone: «In pasticceria non basta talento, serve anima. E una squadra»

Monica Di Pardo ed Emmanuele Forcone

Da chi è stato più influenzato nel suo percorso?

In generale ho sempre cercato di attingere da molte persone e dai tanti professionisti che ho incontrato nel mio cammino. Ma la persona più importante è stato Renato Zara un pasticcere di origine molisana che per primo ha creduto in me e mi ha dato la possibilità di potermi cimentare sia nei concorsi che nelle prime esperienze in laboratorio.

L’arte dello zucchero e la nascita di uno stile

Zucchero o cioccolato? Cosa è più affascinante plasmare?

Il cioccolato è più affascinante ma lo zucchero artistico mi affascina maggiormente perché ha una serie elevatissima di colori e trasparenze e poi, avendo un livello di complessità della lavorazione molto più elevato offre molta più soddisfazione. E proprio questa sua complessità lavorativa la rende un'arte di pochi.

Come riesce a realizzare sculture così articolate? Ha seguito dei corsi “artistici” specifici?

In realtà non ho mai seguito questo genere di corsi ma sin da bambino ho avuto una grande predisposizione per il disegno e anche a livello artistico sono un autodidatta. Mi sono documentato molto su Internet, mi sono confrontato con i colleghi per scoprire tecniche diverse e ho sempre seguito molto il mondo dei concorsi per cercare di ispirarmi con le nuove tendenze.

Innovazione, gusto e ispirazione: il metodo Forcone

Come si aggiorna dal punto di vista creativo?

Prendo molta ispirazione da quello che sono i migliori del settore come Stefan Klein, che è un visionario nel campo dello zucchero artistico; in generale seguo tutti i fuoriclasse a livello internazionale e cerco di apprendere le loro tecniche che poi cerco di riprodurre in maniera intuitiva evolvendole secondo quello che è il mio stile.

E per quanto riguarda le innovazioni del gusto?

Ho una sensibilità molto personale e poi, lo confesso, amo mangiare e amo mangiare soprattutto i dolci e di conseguenza cerco di trovare la massima ispirazione attraverso quello che è il mio gusto personale, facendo moltissime ricerche di sviluppo in laboratorio per cercare di realizzare dei dolci semplici, ma molto impattanti nel gusto.

Forcone: «In pasticceria non basta talento, serve anima. E una squadra»

Forcone apprende dai migliori, rielaborando le tecniche in modo personale e innovativo

Per quanto riguarda invece la scelta di adeguarsi ai nuovi gusti del pubblico?

Bisogna sempre cercare di fare quello che piace alle persone mentre noi pasticceri, ed io per primo, siamo molto egoisti, nel senso che cerchiamo di fare le cose che piacciono a noi mentre invece, se vogliamo anche vendere la nostra arte vuoi in un negozio o voi nel campo della formazione, dobbiamo abbandonare il nostro egoismo è ascoltare le richieste del pubblico e dei clienti, specie in Italia, nazione dai gusti molto tradizionali dove cerco di non essere così creativo come vorrei.

Formazione, squadra e futuro della pasticceria

Lavora da solo o con un team?

Ho tre collaboratori mentre il mio braccio destro e anche socio è mia moglie che ha un ruolo determinante perché cura tutta la parte dedicata al mondo dell'online e l'assistenza clienti, la parte amministrativa, la gestione economica, tutta la fase organizzativa e di registrazione dei video corsi e, come se non bastasse, è anche presidente del Vespa Club Montenero di Bisaccia. C‘è poi Sara Malocu che è responsabile dei laboratori e mi affianca da circa tre anni e infine, last but not least Sergio Mori è il nostro responsabile della ricerca e sviluppo.

Forcone: «In pasticceria non basta talento, serve anima. E una squadra»

Spirali di frutta rossa e vaniglia di Emmanuele Forcone

La sua più grande soddisfazione creativa (al di là dei premi)?

Quando riesco a creare delle nuove tecniche sia nel campo dei dessert che delle sculture. Ho creato diverse tecniche innovative, probabilmente quella che ricordo con più piacere è quella della glassa serigrafata.

Il momento più difficile? Quella scultura caduta…

Il momento più difficile a livello professionale?

Quando abbiamo partecipato alla Coppa del Mondo e mezz'ora prima della fine della gara la scultura in cioccolato è caduta. Siccome quando si fa una gara non è mai una questione individuale, ma di team e noi dovevamo risolvere un problema che era capitato a un compagno di squadra e così ci siamo focalizzati nel concludere insieme il lavoro, che si è poi coronato con la vittoria. Si, quello è stato il momento più difficile a livello professionale perché ci siamo visti passare davanti agli occhi mesi di allenamento che un incidente di percorso poteva distruggere. Ma grazie al nostro spirito di squadra siamo riusciti a recuperare.

La materia che ritiene più malleabile?

Assolutamente lo zucchero artistico perché permette di avere delle strutture dall'elasticità e dalla leggerezza impossibili da ottenere con qualsiasi altra tipologia di ingrediente alimentare. Dopo aver vinto la Coppa del Mondo ho scelto di abbandonare il mondo delle competizioni per aiutare gli altri sia sotto il profilo della formazione sia per seguire la squadra della Coppa del Mondo che si è presentata alla penultima coppa del mondo classificandosi al terzo posto. Nel 2019 ho ricevuto uno tra i più importanti premi del mio percorso professionale, subito dopo la Coppa del Mondo: il premio alla carriera consegnatomi in Francia dall'associazione Tradition Gourmand, unico italiano a riceverlo. È stato un riconoscimento estremamente gratificante.

I giovani, la passione e il futuro della pasticceria

Come vede i giovani nei confronti della pasticceria?

Alcuni intraprendono un percorso con il cuore e quindi portano avanti un lavoro che nasce dalla passione ottenendo poi grandi risultati, mentre ce ne sono altri che “tentano l'esperienza” ma se non sono guidati dalla passione fanno poca strada. In questo mestiere ci sono due tipologie di persone: quelli che lo fanno per vivere ma non lo amano, quelli che non hanno trovato niente di meglio da fare e sono finiti in un laboratorio e poi ci sono quelli che lo amano e ci si dedicano anima e corpo, impegnando tutto il loro tempo libero nella ricerca e nello sviluppo. Così ho fatto io quando, ad esempio, ho lavorato in un laboratorio con 17 pasticceri: finito l'orario di lavoro a seguire il docente rimanevano il titolare della pasticceria ed il sottoscritto.

Forcone: «In pasticceria non basta talento, serve anima. E una squadra»

La Black Forest di Emmanuele Forcone, un autentico capolavoro di pasticceria

Insomma, oggi Emmanuele Forcone continua a innovare, formando nuovi professionisti e studiando tecniche che cambiano il volto della pasticceria contemporanea. Ma non ha mai smesso di sporcarsi le mani, di spingere un'idea di arte che non si limita all'estetica: «Possiamo fare dolci bellissimi, ma se non emozionano al gusto, abbiamo perso in partenza». È questa la sua regola d'oro. Una regola che, in fondo, vale anche fuori dal laboratorio.

Chi è Emmanuele Forcone, maestro Ampi

Ribadiamo: Emmanuele Forcone ha vinto tutto, ma non è questo a definirlo davvero. A distinguerlo è piuttosto l'idea che ha della pasticceria: una disciplina totale, dove nulla è lasciato al caso e ogni dettaglio ha un significato. Dalla tecnica alla progettualità, dal gusto all'estetica, ogni elemento deve concorrere a un equilibrio preciso, da costruire con metodo, rigore e sensibilità. È questa la visione che guida il suo lavoro e che trasmette ogni giorno agli allievi della Forcone Consulting. A soli 35 anni, Forcone è uno dei più giovani maestri dell'Ampi, ha firmato il successo italiano alla Coupe du Monde de la Pâtisserie e ha saputo trasformare l'esperienza in competenza condivisa. I suoi studenti non imparano solo a lavorare zucchero e cioccolato: imparano ad affrontare la fatica, a gestire l'imprevisto, a ripartire da zero. Quello che resta, al di là dei titoli, è un metodo. Un modo di stare in laboratorio che mette al centro il lavoro collettivo, la precisione e l'ambizione silenziosa di chi sa che l'eccellenza non è un risultato, ma un processo.

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