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Ernesto Iaccarino: «In cucina non serve fare show, ma rispettare la materia prima»

Al ristorante Don Alfonso 1890 l'alta cucina riparte dall'orto, da una visione agricola concreta e da un'idea forte di sostenibilità che esclude scorciatoie e rivendica il rispetto per la materia prima. In questi giorni si parla molto di Ernesto per un presunto flirt con Elisa Isoardi, ma lo abbiamo intervistato per ascoltare le sue idee e capire cosa significhi, davvero, cucinare con etica

Nicholas Reitano
di Nicholas Reitano
Redattore
07 agosto 2025 | 05:00
Ernesto Iaccarino: «In cucina non serve fare show, ma rispettare la materia prima»

Tre parole, pronunciate senza retorica, che sintetizzano un'idea precisa. Autentica, mediterranea e moderna: è così che lo chef Ernesto Iaccarino definisce oggi la cucina del Don Alfonso 1890, storico ristorante (e anche hotel) di famiglia di Sant'Agata sui Due Golfi (Na) che, ricordiamo, dopo un anno di chiusura e ristrutturazione, ha riaperto nel luglio 2024 con un'identità rinnovata, radicale, profondamente coerente – e che nel 2025 prosegue il suo percorso con ancora più consapevolezza.

Ernesto Iaccarino: «In cucina non serve fare show, ma rispettare la materia prima»

L'esterno del Don Alfonso 1890

Un luogo che ha scelto di fermarsi quando tutti gli altri correvano, per ripensarsi da cima a fondo. Ok il nuovo layout, più bello sì, ma poi via libera anche alla coibentazione, alle pompe di calore, al fotovoltaico, alla raccolta delle acque meteoriche, all'eliminazione delle emissioni di CO2. E poi un nuovo giardino, secco, progettato per vivere senza acqua, e una gestione agricola biologica, che non tratta la natura come una catena di montaggio. Il risultato è un locale che oggi parla con coerenza, con una voce chiara, riconoscibile. Le stelle - una Michelin e una verde - sono solo un plus (ma è comunque giusto ricordare che prima della chiusura, il ristorante vantava due stelle ininterrotte dal 2001, e nel 1997 fu il primo tre stelle Michelin del Sud Italia grazie al lavoro di papà Alfonso ai fornelli e di mamma Livia in sala). Quello che conta davvero è invece la cucina e il progetto che c'è dietro.

Ernesto Iaccarino: «In cucina non serve fare show, ma rispettare la materia prima»

La sala del Don Alfonso 1890

Nel ripensamento radicale del Don Alfonso 1890 c'è anche un nuovo menu: “L'Orto di Punta Campanella”. Vegetariano, stagionale, radicato nella terra. Un progetto che non segue le mode, ma nasce da una visione precisa: fare cucina partendo da ciò che si coltiva nell'azienda agricola di proprietà Le Peracciole. Ne abbiamo parlato proprio con lo stesso Iaccarino, che oggi porta avanti una sfida culturale, prima ancora che gastronomica.

In questi giorni, il suo nome è finito anche sulle pagine della cronaca rosa per la presunta relazione con Elisa Isoardi. Ma lasciamo pure il gossip agli altri: qui ci interessa conoscere davvero Ernesto, le sue idee, il suo pensiero, il suo progetto. D'altronde stiamo parlando di uno dei più importanti cuochi italiani.

La filosofia in cucina di Ernesto Iaccarino, chef del Don Alfonso 1890

Partiamo da quelle tre parole: autentica, mediterranea, moderna. Cosa significano per lei, oggi, nella sua cucina?

In questa parte del mondo abbiamo la fortuna di avere vulcani dappertutto e un microclima fantastico, quindi ci sono quattro stagioni con un suolo molto ricco di elementi, diciamo pure minerali. Per cui, dalle ortive alle erbe, riesci ad avere delle caratteristiche di materia prima uniche. Abbiamo voluto interpretare questa unicità, questo elemento che possiamo chiamare vegetale, per costruire la nostra identità di ristorante - almeno, l'identità dei prossimi vent'anni. Ho visto che la gente si sta appassionando molto a questo cambiamento. Chi lo prova rimane molto stupito. Negli ultimi due anni abbiamo lavorato molto sull'orto, e l'80% del lavoro in cucina lo abbiamo fatto lì. Quindi abbiamo pensato a un menu che seguisse totalmente la stagionalità, che interpretasse tutte le verdure e la maggior parte delle erbe, con l'idea di fare una cucina dal design molto moderno, ma provando ad evitare gli additivi chimici.

Ernesto Iaccarino: «In cucina non serve fare show, ma rispettare la materia prima»

Lo chef Ernesto Iaccarino nell'orto

Quindi niente chimica “di sintesi” in cucina. Ma è davvero possibile oggi, con le tecniche più spinte?

Tutto è chimica e fisica, pure banalmente mettere a bollire una pentola col sale dentro è un processo chimico-fisico. Ma noi stiamo cercando di tenere fuori la chimica di sintesi, quella che abbiamo prodotto negli ultimi 50, 30 anni - processi importanti sulla materia prima che però, probabilmente, il nostro organismo non è ancora abituato a leggere. È una cucina di grande modernità, perché oggi si riesce a fare cose che un tempo erano impensabili: design, consistenze, tecniche raffinate. Ma le facciamo tenendo fuori quella parte della modernità che può essere, se non tossica, almeno difficile da digerire. Quindi una cucina moderna proprio perché pensa alla salute del cliente. Perché, alla fine noi, siamo quello che mangiamo.

Come nasce un piatto (dall'orto) di Ernesto Iaccarino

Quando si lavora con materie prime così vive e legate alla terra, come nasce un piatto?

Mi sono dato una regola negli ultimi dieci anni: non faccio più un piatto se prima non mi innamoro di un ingrediente. Perché la cucina dev'essere una storia d'amore, come in un fidanzamento. Quindi parti dall'innamoramento per un ingrediente, poi viene naturale poi costruire un piatto. All'inizio è istinto, ma poi c'è la parte progettuale, che arriva con la testa. Come in una storia d'amore: se manca la testa, se manca la complessità, la storia non funziona. Serve istinto e progetto, ma senza la fiamma non parte nulla.

E la tecnica? Quanto conta nel risultato finale?

In cucina devi conoscere tutte le tecniche sul mercato, ma non puoi partire da lì. È il prodotto che ti indica la tecnica giusta. Lo senti, lo ascolti e ti porta naturalmente alla traduzione tecnica. A volte cerchi anche di nascondere la mano dello chef, per far emergere la materia prima nella sua essenza. Per esempio, nel menu dell'orto siamo partiti dalle zucchine cotte sui carboni, un ritorno a un gesto antica. Invece nella melanzana mi sono ispirato ad una tecnica mediorientale: melanzana pelata, fritta, asciugata, bucata, passata al forno, pressata a terrina, rigenerata, servita con un coulis di peperoni e pomodoro, salsa di yogurt, aglio, pepe nero… In questo piatto utilizziamo anche la tecnica della fermentazione, ma con parsimonia. In effetti andiamo a fermentare soltanto il 10% di una melanzana per crearne una crema. Uso la fermentazione solo in piccole dosi perché abbiamo materie prime così straordinarie che fermentarle interamente le snaturerebbe. Tutto serve a esaltare, mai a fare show.

Ernesto Iaccarino: «In cucina non serve fare show, ma rispettare la materia prima»

Uno dei piatti di Ernesto Iaccarino, creato con gli ingredienti a disposizione nell'orto

C'è un ingrediente dimenticato su cui sta lavorando o che l'ha ispirata di recente?

Abbiamo lavorato su una pesca tabacchiera, che è piatta, in via di estinzione. L'abbiamo completamente destrutturata: una mousse montata a freddo con l'acqua del suo succo, un cuore di pesca spadellata alla menta, tutto senza grassi idrogenati, senza panna, burro, uovo, meringa. Solo naturalezza. Il piatto sembra proprio una pesca, anche visivamente, con le sfumature rosse sopra. Ma in realtà è una mousse fredda, super naturale, senza additivi, che restituisce tutta l'idea del frutto, senza bisogno di nulla.

Per Ernesto Iaccarino la "consapevolezza" prima di tutto

Come fate a raccontare tutto questo ai clienti?

Io a tutti gli amici che vengono dico: ragazzi, dobbiamo cambiare il modo di alimentarci. Prima vengono, provano, e poi capiscono. Spingiamo sul menu dell'orto perché, con le regole di produzione attuali, questo pianeta non ha altri 50 anni. L'innalzamento climatico, le piogge improvvise, i disastri, l'energia strana che c'è nell'aria… Non sono più previsioni, sono fatti. E poi ci sono problemi seri: infertilità maschile, impotenza, tumori che sembrano raffreddori. Un oncologo mi ha detto: “Sai quanta plastica ingeriamo ogni mese?”. Ci sono plastiche nei pesci che mangiamo, nel cibo, nell'aria. Quindi oggi avere il coraggio di cambiare è fondamentale.

Ernesto Iaccarino: «In cucina non serve fare show, ma rispettare la materia prima»

Il design elegante della sala del ristorante Don Alfonso 1890

Anche la chiusura del locale per un anno nasce da questa visione?

Abbiamo fatto una scelta radicale: chiudere tutto per un anno per creare un'azienda sostenibile. Ora al Don Alfonso non si produce più CO2. Siamo a impatto zero. Abbiamo investito tanto: pompe di calore, coibentazione, fotovoltaico, raccolta dell'acqua piovana, giardino dry. E l'azienda agricola Le Peracciole è biologica, quindi biodiversità vera. Niente chimica in agricoltura. Solo rispetto.

E in cucina, come gestite la stagionalità estrema?

Con una filiera cortissima e un controllo totale. Quando arrivano i carciofi, facciamo i carciofi. Quando ci sono le fave, si lavora sulle fave. Siamo noi a decidere il menu, ma lo decide anche la natura. Ed è una bella sfida, perché ti costringe ad avere idee vere, non costruzioni.

Ernesto Iaccarino: «In cucina non serve fare show, ma rispettare la materia prima»

Pensieri sparsi di Ernesto Iaccarino

E quindi - per concludere - qual è il suo appello, oggi, a chef e consumatori?

Il mio messaggio è semplice solo in apparenza, ma dentro è pieno di complessità: guardate da dove arriva ciò che mangiate. Capite come è stato coltivato, allevato, pescato. È tempo di fare scelte consapevoli, perché altrimenti non andiamo lontano. E chi cucina, oggi, deve avere questo compito: nutrire e proteggere.

Che cosa sapere su Ernesto Iaccarino e sul Don Alfonso 1890

Classe 1970, Ernesto è l'ultimo anello di una dinastia che cucina dal 1890, l'anno ben impresso nell'insegna del Don Alfonso. A fondarlo fu il bisnonno, Alfonso Costanzo Iaccarino. Oggi, a tenere saldo il timone del ristorante di Sant'Agata sui Due Golfi, è lo stesso Ernesto, affiancato dal padre Alfonso, infaticabile regista, e dal fratello Mario, maitre di sala. Accanto a loro, come detto, un'altra figura fondamentale: la madre Livia, che è stata per decenni una delle più note e carismatiche direttrici di sala d'Italia, contribuendo in modo decisivo all'identità accogliente e raffinata del Don Alfonso.

Ernesto Iaccarino: «In cucina non serve fare show, ma rispettare la materia prima»

Ernesto Iaccarino è l'ultimo anello di una dinastia che cucina dal 1890

Ernesto si laurea in Economia e commercio alla Bocconi di Milano nel 1999, ma la passione per la cucina lo riporta subito a casa. Da oltre vent'anni è dietro la celebre cucina a vista in maiolica, dove applica i principi della famiglia Iaccarino con uno sguardo contemporaneo. Ed è stato anche presidente europeo di Jre (Jeunes Restaurateurs). Oggi, ricordiamo, l'attività della famiglia si è estesa ben oltre il ristorante di Sant'Agata, con una rete di consulenze che portano il nome Don Alfonso in diverse parti del mondo: tra le collaborazioni attive ci sono il Grand Lisboa e il Grand Lisboa Palace a Macao, l'hotel Tramontano a Sorrento, l'Helena Bay Lodge in Nuova Zelanda, il Don Alfonso 1890 a Toronto, il San Barbato Resort a Lavello, in Basilicata, e a St. Louis, nel Missouri, all'interno del Ritz-Carlton.

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