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Fronduti scuote la ristorazione: «Se vuoi il sabato libero, cambia mestiere»

Lo chef di Manna non ci sta alla narrazione romantica del lavoro in cucina: «La passione è una cazzata se non sei disposto a pagare il prezzo» . Non si tratta di un attacco a Trippa o altri ristoranti che hanno scelto di chiudere nel weekend, ma un chiaro avvertimento per chi vuole orari da ufficio senza accettare il sacrificio richiesto dal mestiere

di Redazione Italia a Tavola
20 settembre 2025 | 14:33
Fronduti scuote la ristorazione: «Se vuoi il sabato libero, cambia mestiere»

Matteo Fronduti, chef di Manna a Milano con 17 anni di esperienza, si è recentemente espresso,  in una recente intervista a Cibo Today, sul tema della chiusura dei locali di ristorazione nel weekend. La miccia è stata un post sui social che ha fatto discutere: molti hanno letto nelle parole di Fronduti un attacco ai ristoranti che scelgono di chiudere il sabato sera, a partire da Trippa. «Non è così - chiarisce -. Ognuno fa i suoi conti, e sono certo che siano giusti». Ma la provocazione resta: per lo chef di Manna, il sabato è il cuore del lavoro e volerlo libero significa non aver capito il mestiere.

Di seguito il post di Instagram che ha acceso il dibattito

Basta semplificazioni: i modelli possono convivere

Fronduti non vuole alimentare guerre di religione tra ristoratori. Porta l’esempio di Cesare Battisti di Ratanà, aperto sette giorni su sette, per dire che modelli opposti possono coesistere. Il vero problema, secondo lui, è come media e commentatori strumentalizzano le scelte dei locali per costruire narrazioni preconfezionate.

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Il prezzo del mestiere

«Sono stato allevato nella buona e antica scuola del sei su sette, 70-80 ore a settimana. La cucina non è un posto per deboli». Fronduti è diretto: la passione è sopravvalutata, il sacrificio ha senso solo se lo percepisci come tale. «Io sapevo le regole del gioco, e ho scelto di giocare. Se vuoi eccellere, devi pagare il prezzo».

Troppi ragazzi, secondo lo chef, entrano in cucina con aspettative televisive e restano bruciati: «Lo spirito 9/17 qui non funziona: se vuoi la routine, vai a lavorare nell’officina sotto casa».

L’equilibrio di Manna

Fronduti però non è un nostalgico del vecchio modello: oggi il suo staff lavora 40 ore settimanali, con due giorni e mezzo di riposo. «Io lavoro sei su sette, ma Manna è chiuso la domenica perché lo decido io. Questa è la libertà dell’imprenditore. Se vuoi la routine, vai a lavorare nell’officina sotto casa».

La citazione di Kitchen Confidential chiude il cerchio: «Quel libro parlava di me. Ho sofferto, mi sono divertito e sono diventato l’uomo che sono». Un messaggio per i giovani cuochi: non aspettatevi orari comodi, ma se accettate la sfida, la cucina può trasformarvi.

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Fronduti dice ciò che molti pensano ma pochi dichiarano: la cucina è un mestiere totalizzante e non può essere trattato come un impiego qualsiasi. Eppure il suo messaggio non è un invito allo sfruttamento: ricorda piuttosto che il settore deve trovare un equilibrio tra qualità del lavoro e sostenibilità economica.

Chiudere nel weekend può essere una scelta legittima, ma non dovrebbe diventare un dogma, né la bandiera di un “movimento di liberazione”. Il rischio è di alimentare un racconto distorto che spaventa i giovani invece di attrarli. La vera sfida è trasformare la fatica in un percorso di crescita, come dimostra lo stesso Manna con i suoi orari sostenibili.

Forse è il momento di un dibattito serio e meno ideologico: come conciliare la vita privata con le esigenze di un settore che vive di serate piene e di sabati affollati? E senza dimenticare che, come ricorda Fronduti, «il sabato è il cuore del mestiere».

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