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Intolleranza al lattosio: che cos’è, perché compare e come gestirla

di Redazione Italia a Tavola
05 dicembre 2025 | 07:30

Lintolleranza al lattosio riguarda circa la metà degli italiani ed è una delle condizioni più comuni legate all’alimentazione quotidiana. Non è pericolosa, ma può essere decisamente fastidiosa: il corpo fatica a digerire completamente lo zucchero del latte a causa della scarsa presenza di lattasi, l’enzima deputato alla sua scissione. Il risultato è una serie di sintomi che possono compromettere il benessere e il piacere di stare a tavola - dal gonfiore ai crampi addominali, fino a diarrea, stitichezza, meteorismo e, talvolta, manifestazioni extra-intestinali come mal di testa o stanchezza.

Intolleranza al lattosio: che cos’è, perché compare e come gestirla

Tutto quello che c'è da sapere sull'intolleranza al lattosio

Che cos’è esattamente il lattosio?

Il lattosio, come scrivono gli esperti di Humanitas Salute, è il principale zucchero del latte e deriva dall’unione di due molecole più semplici, glucosio e galattosio. Nell’intestino tenue, la lattasi divide questo disaccaride nelle sue due componenti, rendendole assorbibili. Quando l’enzima è carente o insufficiente, il lattosio resta integro e arriva nel colon, dove viene fermentato dalla flora batterica: un processo naturale, ma responsabile dei sintomi più comuni. L’intolleranza, dunque, non è uguale per tutti: dipende dal grado di insufficienza della lattasi e dalla quantità di lattosio ingerita.

Perché si diventa intolleranti?

Le forme riconosciute sono tre, diverse per origine e durata.

  • Intolleranza primaria (genetica): è la più diffusa ed è legata a una predisposizione genetica. Con la crescita, i livelli di lattasi diminuiscono fisiologicamente: nelle persone predisposte questo calo è marcato, e la capacità di digerire il lattosio si riduce in modo permanente. Non esiste una cura: è una caratteristica individuale, e l’adattamento passa soprattutto dalle scelte alimentari.
  • Intolleranza transitoria: è temporanea e compare dopo un evento che danneggia o irrita la mucosa intestinale: una gastroenterite, la celiachia non trattata, un intervento chirurgico, un’infiammazione. In questi casi, una dieta a basso contenuto di lattosio permette all’intestino di recuperare e ai livelli di lattasi di tornare alla normalità.
  • Intolleranza congenita: molto rara, è dovuta a una mutazione che impedisce completamente la produzione.

I sintomi: quando il lattosio “fermenta”

Quando il lattosio non viene digerito e resta nell’intestino, la flora batterica lo fermenta producendo gas e richiamando liquidi nel colon. Ecco perché i sintomi compaiono rapidamente dopo l’ingestione di latte o derivati: diarrea o, al contrario, stitichezza, crampi, gonfiore, flatulenza. In alcune persone compaiono anche nausea, cefalea, stanchezza o piccoli sfoghi cutanei. L’intensità dipende sia dalla quantità ingerita sia dal grado di deficit dell’enzima.

Come si diagnostica l’intolleranza

Il test più utilizzato è il breath test: si misura l’idrogeno presente nell’aria espirata prima e dopo aver assunto una dose di lattosio. Se l’organismo non lo digerisce e inizia la fermentazione, la quantità di idrogeno aumenta in modo significativo. Un test genetico può invece identificare la predisposizione ereditaria e chiarire se l’intolleranza è primaria.

C’è modo di prevenirla?

No: non esiste una strategia per evitare che si sviluppi. Si può però imparare a riconoscerla, gestirla e costruire un’alimentazione equilibrata, varia e piacevole anche senza lattosio.

Trattamento e gestione quotidiana

La prima forma di trattamento è la dieta: ridurre o eliminare le fonti di lattosio a seconda della propria sensibilità. Questo non significa dire addio a tutti i latticini. Alcuni formaggi stagionati - come grana, parmigiano, provolone, pecorino - contengono quantità minime di lattosio grazie ai lunghi tempi di maturazione e sono spesso ben tollerati, salvo nei casi più severi. Più problematici, invece, latte vaccino o di capra, formaggi freschi come mozzarella, crescenza o formaggi molli, così come gelati, burro, creme, alcuni pani e prodotti da forno, cioccolato al latte. Per continuare a consumare questi alimenti esistono alternative:

  • latte e yogurt delattosati;
  • prodotti caseari con Lactobacillus acidophilus, che contribuisce alla digestione del lattosio;
  • alimenti arricchiti con lattasi o in cui il lattosio è già predigerito”.

È utile ricordare che il lattosio può comparire anche dove non ci si aspetta: insaccati, affettati, purè istantanei, sughi pronti, dadi da brodo, conserve e persino alcuni farmaci possono contenerlo come additivo. Infine, chi desidera consumare latticini pur essendo intollerante può assumere lattasi in compresse prima del pasto: non risolve il problema alla radice, ma aiuta a digerire il lattosio in quel momento specifico.

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